Enta da stage
Ci sono quei dischi che col passare del tempo continuano a spaccare, migliorando anno dopo anno come il vino.
Questo fa decisamente parte di questa categoria. Nel 1993 i due mc Buckshot e 5feet assieme al dj Evil Dee danno alle stampe “Enta da stage”, disco ormai assurto a classico dell’underground, assolutamente newyorchese nel suono e nelle tematiche che potremmo riassumere come gangsta jazz (ovvero testi e attitudine hardcore su base molto morbide e smooth).
Basta dare un’occhiata ai campionamenti, per lo più jazz, tra cui spiccano sicuramente “Tidal wave” di Ronnie Laws utilizzata in “Who got da props” (- a mio modestissimo parere uno dei 10 singoli hip hop più belli di sempre -) oppure “Love song to Katherine” di John Klemmer utilizzata nella stilosissima (e fattissima!! Yo pass da boom nigga!) “Shit iz real”.
Veramente, tirare fuori qualche traccia da questo vinile non rende giustizia ad un disco che riesce a mantenere alta l’attenzione dello spettatore dall’inizio alla fine. Impossibile non citare “Black Smiff-n-Wessun” dove fanno una bella comparsata gli Smiff-n-wessun, compagni dei Black Moon nella Boot camp click ( della quale si ricorda poco altro se non, forse, qualche simpatica traccia degli Heltah Skeltah) oppure l’opener “Powerful Impak!” dove i nostri sono andati a campionare niente meno che il vecchio Busta Rhymes di “Scenario” dei Tribe called Quest (ovvero la crema della crema dell’hip hop che c’era allora e –se proprio vogliamo dirla tutta- pure di quello che c’è adesso, ma ormai chi segue ‘sta rubrica dovrebbe sapere come la penso in proposito).
Avviso a chi volesse comprare il vinile: il disco si trova solo in versione ristampa (l’originale io non l’ho mai visto a giro per cui direi forget about it!!) purtroppo stampato su un solo vinile (ma come cazzo si fa!!!???) che suona pure maluccio. Per cui o vi accattate il cd oppure vi accattate tutti i singoli in vinile (come ho fatto io) che suonano alla grande e regalano notevoli chicche (per esempio “fuck it up” o il remix di “I got cha opin”).
Spero che da questa recensione traspaia il mio amore assoluto e incondizionato per questo disco: raramente l’hip hop ha visto giorni migliori di questo.