L’MC tra Milano, Bologna e Varese racconta di quando l’hip hop nasceva da una passione
L’Hip-Hop per Bassi Maestro: Solo Un Genere
Come presentare Mr. Davide Bassi a.k.a. Bassi Maestro? Non saprei proprio, è praticamente inutile, tanto lo conoscete tutti.
Ecco il suo contributo a Street Opera.
Se parliamo di Bassi non possiamo non parlare di Milano. Quando hai iniziato il tuo percorso artistico? Quanto ha influito il luogo da cui provieni?
In realtà io quando ho iniziato a espormi studiavo a Bologna, tornavo a Milano e mi spostavo a Varese per frequentare il giro Otierre. Quindi è stato un bel mix di tutte queste situazioni, a Bologna; in particolare la prima persona che mi ha prestato attenzione è stata DeeMo a cui devo davvero molto anche come ispirazione artistica. Lui poi mi ha “sdoganato” ai vari Gruff, Neffa, Esa, Chief, Vaitea… Gli altri invece li incontravo spesso anche a Milano, in posti tipo Pergola, dove c’erano parecchie jam e concertini.
Considerando che ci sei dal giorno 0, e che quindi l’hip hop era una novità anche per la tua città, sono stati molti i pregiudizi contro i quali dovevate scontrarvi in quell’epoca?
Io non faccio parte della primissima generazione: c’era già una scena quando ho iniziato, anche molto grossa, con delle basi solidissime tra Milano, Torino, Roma insomma le grandi città. Diciamo che ti dovevi guadagnare la fiducia degli altri dimostrando realmente che ci sapevi fare, non si caricavano i video in rete, si prendeva la macchina e si andava alla jam, poi si saliva sul palco appena te ne davano l’opportunità. Era una scena molto gelosa e chiusa, ma era anche la sua parte affascinante.
Ogni artista, che si tratti di un DJ o di un writer o altro, ha una visione personale della cultura hip hop. Ci dai la tua degli esordi? E quella di oggi?
All’inizio come tutti ai tempi ero una specie di Hip hop talebano: ascoltavo solo Hip Hop e ho smesso di ascoltare altro, mi sono concentrato su quello per 4/5 anni di fila con un approccio molto chiuso. Io però in realtà arrivo del Djing che è un mondo molto più aperto e curioso, per cui pian piano ho ripreso in mano le mie vecchie passioni e oggi faccio convivere assieme tutti i gusti musicali in quello che faccio. Oggi per me l’Hip Hop è semplicemente un genere musicale: una volta era cultura, indipendenza, era uno stile di vita, per non omologarsi alla massa e ai canoni della società. È il motivo per cui è stata una musica ribelle e accolta anche fuori dal suo contesto di origine. Oggi è tutto e niente, in Italia diciamo che è esattamente il contrario, è conformarsi alla massa.
In molti in Italia lamentano l’assenza di un contesto hip hop, altri invece si chiudono in una visione stereotipata non ammettendo contaminazioni di sorta. Tutte queste polemiche sembrerebbero sterili, invece vediamo crescere la scena. Tu che la vivi, sai dirci cos’è che alimenta il fuoco?
Adesso la crescita della “Scena” è dovuta più che altro alla voglia di fare per arrivare, per chiudere un contratto, per svoltare col rap. Tutti sono in competizione coi piani alti, ci si dimentica che dev’essere innanzitutto un divertimento, dovrebbe nascere dalla passione. Eppure probabilmente qualcosa ancora c’è e anche gli artisti più esposti a loro modo riescono a comunicare una sorta di legame alla musica, non riesco bene però a capire il meccanismo. Come dico spesso probabilmente se avessi 12 anni e iniziassi a fare musica ora (e non nell’85) farei tutto tranne che Hip Hop!
Parliamo di musica. Cosa hai ascoltato nelle ultime 48 ore?
Large Professor – Badbadnotgood – Rah Digga – Stanley Clarke – Alchemist – Slum Village – vari 7″
Il rap è nato circa 40 anni fa come fenomeno, e c’è voluto circa un decennio perché fosse riconosciuto come genere musicale ben definito. Ti faccio una domanda che Ice T si pone in The Art Of Rap: perché questo genere che tanto amiamo non viene rispettato dal pubblico come succede invece per il jazz, il soul, ecc?
I generi che mi citi sono considerati musica “da adulti” il rap musica “da ragazzini”. Questo perchè appunto lo si considera musica usa e getta, da consumare fin tanto che non ne esce altro. E’ anche vero che il rap va in radio e il jazz no. Credo che ogni età e ogni fase lasci tempo per fruire musica adatta, io ascolto molto più jazz ora rispetto a 15 anni fa, stiamo tranquilli perchè anche nel rap i classici che hanno lasciato un segno rimarranno negli anni a venire, bisogna solo aspettare per capire quali sono. Del resto SxM a vent’anni di distanza è ancora uno dei dischi più apprezzati e conosciuti…
Artisticamente, ti senti più DJ, beatmaker o MC?
Dj tutta la vita!
Sei un animale da live, tieni il palco come pochi sanno fare. Quanta energia ti da il pubblico? Hai dei trucchi da svelare ai novizi per creare empatia con chi sta sotto al palco?
Il pubblico è parte dello show, se non partecipa e non è coinvolto lo show funziona a metà!Per questo è importante stimolarlo e cercare di tenere l’attenzione per tutto il live, anche quando non si fanno pezzi che tutti conoscono. Non ci sono trucchi, diciamo che l’esperienza aiuta, preferisco sempre 50 persone infottate che 1000 sotto il palco senza ascoltare.
Due cose fondamentali per me: cambiare continuamente lo show ogni stagione, introducendo piccoli cambi e variando la scaletta in modo che la gente che ti segue continui a venire ai live. Niente occhiali da sole per me, suonare senza poter comunicare direttamente con il tuo pubblico per me non funziona, segna distacco e denota freddezza e anche insicurezza, poi a ognuno il suo ovviamente!
Al di fuori dell’hip hop e dell’artista che conosciamo, ci presenti Davide?
Già fatto, basta ascoltarsi i miei dischi
Domanda di chiusura: potendo stoppare e riavvolgere il nastro, c’è un altro posto dal quale ti piacerebbe ripartire escludendo Milano?
La domanda presuppone una risposta molto banale da parte mia: New York senza dubbio!
Credits Top Photo: Filippo Leonardi