Dall’entroterra della calda Puglia alla creazione del disco “Laska” per ispirazione della gelida Norvegia.
Mecna Romantico del Gelo
“E non importa quanta strada hai fatto, quanto hai sognato (…)/ ogni mia parola è un posto in cui nessuno è mai stato, da cui non sono mai tornato”.
Quanto può essere lungo il percorso da una cittadina in provincia di Foggia, alle pendici del Gargano, fino ad arrivare alla parola di Mecna, “un posto in cui nessuno è mai stato”?
Il battito regolare della musica di Mecna non proietta i paesaggi pugliesi ai quali ha abituato lo sguardo fin da quando era bambino, ma piuttosto ripete il ritmo del cuore che gli ispira i testi dei suoi pezzi.
Laska è il racconto di un diario sentimentale che si compone di più momenti, forse più persone, ma essenzialmente una: Mecna che trova il suo sperimentalismo musicale in parole tratte del suo quotidiano, un’amarezza dolce, che avvolge in un soffio brinato.
«Quanto ti hanno rotto il cazzo per la pubblicità della Sammontana?»
«Molto. Il contrasto della pubblicità sull’estate e il Disco Inverno è stata voluta: è lì che sta la cosa divertente. Nessuno l’ha capita. Nessuno si aspettava il ritorno mediatico che quello spot ha avuto: io avevo fatto scrivere speaker col mio nome, per separare l’ambito dell’agenzia di comunicazione per cui lavoravo da quello del rap. Ha portato molti commenti positivi, ma anche molti negativi: comunque a me piace sentirmi un po’ odiato, mi stimola.»
«Laska non presenta molte variazioni sonore, tanto da apparire come un’unica traccia. Qual è stata l’ispirazione che ti ha portato a questa realizzazione?»
«Quando ho iniziato a fare questo album, ho parlato con Macro Marco e gli ho detto che avrei voluto fare un disco come lo volevo io, tutto con un determinato mood. Con Disco Inverno non nascondo che alcuni pezzi me li sentivo un po’ più miei e che la gente poi ha apprezzato di più; mentre altri erano più “per il live” che non sono molto la mia cosa. Questo disco è il risultato di ascolti di dischi interi che non superano i 90 bpm e quando ho capito che questa era una roba che già c’era, ho deciso di inserirmi in questo filone musicale e fare un disco con questa idea qui. Quindi se si sente che è un album fatto tutto con lo stesso mood, sono contento perché è stata una cosa voluta, anche se so che può essere un ostacolo per certe persone.»
«Sia la cover di quest’album, sia le sonorità trasmettono collegamenti al freddo, all’inverno, al ghiaccio, a qualcosa di ascetico ed essenziale (coerente con il disco precedente). È un messaggio o una relazione tua personale che cerchi di comunicare?»
«Credo sia la seconda: io sono realmente amante dell’inverno e della pioggia, quindi anche la musica che ascolto e produco, rispecchia questa cosa qui. È una cosa mia personale, non per creare un personaggio. Io sto bene d’inverno e scazzato d’estate.»
«Com’è stato creato questo disco?»
«Questo disco è iniziato in Norvegia, in estate. Sono andato là con un mio amico e collaboratore, Alessandro, che non c’entra con l’hip hop (suona il basso) e mi ha spesso aiutato per i ritornelli. Siamo andati insieme in questo cottage ed è lì che abbiamo cominciato a stendere un po’ d’idee. Alla fine, lui è anche la voce in alcuni ritornelli e in qualche controcanto. Io e lui ci scambiamo musica di tutti i generi. Abbiamo background musicali diversi, io ho sempre ascoltato rap, lui rock. Anche se quando ero piccolino, proprio con lui, avevo una band in cui io suonavo la batteria e lui il basso e facevamo cose tipo Red Hot Chilly Peppers, al liceo, giusto per rimorchiare.»
«Il fatto di affrontare tematiche sentimentali, propende a creare un ambiente più ostile di quanto la scena rap sia già. Qual è il tuo atteggiamento a riguardo?»
«Non me ne frega un cazzo. Non mi pongo proprio il problema. Di cosa dovrei parlare? Ho iniziato a fare rap per esigenze personali: il rap per me è stato un modo di esprimere il malessere che avevo dentro. Ascolto delle cose che sono in linea con quello che scrivo. Non sono l’unico che parla più di una cosa piuttosto che di un’altra, quindi non è un territorio del tutto inesplorato. In generale in Italia (anche fuori dalla scena rap), ci sono molti cliché: c’è poco di personale. Secondo me poi quando trovi molto dell’artista in un disco, l’ascoltatore lo sente molto più proprio.»
«Nei tuoi testi descrivi la relazione con una singola persona o è una sorta di diario del tuo trascorso sentimentale?»
«Parlo di una storia che si è chiusa e di una che inizia.»
«Te lo chiedo perché possono sembrare narrazioni di più storie.»
«È anche quello il bello.»
«Perché hai scelto di rappresentare graficamente simboli legati alle stelle sul tuo disco?»
«Quando ho trovato il titolo del disco Laska, mi sono documentato e ho visto che sulla bandiera dell’Alaska c’erano queste stelle. Più che il significato delle stelle in sé, mi ha gasato il significato dei due dettagli importanti della bandiera: come prima cosa, è che le stelle erano state disegnate da un bambino di otto anni (che aveva vinto il concorso); in secondo luogo, la bandiera rappresenta graficamente il fiore dell’Alaska, che si chiama “nontiscordardime” e che resiste al gelo. Ho inserito questi due elementi con i colori del disco e li ho fatti un po’ miei.»
«La tua “musica vera è nel tritarifiuti”?»
«La mia per alcuni è nel tritarifiuti, altrimenti non scrivevo pezzi del genere. Sono però consapevole di quanto valgo e di ciò che faccio. Non ti nego che (spero che si legga da alcuni pezzi) avrei voglia di avere più opportunità (al pari di alcuni che magari non meritano) e di essere un po’ più apprezzato. Nel frattempo sono contento della gente che mi segue, che mi ha visto iniziare ed evolvermi. Questo è un cliché che un po’ mi porto dietro: sia io, sia Blue Nox e Unlimited Struggle proviamo a proporre un certo tipo di cose e di qualità e veniamo solo etichettati in un certo modo solo perché magari parliamo d’amore. Quindi sì, girano i coglioni anche a me: anche io ho qualcosa da dire.»
Per acquistare il disco cliccate QUI.
Press Photos – © Mattia Buffoli