Dialogo con Lucci Brokenspeakers su impegno civile, porno glam, moda e paternità
Lucci super intelligente come Tony Stark
Vorrei partire dal titolo della canzone “Non possiamo cambiare” (feat Brokenspeakers). Oggi, a tuo avviso, che cosa il nostro Paese non può più cambiare? Dalla politica allo stato di salute culturale.
In realtà il titolo era riferito in maniera abbastanza circoscritta a noi (Brokenspeakers) in ambito musicale. Al fatto che, pur facendo tutti cose diverse, comunque siamo sempre i Brokenspeakers. Amici e rapper. Quanto al paese, nulla credo sia irrimediabile, tutto cambia sempre, basta lavorare bene sulle nuove generazioni, la mia e quelle immediatamente dopo sono fottute ormai.
Dal momento in cui Ford ti ha detto “Vabbè, fatte un disco tuo”, cosa è accaduto in te? Verso dove hai portato, da solista, la tua conoscenza e la sensibilità rap?
Ho detto: la visione che la gente ha di me come rapper, rispecchia poi chi sono in realtà come persona? Sono ancora quello di “Non te riesce”? Anche… Ma sono altre cose, più complicate, sfaccettate. E ho cercato di lavorare su quelle.
Penso che i tuoi testi abbiano anche un valore sociale, soprattutto contro il pressappochismo civile che impera nella realtà. Con quale sentimento accogli questa riflessione? Ti senti un rapper “impegnato”? Ti sei mai posto il problema?
Nel mio disco non è che lanci messaggi di chissà quale tipo. E’ un disco molto intimo secondo me. L’impegno cerco di metterlo nel resto. Nella vita, sui social, sul palco e nel circuito nel quale giro quando suono. Non mi sento un rapper impegnato. Sono una persona impegnata. Ad un certo punto sono cresciuto, mi sono reso conto di essere seguito da parecchi giovani, di essere addirittura un esempio per alcuni e ho deciso di essere più chiaro, più diretto e onesto su alcune cose. Tanto nella vita faccio altro, posso permettermi di perdere fan. Di rapper che fanno gli impegnati ce ne sono un botto ma per molti la cosa si risolve nei testi e basta, poi quando ci sta da fare benefit per spese legali o altro i nomi sono sempre i soliti 4/5 (almeno a Roma).
Su Facebook hai lanciato un campanello d’allarme anche contro l’omofobia. Mi domando se, attraverso il tuo talento e il ritmo delle rime, tu abbia preso posizione a riguardo contagiando anche altri artisti.
Guarda, l’omosessualità rientra in quelle cose che non riesco assolutamente a capire come facciano a scatenare sentimenti di contrarietà o odio. E’ una delle poche cose cose che non sfiora neanche di striscio la sfera personale altrui. Per cui puoi dire “non capisco”, puoi chiaramente non esserlo, ma non puoi esser contro. Perché? A che titolo? C’è un bellissimo sketch di Louis CK dove dice “Nessuno può esserti gay contro”. Io sono un libertario, se le tue scelte (di qualsiasi natura) non interferiscono in nessun modo con quelle di qualcun altro allora sei libero di fare il cazzo che ti pare. Il rap è un genere dove la componente machista è ancora forte ma è quasi un cliché, le frasi sui gay sono più scherzose che omofobe. Almeno per quanto riguarda le persone che conosco io. Ho un umorismo molto caustico: io scherzo su tutto. Gay, ebrei, neri. L’importante è anche sapere come, dove e con chi scherzare. Chiaro che fare una battuta tra amici o farla su un video visualizzato da milioni e milioni di persone che non conoscono il tuo background ha un peso diverso.
Qual è il tuo rapporto con i social media?
Malato, molto malato. Mi sono dovuto fare un account fake di Facebook per tenere ordinato e professionale quello ufficiale. Con il mio alter ego invece faccio tipo flusso di coscienza, scrivo duecento status al giorno, ci sto incollato.
Che cosa leggi? Sopra quali pagine di libri ti piace tuffarti?
Saggistica, molta. Storia e storia dell’arte. Romanzi quello che capita, soprattutto roba consigliata da gente che mi conosce molto bene. Shibumi di Trevanian e Il potere del cane di Don Winslow, tra le ultime cose che ho letto, mi hanno proprio colpito. Shibumi sarà anche una componente fondamentale del mio prossimo disco.
Ti senti sempre Brutto e Stonato?
Certo che sì, anche se crescendo divento più bello. Tipo Sean Connery.
