Recensire un libro di Tiziano Terzani è quasi sciocco, o perlomeno spero vividamente che sia così. Terzani è stato uno dei più grandi giornalisti che l’Italia abbia avuto il vanto di avere tra le sue fila. Una voce fuori dal coro, attenta, minuziosamente informata, passionale e critica verso un mondo dove falsi valori vengono eretti a virtù, dove l’ipocrisia dei Paesi “forti” si spaccia per difesa della democrazia. Difficile definire questo camaleonte dell’informazione, direi quasi impossibile. Un giornalista autentico, della “vecchia scuola”, sempre presente dove la Storia aveva fissato un appuntamento imperdibile, tanto zelante da vivere in Asia, dove svolgeva la sua professione come corrispondente all’estero per il settimanale tedesco Der Spiegel, non come un visitatore occidentale ma come un asiatico che parla, mangia e veste come gli abitanti del paese in cui si trova. Terzani ha assistito ed ha raccontato al mondo alcuni fra gli eventi più significativi degli ultimi quarant’anni: tra questi l’apartheid in SudAfrica, il maoismo in Cina, la fine della guerra in Vietnam e la caduta del regime comunista in U.R.S.S.
Ma il suo contributo va oltre la mera descrizione degli eventi. Tiziano ha dipinto l’Asia in tutta la sua bellezza e il suo mistero, attraverso esperienze vissute sulla propria pelle. Nel suo libro Un indovino mi disse, avendo deciso di non salire su nessun aereo per la durata di un anno in seguito alla profezia di un indovino, diventa una sorta di Marco Polo del giornalismo, facendo assaporare a migliaia di lettori lo stupore dell’ignoto. Poi, d’improvviso, la malattia. In seguito a quello che doveva essere un banale controllo medico, gli viene diagnosticata una metastasi tumorale. Inizia così un’altra fase della vita di Terzani, “un altro giro di giostra” per dirlo con parole sue, dove dimostrando ancora una volta il suo spessore come essere umano, trasforma la malattia in un espediente per una nuova scoperta di sé e del mondo.
La fine è il mio inizio è un libro davvero commovente. Non avendo più la forza di scrivere, e volendo approfittare dei suoi ultimi mesi di vita, invita il figlio Folco nella sua casa ad Orsigna, per parlare da padre a figlio di quello che per lui ha significato vivere e di come si prepara alla morte, anima gemella della vita. A noi, suoi lettori, ha regalato un ultimo, prezioso gioiello.
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