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GIÀ TRATTORIA DA PIETRO
ARTS

Graphic Commitee



Lo ammetto per il titolo non sono ancora molto sicuro ma oggi butta così. Insomma, invece della solita invettiva, oggi mi sento di promuovere un po di ricerche visive parecchio contemporanee (forse perché il loro modo di fare è tutt’altro che future-oriented, bensì con più di un riferimento al passato). Ho infatti deciso che ogni volta che non ho un vero tema, di quelli che mi hanno reso famoso nel mondo, vi butto lì una sfida all’ultimo sangue tra due progetti. Uno storico immortale ed uno nuovo che, a mio modesto parere, ne regge il confronto. Non farò nessun tipo di commento (ma già il fatto che li scelga…) ma cercherò di documentare le motivazioni fino a dove è possibile.

Alvin Lustig: Cover “The Man who died” D.H. Lawrence, New Direction Books, New York, Usa

Non Format: Poster for the Design+Music seminar at the Insomnia Festival, Tromsø, Norway

Immagine

I primi due che salgono sul quadrato sono Alvin Lustig e i NonFormat. Il primo è un designer attivo in america dalla seconda metà del XXsec e un interprete del miglior (oops, un commento) modernismo americano. Il mio docente di storia della grafica dice sempre che in America il modernismo subisce una raffinatura. Non è più quello aggressivo dei vari guru avanguardisti russi & tedeschi, bensì è ormai il «linguaggio universale» capace pure di suscitare emozioni e dipingere le emozioni del tempo. In quel periodo storico è ormai accettato a tutti i livelli quindi si può facilmente plasmare per ogni utilizzo. Ma non è detto che il “normale” sia sempre a questi livelli. Dal sito potrete notare che una delle sue principali occupazioni era l’editorial design: a quei tempi c’erano molte più occasioni in quel tipo di mercato, e direi che non è assolutamente un caso che quelli che ho scelto come corrispondenti contemporanei siano cresciuti nel campo editoriale (dal sito potete vedere i lavori per WIRE e VAROOM) ma per quello che è il cult del graphic design oggi: il design di album musicali, meglio se indie. I NonFormat riescono ad usare un linguaggio essenziale, tant’è che spesso eliminano tutti gli orpelli alle lettere fino a rendere la lettura difficile (che È una scelta, si potrebbe aprire un dibattito su questo) e rendono la lettura delle immagini il più criptica possibile. Sarebbe quasi normale se non fosse che hanno un senso del «vuoto» che tanti altri non sembra posseggano. Sarebbe stato forse più giusto avvicinarli ad un altro tipo di monster del passato come per esempio AG Fronzoni o Franco Grignani, in ogni caso, il confronto è questo, non mi sembra giusto cercare solo feedback da geeks del graphic design (per quello lo sono già troppo io) ma commenti e sensazioni di «esterni» che spesso sono disorientati e fanno fatica ad apprezzare perché i modelli offerti in generale sono poca cosa. Quindi giovani, mi aspetto un po di carne…