Dal reggae, Killacat intraprende una nuova strada e la inaugura con il suo primo EP tra rima e melodia.
Killacat Interprete dell’Amore e dell’Armonia
“Riscrivo in bianco i miei pensieri.”
Sarebbe stato difficile immaginare come la voce bomboclat di Don’t Talk in Lealtà e Rispetto che si accostava a Turi, si sarebbe trasformata in un melodioso strumento di interpretazione poetica, che più si accosta alla tradizione autorale italiana -con palesi influenze relative ad un vastissimo trascorso musicale e ovvie visioni che integrano spunti elettronici-.
Eppure pur mantenendo salde le proprie radici reggae coltivate in quella Calabria -più precisamente Catanzaro- che gli ha dato i natali, Killacat imbocca un nuovo percorso in cui lui stesso sottolinea che la musica in cui si sta cimentando adesso rivestito di nuova ispirazione armonica «risente di tutte le mie esperienze passate e di sonorità del mio background musicale. Vengo dal reggae, ho girato in lungo e il largo l’Italia con mio fratello Gioman e molti pensano che ora solo perché ho iniziato questo percorso nuovo, abbia totalmente abbandonato quel genere: non è così. Sicuramente può non esserci più la caratteristica sonora tipica del reggae, ma dal punto di vista melodico io vengo da lì e si percepisce questa provenienza».
Ascoltando Parto Da Qui, la mia impressione -come quella del fratello Gioman– è stata quella di un concept album (che in qualche modo potevo anche ricollegare a quell’unico singolo uscito due anni fa e mai inserito in nessun progetto) in cui Killacat presenta l’ossimoro per il quale questa ripartenza si fregia di una strada completamente nuova, mentre i testi trasmettono una nostalgia legata ad un passato emotivo ancora troppo vicino.
E se invece non fosse così?
«Il tuo disco si intitola Parto Da Qui presumendo un nuovo inizio nel tuo percorso, eppure la tematica affrontata sembra riferirsi ad una separazione sentimentale non ancora conclusasi. Non credi che una partenza non dovrebbe avere sguardi così radicati al passato?»
«Questo è uno sguardo verso il futuro. È una partenza iniziata dopo una serie di ricerche in vista di un obiettivo futuro. In realtà non è stata una cosa voluta, ma mi sto rendendo conto che con l’ascolto del disco ci sono libere interpretazioni. Ad esempio, mio fratello pensava che questo fosse un concept album in cui i pezzi fossero tutti connessi in un’unica storia. Ma fondamentalmente, nonostante sia contento delle varie letture del disco da parte degli ascoltatori, non si può parlare di una sola tematica. Sicuramente c’è la tematica amorosa che collega un po’ il tutto, anche se da un lato si sviluppa in maniera diversa con una punta più nostalgica come in Nulla Da Perdere con Mecna, dall’altra c’è anche la presa bene con il pezzo con Madbuddy o la frenesia di evadere con Via Da Me.
Parto Da Qui è il titolo scelto per evidenziare strettamente la partenza per un nuovo percorso a livello stilistico.»
«Il primo estratto di questo EP risale a due anni fa e tra quella data e l’uscita del disco hai prodotto un’ulteriore traccia Non C’Eri, un singolo indipendente. C’è una logica per aver seguito questo iter di pubblicazione?»
«Non C’Eri è un pezzo a sé stante. Avevo voglia di far capire che avrei preso un’altra direzione, quindi questa funzione si esauriva in quell’unico pezzo. È passato molto tempo da quell’uscita perché allora non mi sentivo pronto alla pubblicazione di un disco; c’erano sempre dei dubbi e non mi sentivo pienamente soddisfatto dei pezzi che avevo, mancava sempre qualcosa.»
«Perché la decisione di realizzare un EP piuttosto che un album completo?»
«Perché l’idea era proprio quella di fare un EP propedeutico all’uscita dell’album che nel giro di un anno pubblicherò.»
«Per quale motivo non sei autore dei tuoi testi, ma lasci la penna in mano ad altri artisti come Ghemon o Kiave?»
