È sempre bello rivedere un vecchio amico, qualcuno con cui hai passato bei momenti. Il ritorno di Kaso fa un po’ questo effetto: se penso ai pezzi italiani che hanno suonato di più nelle mie cuffie quando avevo una ventina d’anni sicuramente “Ne Vuoi Ancora” è fra questi.
Oggi lo ritroviamo con un nuovo album, “Funziona“, che non è solo il titolo ma è anche ciò che viene naturale esclamare dopo il primo ascolto. Ma lasciamo che sia Kaso stesso ad accompagnarci alla scoperta del suo nuovo lavoro.
Cominciamo dalla cover: ti troviamo di spalle intento a fotografare due tizi che rovistano in un cassonetto di vestiti usati. Il colore predominante, quasi ovviamente quando si parla di te, è il giallo. Ci spieghi il senso dell’immagine?
Nei miei testi mi interessa affrontare i cortocircuiti della società e anche quelli della mia vita personale. Mi sono ispirato a una immagine apparsa su un giornale locale di qualche tempo fa il cui sottotitolo era “dobbiamo cacciarli”. A me, invece, sembrava estremamente potente: ragazzi di origine africana che cercano vestiti che dovrebbero essere spediti proprio in Africa e il “cittadino” che fa una foto con il probabile intento di pubblicarla e creare indignazione. Insomma cosa “Funziona”? La notizia di qualche giorno fa di un bambino di origine africana morto in un cassonetto come quello è disarmante. Il giallo è appunto il mio colore storico che mi rappresenta dai tempi dei miei lavori con Maxi B “Preso Giallo” e del mio solista “Oro Giallo“. Non potevo non inserirlo. Comunque la foto della copertina è di Giacomo Infantino, fotografo emergente molto promettente, la grafica è del mio collaboratore storico Samuel Re.
Il disco esce dopo anni di silenzio, ma è un ritorno molto gradito. C’è un motivo preciso per la scelta di farlo uscire adesso?
Pubblicare musica nasce sempre da un’esigenza personale, a prescindere dai tempi e dalle strategie. Non considero il rap una musica da giovani per i giovani ma un genere che ha pari dignità del blues, jazz e del rock. È da poco 40enne, come me, e quindi credo abbia ha una storia ancora da scrivere.
Il disco inizia con un singolo uscito qualche tempo fa, “Niente da Dire“, dove di cose invece ne dici parecchie. In pratica fai un riassunto della tua vita dal tuo ultimo lavoro fino ad oggi, tappando la bocca a chi avrebbe potuto dire: “oh, bella Kaso, non ti si sente da un po’, che fine hai fatto?!?”. Perché hai scelto proprio questa come intro?
Questa canzone è nata come un flusso di scrittura su un loop di batteria e piano Fender Rhodes e avrebbe potuto avere una durata molto più lunga. Ho tagliato e censurato molte rime, mantenendo quelle per me più genuine. È stato inevitabile e giusto partire da qui per raccontare le vere o finte giustificazioni che mi sono raccontato per non pubblicare musica. Alla fine volevo fare un esercizio di sincerità soprattutto con me stesso. Tutti noi ci raccontiamo delle storie.
Il secondo brano parla di un bambino, del suo bisogno di cure e del suo futuro. Chi è il protagonista di “Questo Bimbo“?
Quando ho scritto questa canzone ho espressamente pensato ad alcuni ragazzi che ho conosciuto, abbandonati dai genitori e cresciuti dai nonni o altre persone. Bambini che hanno trovato dei nuovi punti di riferimento, magari non necessariamente positivi ma che in qualche modo gli hanno voluto bene e dato una identità.
“Molto Easy“, parte la base e vedo le palme mentre faccio lowriding, tanto che ti aspetti che il ritornello lo canti Nate Dogg… Quanta west coast anni 90 c’è non questo pezzo?
Molta, molta, tanto che io e Mauro Banfi (co-produttore con me di tutte le canzoni) chiamavamo quella base musicale “Warren G”. Alla fine, in alcuni periodi dell’anno, nelle nostre zone di lago un po’ ci crediamo nel mood west coast. Nate Dogg è stato un idolo di quegli anni, r.i.p
Nel “Consiglio del Guerriero” duetti con Dailom, la battaglia è quella della vita quotidiana. Come nasce questa collaborazione e come avete scelto questo tema per scrivere il testo?
