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Riva Starr: l’incatalogabile dj italico che fa ballare il mondo



Torniamo a parlare di artisti in fuga. Riva Starr, oggi uber-famoso in tutto il mondo, nasce artisticamente come Stefano Miele, questo il suo nome all’anagrafe, circa quindici anni fa. Onnivoro produttore partenopeo, si fa notare al grande pubblico col remix di “Acido Acida”, il tormentone dei Prozac +. Seguono collaborazioni con tanti personaggi di spicco della scena italiana, da Roy Paci a Zulu, da Caparezza a Speaker Cenzou, ma il “botto” non arriva.

Nel 2005 Stefano molla tutto e scappa a Londra in cerca di un rifugio artistico dalla mediocrità dell’Italiettà. E qui nel giro di pochissimo tempo, come si suol dire, svolta. Infinite le collaborazioni, ma i nomi ora si fanno davvero pesanti: Fatboy Slim, Estelle, Balkan Beat Box, Usher. L’ultimo progetto di questo instancabile producer, che ha anche messo su una propria etichetta, la Snatch, si intitola “Bateria Fantastica”, una compilation di artisti sud americani col brutto vizio di far ballare chiunque. Ma senza ulteriore indugio, lasciamo a Stefano, oops! a Riva, la parola.

Ciao Stefano, che combini?
Sto lavorando ad un EP che si chiamerà “Guns n Roses”. E’ abbastanza evocativo come titolo. Essendo io un ex glam rock fan, si chiama “Guns n Roses” perché l’album sarà doppio: “Guns” su un cd conterrà le tracce da club, “Roses” sull’altro cd ospiterà cose diverse — mi voglio divertire — quindi più elettronica. Non l’avevo detto ancora a nessuno, eh…

Beh, temo che Axl ti verrà a cercare. Mi pare un tipo permaloso lui.
Ahahahah. Speriamo di no.

Tra l’altro mi dici che sei un ex glam rocker, ma sei un ex di un po’ di tutto. Risulta davvero difficile catalogarti.
Io ascolto tantissima musica, da quando ero “cinquenne”. Ho cominciato ad 11-12 anni con i Genesis prima scuola, gli Yes…

Quindi col prog.
Si, quando ancora il buon Phil Collins aveva la decenza di stare solo alla batteria. Poi ha cominciato col suo faccione in primo piano ed è finita la musica. Sono passato all’elettronica molto presto con i Kraftwerk. I Krisma in Italia mi piacevano molto, in particolare le loro contaminazioni col punk, il rock e l’elettronica. E ancora i Depeche Mode, tutto l’hip hop old school. e via dicendo. Ho sempre seguito tanta musica, la classica mi piace molto. Non mi faccio mancare niente, perché penso sia importante avere un’idea di quello che è stato fatto e di quello che si potrà fare. Quando ho tempo, comunque. Da quando mi sono spostato a Londra di tempo ne ho sempre meno, purtroppo.

Da quanti anni stai a Londra adesso? Quattro o cinque?
Dal 2007 sono fisso qui.

Perché hai scelto Londra e non, ad esempio, Berlino?
Proprio per il mio background. Berlino è molto straight, auto-referenziale rispetto alla musica. Io ho tanti amici che stanno lì, ed anche a Berlino si sta allargando la scena, a livello di crossover, però questa è sempre stata la mia patria. Già prima venivo qui a comprare i dischi, ci suonavo, insomma qui è la patria del crossover, dove si possono miscelare varie influenze e la gente non storce il naso. E’ una cosa che a me serve molto perchè avere critiche, da subito, prima ancora che nasca un progetto, non ti è di grande aiuto. Invece quando la gente ti lascia fare, cerca di capire le commistioni che vuoi creare, ti rende la vita molto più facile.

Parli per esperienza personale? Oppure conosci qualcuno che è andato a Berlino e a cui le cose non sono andate come sperava?
In realtà è proprio un discorso di stile di musica. Berlino è molto più techno, molto più minimal, io sono molto più funky e decisamente meno minimale (ride). Quindi lo stile berlinese non è mai stato il mio riferimento. Berlino mi piace, ci vado a suonare spesso, tra l’altro ho una data al Watergate ad agosto, dove farò un set di sei ore e mi divertirò a suonare cose molto più scure. Però, rispetto alla musica, il mio divertimento sta nel creare cose più crossover ed originali rispetto ai soliti tool.

Già che parlavi dei negozi di dischi di Londra, ce ne consigli un paio?
Se intendi vinile, Phonica a Soho è il punto di riferimento per tutta l’Inghilterra, ma penso un po’ per tutta Europa, insieme ad un altro paio di negozi di Berlino dove ancora si trovano i vinili. Poi, sempre a Londra, c’è Trade, che sta dietro al mio studio e che fa anche autoproduzioni tramite la sua etichetta.

Ho visto che hai già citato almeno un paio di volte la parola crossover. Se il giornalista fossi tu, è questa l’etichetta che ti daresti?
Se proprio dovessi darmi un’etichetta direi di si. Crossover è l’idea. Fondamentalmente non mi piace darmi etichette, perché una volta che te ne danno una, vieni rinchiuso dentro uno spazio. Però crossover lascia abbastanza “aperto” l’immaginario (ride). A me piace mischiare generi ed idee, non ho problemi di purismo di sorta. Ho sempre pensato che il purismo dopo un po’ diventa abbastanza noioso e fine a sé stesso. Questo mi può causare problemi ed anche vantaggi, dipende dai punti di vista. Ma è il mio stile e non mi sento di cambiarlo.

