Da neofita nella scena hip-hop esordisco scrivendo: io non so un cazzo.
Giudicherò basandomi esclusivamente sul mio personale gusto senza influenze, senza preoccuparmi del giudizio e delle opinioni di “chi se ne intende”.
Dunque, qualche tempo fa parlando di musica con lo Snooze, è capitato di citare il nome di Neffa.
Ovviamente, non era la prima volta che sentivo dire che inizialmente aveva cominciato con il rap, ma nonostante ciò mi incuriosisse, mi sono sempre dimenticata di approfondire, forse a causa del collegamento di pensiero che mi riusciva spontaneo nell’immaginare il binomio Neffa – “La Mia Signorina”.
Ero legata fondamentalmente all’immagine mediatica con cui negli ultimi tempi si tende a proporre Neffa, ovvero quella commerciale.
Insomma, fu durante quella conversazione che lo Snooze mi fece ascoltare su YouTube “Aspettando Il Sole”.
“‘Aspettando Il Sole’ è probabilmente il pezzo più famoso di Neffa”.
Pathos? Assolutamente no.
Per quanto mi riguarda, non è sufficiente un solo ascolto per riuscire a giudicare un pezzo. Come si dice, tre è il numero perfetto.
Il primo ascolto è quello più superficiale e insieme incisivo: da quello decidi se riavviare il pezzo oppure soprassedere e dimenticartene.
Il secondo serve per decidere se la musica si lega alle parole ed è effettivamente di tuo gradimento.
Il terzo per provare il brivido.
Tempo dopo mi tornò in mente quella citazione e così riascoltai più attentamente “Aspettando Il Sole”.
…e “play”.
Orchestrazione perfetta, i fiati che si zittiscono per non aggravare la limpidezza della voce, le parole semplici nel descirvere la complessità di un sentimento, di una realtà facilmente attribuibile a qualsiasi individuo, che ognuno può fare propria.
La metrica complessa, l’accuratezza nel dettaglio musicale, le rime che si amalgamano col groove in un’alchemica composizione.
E a parte “la musica che gli detta le parole” (e non ho dubbi), anche (forse soprattutto) la voce di Neffa ha una tonalità estremamente piacevole. Ogni uomo dovrebbe avere quel timbro di voce e sussurrare all’orecchio dell’amata. Non esisterebbero più donne tristi.
Chi non si è mai chiesto se “chissà se tu avrai mai pensato a me”? Chi non ha mai cercato di non lasciarsi prendere dal “cielo grigio piombo”? Chi non cerca “nuova luce nella confusione”?
Io personalmente, sono alla ricerca spasmodica di una luce in questa vertiginosa confusione.
Ed è in quel momento (quella terza volta) che senti scorrere l’emozione, che ti fa tremare le vertebre. Una scossa a tempo di beat.
Quel brivido che ti attraversa la schiena, che ti fa socchiudere gli occhi per interiorizzare completamente quelle parole, che ti induce a riascoltare quei 5 minuti e 12 secondi un numero infinto di volte.
Inoltre, ho scoperto come dj Gruff non sia solo un dj, ma abbia una voce, che sa ben utilizzare e che Deda sia un notevole MC.
In ogni caso, quando un flow ti monopolizza la mente e ogni più semplice pensiero ha quel sottofondo musicale, è inevitabile scaricare tutta la discografia, nella speranza di trovare un pezzo che faccia provare la stessa sensazione del precedente (benchè risulti spesso difficile).
Così, da “Neffa e I Messaggeri della Dopa” sono approdata ai “Sangue Misto”.
Ascoltando le varie tracce di entrambi gli album, ho notato come moltissime frasi ricorreranno nei testi hip-hop che succederanno al 1995 circa.
Per fare un esempio, come Kaos citi già ne “I Messaggeri della Dopa pt 1” il “codice” che riproporrà come titolo di un pezzo nel suo album “Fastidio”.
Oppure immagini come la “iena” o “l’elfo oscuro”.
Non so se Neffa sia stato l’inventore originario, ma istintivamente ho pensato che fosse così e che i topic successivi, fossero ispirazione e ricollegamento a lui, che con l’hip-hop ha veramente toccato l’apice.
Spesso, prima di conoscere il suo curriculum discografico, ho partecipato a conversazioni con vari personaggi dell’hip-hop, conosciuti o semplici fans, che si prodigavano in innumerevoli elogi .
Solo ora ho capito il perché di tanta devozione. Sarà per questo che ad un certo punto, convinto di aver raggiunto un livello incomparabile nel rap (con cognizione di causa peraltro), Neffa ha deciso di cambiare genere e dedicarsi al melodico.
Senza dubbio la tonalità di voce è rimasta quella e forse non ha fatto altro che avvalorarla.
Ma finché il tono si manteneva su canzoni come “La Mia Signorina” poteva essere più che accettabile. Il dato critico l’ha raggiunto quest’estate 2010 in cui Neffa ha deciso di riavvicinarsi all’immaginario hip-hop con J-Ax, ex MC degli Articolo 31, che finché faceva rap, a mio giudizio era (senza niente a che vedere con lo stile di Neffa) piacevolmente cantabile.
Ed è qui che mi ricollego alla strofa “già sentita” di cui parlavo prima.
Non capisco come da “la faccia come il culo” che hanno i barabba nei “Cani Sciolti” della strada di “SxM”, si sia passati alla “faccia come il cuore” nel “2 di Picche”.
Non sto parlando del doppio senso della canzone che è banalmente comprensibile anche dai meno arguti, ma dalla qualità del pezzo, che se facciamo un confronto… anzi no, non è possibile farlo.
L’unica domanda che sorge spontanea e che risolve in un unico quesito tutti i commenti possibili è: “perché?”
In quindici anni Neffa si è trasformato nell’“italiano medio” che nello “Straniero” aveva giurato di non essere o perlomeno, disponibile ad abbassarsi ai gusti di esso.
Comprensibile che abbia cambiato genere, ma lo “zero commerciale”?
Un cambiamento che ha deluso la maggiorparte degli ascoltatori e che per quanto mi rigurarda, mi ha lasciato sbigottita.
Ho sentito di vinili di Neffa (quando ancora faceva rap) tenuti come reliquiari fino ad oggi e poi improvvisamente venduti a prezzi irrisori.
Libero di mutare il proprio sound, ma mi riesce difficile pensare come un musicista di tale calibro, riesca a concepire sé stesso in un contesto così diverso da quello in cui si descriveva ai primordi della sua carriera musicale.
Presupponendo che Neffa abbia conservato una capacità critica, non mi capacito come abbia potuto abbandonare in modo così brusco le sue belle rime e accettare di abbassare la sua figura che era arrivata a essere reputata icona hip-hop, ad una banalità così insignificante.
Mi auguro solo che stia sfruttando la scena mediatica per un resoconto personale.
Spero non abbia perso la sua originale vena artistica, che non abbia smarrito la sua musa.
In ogni caso, la speranza di assistere ad un improbabile revival del vecchio “boom-boom-cha” di Neffa e la sua ballotta, sarà sempre latente in me.
In fondo, “il tempo è ciclico”.
Chissà.
Bella lì.