La tua barba mi ricorda lo zucchero filato dell’infanzia: che rapporto hai con la paternità? Con il tuo, di padre, e con te stesso.
Mai visto. Sono stato cresciuto da mia madre, da sola fino a quando le è stato possibile, e con l’aiuto di altre donne meravigliose poi. Non ho mai avuto una figura paterna e onestamente non mi è servita. Ora però ho un istinto paterno che galoppa (ride). Sarà un passo che farò spero a breve. Sarò un buon papà, sicuramente. Ho la barba.
Le parole che scegli, non solo per rappare ma per dialogare, mi ricordano i silenzi di un navigatore di lungomari. Sono parole appuntite, essenziali, quasi sempre giuste. Come ci lavori? Da dove arrivano?
Boh… Sono intelligentissimo? Tipo Tony Stark… Può essere quello.
La Collina è una delle tracce che più mi ha avvicinato al tuo cuore. La trovo letteraria. Puoi raccontarmi la genesi del testo e delle sue note? E’ dedicata a qualcuno?
La Collina è un doppio omaggio. Omaggio a De André che a sua volta ha omaggiato Edgar Lee Masters. E’ stato un esercizio di scrittura difficile che ha dato il via al mio disco. La difficoltà è stata scegliere i personaggi e condensare in una frase la loro storia o almeno il messaggio che volevo arrivasse dalla loro storia. Sono stato aiutato dal beat di Ford: ti lascia scrivere che è una meraviglia.
Che relazione hai con la coerenza?
Penso di essere una persone coerente. Non c’è molto o poco: o sei coerente o non lo sei. Ho solo cambiato negli anni il concetto di coerenza. Crescendo si cambia, necessariamente. E cambio spesso idea. Su molte persone del mio ambiente ho cambiato parere e ne sono felice. Avevo un’idea sbagliata di loro. Lo scorso anno ho scoperto il mare che pensavo di odiare e sono felice di aver cambiato idea. Cambiare fa bene. Poi ci sono dei principi e dei valori ferrei e universali, e la coerenza si dimostra là, su quelli. E su quelli penso di essere granitico.
Con il denaro?
Mi piace, spero di farne molto ma non credo che sarò mai ricco. Non gli dò molta importanza. Cerco di pagare tutto quello che devo e mi basta così. Se ho soldi li spendo in stronzate il più delle volte.
La moda?
Questo è un problemone. Ho gli stessi vestiti del liceo e non spendo un euro per vestirmi. Devo dire che mi piace molto l’abbigliamento da uomo, elegante. Ogni tanto provo a vestirmi elegante. Ma in genere non me ne frega un cazzo.
E con la tua terra? Dove sei cresciuto e qual è la città che più ti ha segnato dentro?
Roma. Contraddittoria, dura, difficile. Ma la amo tantissimo. La grande sfida sarà riuscire a costruire un futuro qui.
Che cos’è la pornografia glam? Puoi farmene un breve “trattato”?
Sono un consumatore di pornografia, come quasi tutte le persone che conosco. I miei amici prediligono l’amatoriale, io invece il glam. Belle luci, una bella fotografia, definizione in full hd, ambienti eleganti… Mi piace sta roba qua!
Trovo l’hip hop erotico. Tu?
mmmmmmm no.
Che cosa cucini che ti rende sereno?
Da quando ho aperto il ristorante non cucino più. Lavoro di sera e quando ho la sera libera difficilmente mi metto ai fornelli. Vado a mangiare fuori. Comunque mi rende sereno in generale il mondo della cucina nel contesto casalingo. Musica, birretta e, sì, cucina.
Quali sono i produttori musicali che più ammiri e quelli con cui hai lavorato meglio?
Ford 78 su tutti e Sine. Ho lavorato soprattutto con loro. Di produttori me ne piacciono parecchi ma ho sempre voluto fare dischi con un suono coerente, non un miscuglio di suoni diversi. Amo le cose di Mr. Phil, di Big Joe, di Squarta, le ultime produzioni di Fritz mi fanno volare, Dj Craim sta facendo dei beat assurdi, Stabber…
Stai componendo nuove canzoni. Qual è la direzione del tuo prossimo lavoro? Sarà sempre una sorta di concept?
Si, ho iniziato il percorso del mio nuovo disco. Al momento ho il concept e qualche pezzo abbozzato. Amo il Giappone, penso che una delle mie strofe più belle sia nel pezzo “Roma chiama sangue” con i miei amici Romanderground (sentitevela) e sto cercando di lavorare in quella direzione lì. Vediamo che esce fuori. Ricordatevi solo #SHIBUMI.
a cura di F. B.