Il suo disco Io Non Sono Buono è una dichiarazione di un Gel ferito, offeso e a tratti infantile.
Gel Non È Buono e Spara Su Roma
Una San Lorenzo atipica, che si pone come scenario dietro al mio spritz campari e alla sua acqua frizzante con una fetta di limone. Accendo una sigaretta e del fumo si sposta nella direzione del mio interlocutore, che infastidito agita la mano davanti al viso. Gli dà fastidio. Ha smesso. Lo guardo, mentre ricordo che “La coca nel naso non mi fa più ragionare”. Non lo faceva più ragionare. Ma “La vita cambia come una donna in un night scambista” e davanti a me adesso non ho più uno dei Truceboys, bensì Gel. Un’evoluzione, non un’altra persona, perché quella “C’è sempre, ma la tengo a bada. Se nasci triangolo, non puoi diventare cerchio; al massimo puoi smussare gli angoli e diventare trapezio. La natura tua rimane: il fatto è accettarla, conviverci ed evitare di farsi male. L’ho trasformata, ma sta sempre là”.
Non è mutato solo il personaggio, ma anche la sua musica che dalle atmosfere cupe che sono nate in Sangue, per passare a I Più Corrotti in cui si comincia a percepire un’armonia più morbida, fino ad arrivare a Il Ritorno in cui ad un’ambigua Lei vengono dedicate parole dolci con un tono delicato e un rap sinuoso, che canta un ritornello struggente in cui “È con lei che mi sveglio ogni mattina / è con lei che prendo sonno di sera / se c’è lei mi rilasso un momento / se c’è lei un’altra volta e poi smetto”. L’ultimo accenno a quale sarebbe stata la forma che avrebbe preso lo stile di Gel è stato Mirò: forma che dopo un dichiarato ritiro si è trasformato in un rap ancora diverso da quello precedentemente sottoposto, ma “Io vedo tutte queste cose, come se fossi un attore: in un film recito una parte, in un altro ne interpreto un’altra. C’è questa tendenza a rifiutare il fatto che se uno cambia un vestito una volta, non potrà averne un altro in una diversa dimensione. In Italia viene visto in una maniera democristiana e bacchettona: diventa tutto una setta. Se facevi una cosa, non puoi farne un’altra”.
Da dieci anni fa ad ora c’è stato sicuramente un cambiamento, infatti “Adesso il rap è la musica più pop che c’è. Ci sono i produttori che ti dicono: “Che musica vuoi fare pop o rap?” Che vuol dire? Ora, chi canta è davvero underground”.
L’ultimo disco di Gel si discosta nettamente dalle sue precedenti produzioni, allontanandosi dalla Roma che lo ha fatto nascere e crescere. Un percorso obbligato, perché “Io sono stato un precursore di molte cose e il mio problema è quello: quando stai troppo avanti, la gente non ti segue. Fa parte della mia personalità quella di cambiare da un pubblico all’altro per rendere la mia musica commestibile: non è da voltagabbana – o almeno non più -, è un animo da ambidestro”.
Il rapper continua ad illustrare se stesso, descrivendosi “Un po’ tipo Pasquino. A questo disco ho dato voce alla mia parte ferita, offesa, anche infantile”.
In Io Non Sono Buono, si trovano delle sonorità che facilmente si insinuano nel nuovo gusto di un pubblico giovane e forse anche più vecchio, che magari non si sarebbe aspettato di trovare un effetto metallico come quello di autotune in un disco di Gel. Contro ogni aspettativa invece in pezzi come Sparare Su Roma, l’esordio è proprio questo, ma “Su questo disco le volte che c’è stata la botta di autotune, è stata una nostra volontà di sentirci un po’ giovani, anche non essendolo. Spero di non essere risultato troppo grottesco. Il disco è prodotto da Fuzzy, produttore storico del Quadraro ed insieme a lui abbiamo pensato di fare questa mossa giovane. Non sono così tanto stonato per fortuna”. Dopo qualche considerazione riguardo a questo effetto di distorsione e la differenza con Vocoder, Gel puntualizza che “Comunque a me autotune mi fa schifo proprio. Poi la “e” autotunata aperta milanese è proprio orrenda”.
Proprio in questo brano, si riscontra un’avversione per la città in cui ancora adesso vive e che qualche tempo fa sulla sua pagina artista di Facebook ha continuato a criticare con parole aspre, che fanno presumere una sorta di ripudio per quelle mura che hanno contribuito a creare il suo personaggio; anche se, dopo un confronto riguardo a quell’episodio, abbiamo concordato che l’utilizzo di un social network in questo modo “È da frustrato. Uno può lanciare messaggi che vanno a colpire persone specifiche, perché non trova l’occasione per parlare coi diretti interessati: sono un essere umano e a volte ho usato Facebook per mandare frecciatine”. Ma Gel non è l’unico ad aver manifestato questo odio-amore per la capitale e dal suo punto di vista è che “Qua a Roma stanno tutti imbriachi di sonno: stanno ancora a ‘carissimo amico’” mentre invece in altre realtà come Milano “La gente sta avanti e non è un caso che la scena musicale attuale si sia spostata là. La gente di Roma ha avvertito questa sofferenza di lavorare nella propria città e si è trasferita. La musica sta a Milano e il cinema sta a Roma”.
