Dicono che un giorno passerò, taglierò l’aria viziata da micropolveri e gloriosamente mi fermerò davanti alle vostre attese. Silenziosamente spazzerò via dubbi e abituerò i vostri sguardi. Non si va mai avanti senza lasciar tracce, ricordo bambini vogliosi di attraversare strade innevate, ma terrorizzati dalla violenza delle loro impronte sull’armonia del manto nevoso. Quei bambini alla fine superarono le paure e attraversarono la via, fu divertente anche scrivere il proprio nome pisciando sul suolo di bianco coperto. Trovarono poesia nella deturpazione.
Quei bambini così progressisti non si fermarono al lato ovest del marciapiede, seguirono il cammino anche con l’avvento delle altre stagioni e quando il nome di organica composizione, non fu così tanto visibile sul nero asfalto fiorentino, decisero di munirsi di vernice azzurra e con bizzarre regole iniziarono a giocare a un gioco tutto loro, venne chiamato: “io disegno uno spazio blu sul suolo comunale e quello spazio te lo affitto a caro prezzo, se non rispetti le mie regole, ti mando la maestra che ti fa la multa.”, successivamente si scelse di cambiare il nome, considerato da molti troppo esplicativo e si optò per un più lapidario: “Firenze Parcheggi.” Il gioco non fu mai ben capito, anche perché la regola su cui poggiava ricordava l’antico e poco democratico motto infantile: “il comune è mio e decido io”.
Poco dopo fu chiaro ad ognuno quale fosse lo scopo del gioco e c’è da dire che tutti si sentirono un po’ più rassicurati. La città fu sventrata, tagliata, sezionata, scavata, riempita, chiusa, aperta, asfaltata e le rotonde in stile pratese fioccarono. Un passo avanti e uno indietro. Un balletto di date e di nomi. Una cosa super ganza. E tutto in gran parte finanziato coi soldi del famoso gioco al quale nessuno voleva giocare e a cui tutti però giocavano. Così nacqui io, progetto millenario ed evoluzionista, spesso criticato e a volte sostenuto. C’è stato chi si è incatenato agli alberi per impedire il mio passaggio e chi ha ipotizzato futuri catastrofici.
Fino a quando non è entrata lei nella storia, personaggio costante di infiniti racconti: la politica. Sembra strano, ma quando c’è lei, tutto diventa incredibilmente prevedibile, chi è di destra la pensa diversamente da chi è a sinistra e viceversa, un equazione dannatamente poco urbana. Così son diventata famosa, come un virus capace di contagiare anche coloro che nel passato erano stati immuni dalla discussione e d’improvviso mi sono ritrovata sulla bocca di tutti, con saccente presunzione ognuno ha detto la propria, da Sgarbi a Veltroni, da Pieraccioni al paninaro di via Aretina. E non deve stupire che qualcuno una mattina si sia alzato e abbia detto, facciamo una cosa simpatica:
si fa un referendum, però siccome è importante valorizzare il made in italy, lo facciamo “all’incovercio” il sì per il no e il no per il sì, così un sacco di gente va nel pallone e il risultato spiazza. Che risahe!
Personalmente non so se mi fa più incazzare il fatto che qualche decelebrato politicante in cerca di pubblicità metta bocca sul progetto, oppure il fatto che tutto questo polverone alzato, alla fine, nella sostanza, non faccia che rallentare qualcosa che, giusto o sbagliato che sia, già non procedeva molto velocemente.
Aldilà di ogni discorso, la costante in questo paese è sempre la stessa, ogni progetto ha scadenza millenaria e tutto pesa sempre su di noi. Votate che vi pare, ma ricordatevi di uscire sempre di casa con un po’ di monetine per il parchimetro, altrimenti l’è maiala!