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All the invisible children



Regia di Charef, Kusturica, Spike Lee, Lund, J. e R. Scott, Veneruso, Woo.
Produzione Italia Francia 2005

Locandina del film

Oggi è il giorno della memoria e ad essere sincera sono stata a lungo indecisa se parlarvi di questo film o de “La scelta di Sophie” ( che comunque consiglio, ovvio!!); ma poi ho pensato: perché non ricordare un altro tipo di negazione dei diritti umani, uno che forse ha meno numeri, perché impossibili da contare, una violenza continua perpetrata in tutto il mondo non ad una razza specifica, ma a una delle categorie più deboli e indifese che possano esistere: i bambini.

All the invisibile children è una raccolta di sette cortometraggi firmati da otto registi che ci danno una visione globale della violenza che ogni giorno subiscono i bambini nel mondo: i bambini delle favelas, i ragazzini napoletani costretti a rubare, i piccoli africani trasformati in soldati, i figli degli zingari e quelli malati di aids.. Il progetto creato per finanziare l’Unicef ha prodotto alcuni cortometraggi davvero belli, in particolare vi voglio parlare di 3 corti che mi sono piaciuti particolarmente.

Blue Gipsy di Kusturica che racconta la storia di un ragazzino finito in riformatorio perché costretto dal padre zingaro violento e ubriacone a rubare, triste perché la sua detenzione è giunta al termine e dovrà tornare dalla sua orribile famiglia, e vede quindi la libertà nello stare dentro, paradosso incredibile, a cui inevitabilmente farà ritorno. Il tutto ovviamente condito dalle musiche gitane care al regista che invitano tutti alla danza e all’allegria, e scritto in chiave comica dove i personaggi che affollano il riformatorio sono come sempre i più brutti e improbabili della terra.

Bilù e Joao di Katia Lund ( coregista di Cita de dios ) segue le vicende di due ragzzini della favelas di San Paolo e come tutti i ragazzini del mondo sono pieni di vita, voglia di giocare allegria e curiosità. Per guadagnarsi qualche soldo raccattano quello che tutti gli altri buttano via: lattine, cartone, vetro.. trovandosi in avventure nuove nella grande città che giorno dopo giorno imparano a conoscere. Impossibile non innamorarsi a prima vista di questo corto, che inquadra perfettamente lo spirito dei ragazzini che per fortuna non perdono la loro vitalità nonostante la miseria a cui appartengono. Bellissime anche qui le musiche.

Song Song e Little Cat di Jhon Woo, come non piangere alla vista di questa storia triste amara. Due sono le bambine protagoniste, una tanto ricca quanto triste, a causa della separazione difficile dei suoi genitori e della depressione della madre, l’altro tanto povera quanto dolce, di una dolcezza mai vista nonostante la vita sia stata crudele con lei fin dalla nascita. Abbandonata dalla madre. Raccattata da un barbone che le farà da nonno con tutto l’amore che c’è inseguendo il sogno di poter andare a scuola e finendo suo malgrado a vendere e confezionare rose come tanti poveri bimbi cinesi sfruttati. Unica gioia della sua vita una bambola menomata come lei che la bambina ricca aveva gettato via e che suo nonno aveva ritrovato e regalatole prima di scomparire dalla sua vita. Bella la regia dolce, col montaggio alternato delle due realtà tanto tristi quanto contrapposte.

Per molti non sarà un capolavoro, per me è un modo per non dimenticare che la sofferenza esiste ancora ed è reale, che i bambini che soffrono non sono poi così lontani dalle nostre case. Mi fa ricordare che la scuola non è ancora un diritto per tutti, che la libertà di essere spensierati non è vero che appartiene ai bambini, a tutti i bambini.

Se vi riesce di comprarlo, se lo trovate, non saranno soldi buttati via, e non sarà neanche tempo sprecato guardarlo una sera.

E a loro che oggi dedico il giorno della memoria, perché tra i tanti ebrei morti di bambini a cui l’infanzia fu tristemente rubata, ce ne furono milioni.