Allora perché ancora la sua vita è radicata lì?
“Io non so se cambierò città, ma attualmente so che sono molto meno inquieto di quanto potessi essere prima: dove mi metti sto. Ora sto a Roma, perché devo risolvere delle cose qua. Mo che tutti si sono trasferiti a Milano, per fare il bastian contrario, mi dà fastidio ammettere che vorrei andarci. Però mi piacerebbe cambiare aria” e nonostante che il fulcro del fermento musicale sia proprio a Milano, è necessario avere una visione chiara del proprio futuro e “Parliamoci chiaro: non sono troppo giovane e non credo che da vecchio farò il musicista o il rapper: sarò legato alla musica. Mi piace scrivere e girare video, poi… Chi può saperlo? Evolverò il mio genere come ho già fatto, ma con il rap dopo un po’ in Italia ad una certa età o ti ci senti o ti ci fanno sentire un po’ una macchietta”.
Questo ancora non è il momento presumo e Gel con Io Non Sono Buono ha deciso di dare “Molta voce alla mia parte incazzata che c’è sempre stata, quella provocatoria che mi ha sempre contraddistinto, quella che se sapevo che ci stava una serata di femministe, che erano venute a vederci, dal palco al microfono dicevo ‘troia’, ‘mignotta’. Sapevo che avrebbe creato tensione. Quella è una parte di me non tanto sana, che attualmente ho risolto, perché ho ammesso di avercela”. Eppure quell’aspetto fomentatore, anche se riconosciuto, permane e con rime come “Un tossico pesa sulle casse dello stato / Ma la roba entra uguale / Strano caso” si scopre quell’animale strozzato da un guinzaglio tenuto stretto, che si esprime su un disco inciso – anche quando torna il ritornello “Il marcio sta in ogni persona” -, ma che non viene liberato su un palco, come successe al famoso 2TheBeat: un aneddoto che ancora perseguita l’artista, che giudica il pubblico del rap italiano come “Quello più cattolico e democristiano che esista. Ognuno deve guardare alla parte propria: che ho fatto? Ho fatto quella sparata. Stavo fatto come una pigna, adesso non fumo neanche le sigarette. È un’ottima vittoria personale. È andata così: l’accetto”, ma conclude disconoscendo se stesso, dicendo che “È come se quella persona non fossi più io”.
Gel, fin da quando ha iniziato, ha ostentato l’estremismo del suo animo sia nei testi, sia negli atteggiamenti: è sempre stato “Un provocatore: sta cosa dopo un po’ la paghi pure, però intorno vedi le persone che montano del risentimento nei tuoi confronti, quando in realtà non sanno nemmeno perché stanno al mondo e si sentono legittimati a giudicare: solo io posso permettermi di odiarmi”. Da qui nasce il pezzo Ho Peccato, in cui Gel si descrive “Un angelo con l’animo da diavolo” e ribatte questo concetto più volte nel refrain.
Inevitabilmente dopo ogni rivelazione al pubblico, ogni artista si augura qualcosa dalla propria realizzazione e il rapper ammette di aspettarsi “Né più né meno di quello che sta arrivando”, tutto calibrato “Rispetto al lavoro che sto facendo”. Per il momento Gel vuole “Fare più video possibili dei pezzi di questo disco: li faccio io e Antonio Di Giuseppe, bravissimo videomaker”.
Il futuro è incerto: non ci potranno essere aspettative stilistiche o di gusto. Ogni supposizione può essere da un giorno all’altro delusa o soddisfatta.
Il prossimo disco “Sarà trap [ride]. Là veramente grottesco: queste cose le lascio fare agli adolescenti”.
Il drink è finito, il suo bicchiere è vuoto, il posacenere lindo.
Lo guardo e cerco di scorgere quell’ombra nascosta da una visiera di un cappello che vela gli occhi e che prima scintillava nelle pupille. Mi avvicino e scrutandolo fisso gli chiedo: “Ti manca qualcosa del tuo passato da Truceboy?”, abbassa lo sguardo, riflette in silenzio, cercando di trovare la risposta più sincera alla mia domanda: “Mi manca quell’incoscienza post adolescenziale, quando ancora eravamo tutti amici, tutti mezzi matti, ma senza quell’impoverimento di spirito che c’è adesso.”, poi si sofferma e continua “Ora stanno tutti come i cani rabbiosi: affamati” e conclude “Per fortuna ho anche un mondo ascetico dove attingere, che mi rende abbastanza salvo dallo sporcarmi. Ho il mio mondo sano”.
Il 2 Luglio a Roma Gel si esibirà al Trecentrosessantagradi -Via degli Equi, 57-.
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