Dailom è un rapper della mia zona di Varese, di un’altra generazione, ma che conosco da anni. Ho sempre preferito creare collaborazioni con rapper o cantanti che conosco di persona anche se con attitudini diverse. Lui ha anche una bella voce e aveva scritto questo bel ritornello nel mio home studio, ho scritto la mia strofa partendo da lì e inserendo anche un pizzico di vita privata, essendo mia moglie curda.
“Sono a Casa Mamma” è il tuo grido di ritorno sulla scena! Qual è il tuo rapporto oggi con l’Hip Hop e come è cambiato negli anni?
Il mio rapporto con il rap è buono, meno con la musica che gira solo nei social o in streaming perché penso che si perdano molte belle canzoni nell’acquario del digitale. Sono sempre stato un fan del rap e sono continuamente stupito dal fatto che quando credi che tutto si sia esaurito esca un nuovo bastardo con delle idee e uno stile nuovo. Certo, mi piacciono i rapper che fanno le rime. Non penso che l’Hip Hop sia un credo o un partito e, anche se spesso non sono d’accordo con le cose che altri rapper dicono, riesco ad apprezzarne lo stile… se c’è.
Con “Funziona“, la titletrack, troviamo la premiata ditta Kaso & Maxi B, che quando si impadronisce del microfono è una garanzia! Com’è lavorare con un affiatamento simile?
Prima di tutto è bello vedersi. L’alchimia e il clima che si crea in studio di registrazione è sempre speciale. È il luogo dove nasce qualcosa di nuovo e quella sensazione creativa è unica. Oggi si potrebbe fare tutto on-line ma per me la musica è condivisione.
“Non è La Coca“, non è lo champagne, la novità è innamorarsi ancora.. quanto è trasgressivo questo messaggio in un mondo dove la normalità è quasi un tabù?
Questa è una canzone d’amore scritta a modo mio. Più che la ricerca di normalità, interpreta la voglia di ricominciare dalle cose essenziali, è la descrizione di quel momento perfetto per farlo. Adesso o anche quando meno te lo aspetti (“come una bomba!!!” cit Otierre)
“Sei Tu” è uscita già da un po’, ma messa in questa posizione della tracklist mi viene da chiedermi: la protagonista è la stessa del brano precedente?
Eh potrebbe… ehehe… come ti dicevo, mi piacciono i cortocircuiti e anche le contraddizioni. È la prosecuzione di una canzone con Maxi e Fabri Fibra del 2006 però adesso è una donna che è ricerca dell’uomo impossibile, il classico stronzo.
L’ultimo pezzo, “Aretha“, è una bomba: canti tu e canta il piano di Mauro Banfi, presente anche nel primo brano. È interessante la variazione di ritmo fra le strofe e l’inciso: mentre le prime sono fatte di rime serrate il ritornello suona più rilassato, ed il pezzo suona come una jam session. Quanta improvvisazione c’è in questo pezzo? E quanta cultura musicale c’è dietro?
Grazie, la canzone è nata musicalmente dalle manine jazz di Mauro Banfi il giorno della morte di Aretha Franklin. Quando collaboriamo lui suona liberamente quasi in stile “improvvisato” e io campiono quello che è più utile creando le parti. Io creo la parte ritmica e in questo caso lui ha suonato anche il basso. Poi ri-arrangiamo il tutto in base al testo, è così che funziona!
Il disco suona fresco pur non tradendo il suono classico, quello che piace a gente come me che si ricorda ancora il gusto degli anni 90. Chi c’è nelle tue cuffie in questo momento? Quale musica ti influenza?
Come ti dicevo, soffro nel perdere molta musica nel mare digitale e scopro dopo album e singoli che rimangono nei radar troppo poco tempo. Oggi Black Pumas (soul americano) e Midas Huch (funk – pop) e gli artisti che ci hanno lasciato in questo ultimo periodo come Bill Withers o Betty Wright. Spesso ascolto il programma radio di Bassi Maestro che si chiama The Funk Shop, amico onnisciente e sempre sul pezzo.
Per concludere, con “Funziona” sei tornato per restare?
Cazzo, sì. L’obiettivo, quando si potrà, è tornare a suonare portando lo show con la band che già abbiamo sperimentato nei mesi passati. Quindi a presto Goldword.