«Non credo che si perda di originalità: moltissimi cantanti italiani sono interpreti -come Mina o Fiorella Mannoia. Io ad esempio mi concentro molto sull’interpretazione nei pezzi e non credo sia una perdita, ma piuttosto un valore aggiunto quello di legare la mia attitudine espositiva alla collaborazione autorale con altri artisti. C’è uno scambio umano, oltre che lavorativo. Questi esperimenti escono bene e mi piace molto il risultato che ottengo.»
«Ma trattando di argomentazioni personali, i testi non perdono di intimità usando parole di altri?»
«Questo è vero, però non canterei mai dei pezzi che non sento miei. Sono comunque testi concepiti insieme. Sono storie che avrei potuto benissimo scrivere anche io con la mia esperienza personale. Sono pezzi che canto come fossero miei, perciò non è una cosa che mi fa sentire a disagio. Con Ghemon o Kiave formuliamo un’idea che ci possa piacere e poi passiamo alla stesura dei testi.»
« Accostarti ad artisti come Fedez o Mondo Marcio non ti ha allontanato dal tuo stile cantautorile?»
Anche quello rientra nella mia natura di guardarmi sempre attorno e di collaborare. Fedez al tempo stava realizzando il suo primo album e il fatto che mi chiamò mi fece molto piacere. Dopodiché uscì un pezzo che a prescindere dalle sonorità che attualmente non mi rappresentano, è stato un elemento di crescita; adesso lo ascolto anche volentieri. La stessa cosa è stata anche con Mondo Marcio: si è dimostrato molto aperto, mi ha invitato spesso nel suo studio e sono stato molto contento di quell’esperienza. Ovviamente, aldilà di tutto sono stati punti significativi nel mio percorso, benché adesso siano lontani dai miei progetti attuali.»
«Nel 2010 hai avuto una collaborazione con Turi in cui il tuo modo di esprimerti era totalmente differente. Come hai cambiato il tuo sound da allora?»
«Allora ero nel pieno della mia esperienza nel reggae. Anche quello è stato un esperimento, perché era la prima volta che facevo reggamuffin su una base hip hop: sto rivivendo la sensazione di allora e ricordandola, è stato molto piacevole. Da lì sono cambiate tante cose: ho continuato a fare reggae, e dopo un po’ uscì Quando Ti Rivedrò, che per me è il pezzo che ha segnato la svolta a livello artistico, fuori dai canoni ai quali ero abituato -più di Non C’Eri-.»
«Com’è nata l’idea di collaborare alla stesura dei tuoi testi con il poeta Peppe Cavallari. Ti sei riconosciuto in qualcuna delle sue rime?»
«Innanzitutto c’è un legame di sangue: è mio cugino; è una persona con la quale sono cresciuto ed è stato fantastico collaborare insieme. Peppe è molto particolare: ha una penna formidabile, secondo me. È stato tutto casuale. Anni fa per scherzo gli proposi di scrivere qualcosa e da lì è nata Quando Ti Rivedrò. Questo pezzo era una poesia che lui scrisse alla sua ex ragazza e la tenne nascosta nel suo comodino per tantissimi anni, poi ad un certo punto è diventata una canzone. Lui me lo dice tuttora di essermi grato per aver trasformato in un pezzo qualcosa che per lui era morto.»
«Puoi raccontarmi il rapporto che lega te a Macro Marco e il primo aneddoto che ti sovviene pensandoci?»
«La prima volta che vidi Macro Marco, io avevo già sentito parlare di lui: lavorava nel corner di One Love a Roma. Forse avevo pubblicato qualche singolo con mio fratello e il mio obiettivo di allora era di far arrivare la mia musica a Macro Marco. Andai al corner di One Love con l’intenzione di scambiare due chiacchiere e mi ricordo che lui mi guardava -perché magari aveva ascoltato qualcosa-. Ci parlai e da lì col tempo abbiamo iniziato a lavorare, diventando anche amici. Magari lui non se lo ricorderà, ma io ovviamente sì, perché per me è stato un momento molto importante.»
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Credits Top Photo: Tommaso Gesuato