Una società, una comunità può definirsi tale se e quando individua una serie di principi fondamentali che risultano essere condivisi da tutti i membri.
II soggetti comunicano, operano, scambiano, discutono e una volta maturato questo percorso nelle sue molteplici intersezioni sentono in primo luogo la necessità di definire dei principi, degli ideali comuni e successivamente di compilare un codice di regole capace di salvaguardare l’essenza di quei principi.
Traslando questi concetti ed estendendoli alla nostra associazione (ancora non lo è, ma non so come chiamarla altrimenti…), ma prima ancora e più in generale alla nostra categoria, viene da fare un’osservazione: appare logico stendere un codice civile (normativa tecnica) se manca la Costituzione (manifesto dei valori primari)?
La associazioni di categoria nazionali ed internazionali si affannano nella ricerca di una regolamentazione del nostro mestiere: l’intento è saggio, benemerito, comunque positivo, anche se spesso autorizza e cela interessi e vetrine personali e particolari.
La ben nota carta del progetto grafico è, insomma, a mio avviso importante ma insufficiente: non basta associarsi per assicurare il rispetto dei principi là dentro enunciati.
Non basta perché nella Carta viene rappresentato soprattutto un dato di fatto, ossia la fotografia di ciò che il nostro mestiere indiscutibilmente rappresenta nella società odierna.
Non si fa diretta e netta menzione – questo è il nocciolo della questione – di quei principi e di quegli ideali di qualità, di correttezza, di partecipazione reale allo sviluppo ed al miglioramento della forma dei contenuti del nostro vivere, affinché quei contenuti assumano una forza più incisiva e maggiormente assimilabile dagli utenti.
Non se ne fa menzione perché tali valori è davvero difficile individuarli: ma attenzione, principi troppo generici licitano il pressappochismo, la gratuità del prodotto, la scollatura progressiva – importantissimo – tra committenza e designer.
Da ciò la mia fissazione.
Come dovrebbe essere chiaro a tutti non è la definizione di bello e di brutto che può aiutare ad avanzare nel percorso di ricerca e di indagine sul nostro operare: “il bello e il brutto nella grafica” era una locuzione provocatoria utilizzata per accendere la miccia della discussione.
Ma, più precisamente, l’analisi della quotidianità del nostro lavoro, il confronto dei linguaggi, la presentazione delle nostre metodologie, insomma, la circolazione delle idee, è invece l’unica strada che ci può consentire di individuare dei valori condivisi e condivisibili, magari da proporre in futuro come
contributo ed estensione della Carta del progetto.
Questi valori, la ricerca di questi valori, rappresentano davvero ciò che può permettere di elevare il nostro mestiere e la nostra arte al di sopra dei limiti che vicendevolmente ci diamo e ci vengono imposti dalla committenza.
E’ tempo di riconoscere che la perdita dei valori qualitativi è esattamente ciò che crea il gap tra la nostra offerta e il mercato in cui il nostro operare si va a collocare: è tempo di riaffermare dei valori fondamentali che distinguano e ristabiliscano disparità tra chi si riconosce in una professione attenta e di alto profilo e chi del qualunquismo e dell’espressione modaiola riempie il suo quotidiano.
Recuperare il rispetto della nostra professione, noi prima di tutto e i nostri clienti soprattutto, trascina con sé tutte le questioni che si pongono in aggiunta: tariffari, principi etici, incremento della richiesta, momenti di riconoscimento, ecc.
Come si fa?
Non lo so.
Ma penso che la circolazione delle idee, gli incontri a tema e le conseguenti discussioni, la frequentazione degli studi di colleghi e di chi opera in ambiti diversi (grafici, pubblicitari, redattori, stilisti, industrial designer, ecc) sia il mezzo per raggiungere quegli obiettivi.
Forse il raggiungerli è idealista, ma la tensione a quel risultato credo sia l’unico, vero arricchimento reciproco.
Per concretizzare, le prime ricette che potremo assaggiare sono quelle della sapiente cucina di Fabio Chiantini che ha inaugurato una mostra su una parte significativa del suo lavoro proprio a LibriLiberi da un paio di settimane: quell’occasione ha rappresentato il primo degli incontri che ho in mente.
Da lì, variegate sono le occasioni per proseguire: Leonardo Baglioni e Fabio stesso si sono detti disponibili a raccogliere i propri materiali e quelli di chi abbia esperienze nel campo della grafica sistematica per presentare (con proiezioni o in altro modo) un successivo incontro.
Un altro ancora potrebbe convergere sulla grafica delle etichette con il lavoro di Emo Risaliti e Simonetta Doni e, ovviamente, il contributo di quanti altri operino nel settore o in settori vicini quale, ad esempio, quello del packaging.
Ancora, la grafica per il teatro e il mondo dello spettacolo in genere: me ne posso occupare io insieme a Emo stesso o a Paolo Trombotto, o insomma a chi abbia esperienze significative in merito.
La grafica nel web e il lavoro bellissimo di KmZero.
Il libro per i grandi e piccoli editori, con l’esperienza di LibriLiberi, il mio lavoro nell’editoria scolastica o per i grandi gruppi e i contributi degli illustratori e di chi ha esperienze di redazione ed editing.
La campagna pubblicitaria, il design e la moda, ci sono infinite possibilità, e mi scuso con chi non conosco e che sicuramente ha esperienze da illustrare e condividere.
Su tali esperienze l’associazione, forte anche di contributi che possono essere richiesti, via via, anche all’esterno del gruppo propriamente detto, a designer o professionisti la cui esperienza appaia utile approfondire, riuscirà a individuare, mutuare e sottoscrivere quei principi di qualità di cui tutti, mi sembra, avvertano l’esigenza.
di Walter Sardonini