Tu sei stato attivo per anni sull’italico suolo sia come Stefano Miele che con altri nickname. C’è stato un momento in particolare nel quale hai capito che per te era giunta l’ora di lasciare lo stivale per partire verso l’estero?
Esattamente una settimana prima di spostarmi.

Ma c’è stato un evento in particolare? Qual è stato il ragionamento che è scattato nella tua testa?
Sarebbe come analizzare i raptus di follia: è impossibile. Ad un certo punto ho detto: “Basta, mi devo muovere”. Perdevo solo tempo, avevo bisogno di cambiare, e ho fatto tutto in una settimana. Per questioni di logistica ho preso lo studio, l’ho impacchettato, ho chiesto ad un amico di ospitarmi, son stato là un mese, e nel frattempo che il resto della roba arrivava da Napoli mi son messo a lavorare. Istantaneo. Ero stato lì il week end prima, e sono stato dal giovedì al lunedì senza dormire, in giro per party a suonare, a trovare persone con cui parlare, a respirare la vibe che c’è a Londra.

Tecnicamente in Italia stavo facendo la muffa. Quindi ho preso l’aereo e mi sono spostato con la mia compagna. Devo dire che non mi sono pentito, sono riuscito finalmente a fare quello che volevo fare, a collaborare con coloro coi quali volevo collaborare, e a far sentire di più la mia voce. Tra l’altro, da quando sono scappato in Inghilterra, riesco a fare di più anche in Italia: ho fatto un pezzo coi Sud Sound System l’anno scorso, ne abbiamo fatto un altro quest’anno, ho fatto una traccia con Carmen Consoli ed un’orchestra argentina per il prossimo album, ed altre collaborazioni ancora. Ci tengo a continuare in questa direzione e a mantenere il contatto con l’Italia, perché sono italiano. Non è che perché mi son spostato a Londra faccio come quelli che si spostano al Nord e…

…e votano la Lega.
Esatto. Che poi son pure quelli più facinorosi.

Quindi in qualche modo sei diventato, se mi permetti, “famoso di ritorno”.
Succede molto spesso, devo dire. Però non ho nessun sentimento astioso verso il mio paese. La mancanza di possibilità di accedere alle informazioni musicali crea molti problemi fra i giovani in Italia. C’è anche questa cosa del denigrare gli artisti italiani rispetto a quelli stranieri. L’esterofilia è sempre stata un problema generale, da sempre. Ma devo dire che c’è tanta gente brava in Italia. Molti sono costretti ad emigrare per far sentire la propria voce. Se questo è il modo in cui si riesce a fare, ben venga. Io ho dovuto cambiare paese, non posso stare vicino ai miei, perché lì non potrei fare quello che sto facendo. Ci sono sempre i pro e i contro.

Se tu avessi la famosa bacchetta magica, da dove cominceresti a cambiare le cose, per far in modo che i musicisti di talento non debbano andarsene?
Non vorrei impelagarmi in un discorso che è parecchio complesso, e non voglio fare né il moralista né il bigotto. Mi farebbe molto piacere se si riconquistasse un po’ del vecchio spirito, più etico e meno filo-televisivo. Mi piacerebbe che ci fosse più cultura in Italia e il vero problema è proprio che questa sta venendo meno. Eravamo la culla della cultura e tutto questo sta scomparendo…

Anche la musica è cultura. Se non c’è cultura, la sensibilità verso la musica diminuisce, e questa diventa un prodotto usa-e-getta per vendere promotion in radio. E’ la stessa cosa del web se guardi i giornali: molte volte sono costretti a mettere questi super gossip di lato per attirare la gente, altrimenti non venderebbero la pubblicità. E’ un circolo vizioso. Quindi, se avessi la bacchetta magica, cercherei di far risalire il livello di cultura che sta degradando tantissimo in Italia. Ed è un peccato, perché c’è ancora tanta gente che lotta con le unghie.

Stasera ti vedremo all’opera al Muv Festival. Cosa dobbiamo aspettarci?
In tutta l’estate farò solo dieci date. Sarà la trasposizione live, o diciamo un qualcosa a metà tra dj set e live di una compilation, “Bateria Fantastica”, nella quale ho coinvolto un po’ di artisti sud americani. Con me ci sarà un musicista francese che si chiama Giom che suona la batteria elettronica e gli effetti. Quindi un dj set allargato. E’ interessante e divertente. Anche interattivo.

Sei tifoso del Napoli, immagino.
Chiaramente, anche se oggi ho avuto la brutta notizia che anche il Napoli è indagato in tutta ‘sta storia delle scommesse clandestine. Speriamo bene.

Sei andato a vedere Chelsea – Napoli?
No, perché ero in tour in America. Meno male direi, altrimenti mi intossicavo!

Fammi un pronostico sulla prossima stagione.
Se non se ne andasse via Lavezzi potremmo anche fare bene. Ma se se ne va al PSG… bisogna vedere chi arriverà a rimpiazzarlo. Io spero che la squadra arrivi nelle prime quattro-cinque posizioni.

Ultima cosa: ho letto da qualche parte che il tuo nome, Riva Starr, proviene da Gigi Riva. Confermi?
Si, si! Un po’ da Gigi Riva, e un po’ dai Gangstarr, che è uno dei miei gruppi hip hop preferiti. Li ho mischiati un po’. Cercavo un nome abbastanza originale per dare il via a questo nuovo progetto. Mi piace, è divertente: la gente crede che io sia una pornostar oppure una donna. Infatti ho fatto anche un photo shoot con la “stellina” sui denti, tipo censura.

Il sito di Riva Starr: http://www.rivastarr.com
Il sito del Muv – Music and digital art festival: http://www.firenzemuv.com