Io non so un cazzo.
Intanto premetto questo, come nel precedente articolo.
Le mie conoscenze musicali, per quanto riesco a ricordare, negli ultimi tempi, sono sempre il risultato di lunghe o casuali conversazioni.
Il mio primo contatto con I Colle Der Fomento è avvenuto dopo che mi fu regalato il cd di Artificial Kid “Numero 47”.
Non è esatto: fu la prima volta che ascoltai la voce del Danno, senza avere la più pallida idea di chi fosse.
I Colle Der Fomento furono lo step successivo.
Ricordo che quando inserii il cd nello stereo e dopo il primo ascolto, decisi di ripetere l’esperienza, ebbi una sensazione di angoscia incredibile.
Intendiamoci, mi piacque molto, apprezzai il sound sperimentale e l’argomento futuristico delle tracce, nonchè ricollegai le parole al film “Matrix”.
Tutte cose molto positive per la sottoscritta, ma dopo un’oretta che le rime del Danno mi risuonavano nel cervello, sentii l’istinto immediato di togliere il cd e riporlo.
Nonostante la genialità dell’esperimento (perché non mi è mai ricapitato di imbattermi in sonorità e rap così ben amalgamato e originale), non si può certo negare una difficoltà nell’ascolto.
Nel mio percorso di istruzione nella scena hip-hop italiana, senza collegamenti apparenti, come ho accennato prima, tempo dopo ho scoperto I Colle Der Fomento.
Conversazione notturna, luci basse, ultimi pernsieri prima del sonno, poche persone online, una sola che meritava il mio interesse.
Battute riguardo l’odio reciproco, riferimenti all’“Odio”, film cult di qualche anno fa con Vincent Cassel.
Wikipedia. Voce di ricerca: “odio”. Ed ecco: “Album Odio Pieno, 1996, Colle Der Fomento”. Primo album in produzione, MCs Danno e Beffa (che avrebbe cambiato il suo nome in Masito), Dj Ice One componenti del gruppo romano hip-hop “I Colle Der Fomento”.
Funk romano spacca.
“Qualcuno sente la mia roba ma non può capire, se non stai dentro a certe storie non le puoi assorbire”
Insomma, da quel momento cominciai ad ascoltare quel cd che avevo nella libreria ITunes del negozio. La ascoltai, ri-ascoltai, e ri-ri-ascoltai, tanto che la gente che entrava in negozio con cadenza regolare, cominciava a non sopportare più la ripetività della mia selecta.
In principio postai “Quello Che Ti Do“. Quella fu la partenza.
Inizialmente non ci stavo per niente dentro a certe storie, benchè cercassi di camuffare il fatto.
Ma un po’ alla volta, minuto, dopo minuto, le parole del Danno cominciarono ad affascinarmi: mi dava quel sapore underground, misto a emarginazione e egotrip, con quella base funk, che prende e si lascia ascoltare: insomma, mi fogava. Alla fine, adesso “ho il gusto giusto” e ricordo la maggiorparte dei testi a memoria. E sono quei testi che rimangono facilemente in testa, che ricordi perchè piglia bene ripetere mentre il disco gira.
Ora, è qualche mese che mi sono dedicata ad altro (drum ‘n’ bass, dubstep, jungle, ecc.) ponendo una pausa al loop iniziale dei Colle, (perchè dopo “Odio Pieno”, ho proseguito con “Anima e Ghiaccio” e il terzo album), ma riascoltando i pezzi di quegli album, mi hanno restituito lo stesso brivido delle prime volte (e non è facile, che qualcosa non mi risulti annoiante, dopo che ho insistito nell’ascolto fino alla nausea).
Attenzione!
“Non è soltanto musica, non è solo rumore. Nasce giù nel sotteraneo, sale su: è una botta!”
Qualche mese fa, in occasione di Pharoahe Monch a Bologna, sono riuscita anche ad assistere ad un live (solo qualche pezzo, a causa del mio ritardo cronico).
Assolutamente “Più Forti Delle Bombe”!
Degni di presentare il Faraone (che ovviamente, data la mia ignoranza palesata, non conoscevo o quasi -giusto qualche attacco, qualche strofa assimilata poche ore prima-).
La strada è lunga, ma le basi direi che sono buone, o comunque, per quanto mi riguarda, sono quelle giuste e ciò s’intuisce anche dal fatto che da questa “scoperta” sono approdata successivamente a Kaos One (step decisamente necessario).
Sì, quello con la voce rauca.
In ogni caso, ho notato che quando trovo qualche MC che mi da la fotta giusta, dipende sempre (a parte le rime e le basi) dal timbro della voce.
Lasciando perdere l’intercalare romano, che caratterizza i Colle dalla prima rima fino all’ultima, è proprio la tonalità della voce del Danno che permette alle sue strofe di vagare indisturbata nei meandri della mia mente.
Per esempio: spesso mi capita di svegliarmi la mattina e avere un ritornello o proprio una canzone, che senza lasciare neanche una nota indietro, mi gira in testa, come se avessi messo un disco e fosse partito in completa autonomia. Ecco, ultimamente il giradischi inconscio attaccava con “Ninna Nanna”.
Questo per dire che i dischi di questo showcase, sono il risultato di un’accurata e selettiva scelta in cui la voce è un requisito primario, altrimenti è inutile: l’autore non si aggiudica la selecta mattutina.
Insomma, i Colle sono stati i primordi della conoscenza.
Anzi, ora che faccio mente locale ricordo che inizialmente, quando ho cominciato a lavorare per Gold, una grafica in particolare attrasse la mia attenzione: “GHETTO CHIC”. Scritta bianca su fondo nero.
“Colle Der Fomento” più in basso rispetto alla frase, in corsivo.
Letto: ignorato.
Tempo dopo, la rividi.
L’ultima.
Una S.
Sempre lì, su quello scaffale.
Sola.
Era evidente che stava aspettando me.
Non l’ho fatta attendere ulteriormente, mi è sembrata cattiva educazione.
Avrei voluto l’esclusiva su quella maglietta.
Sono arrivata anche a minacciare altri individui, perchè non capitasse che in uno stesso evento qualcun altro avesse la mia stessa t-shirt con quella grafica.
Stranamente, non è più successo.
Morale della favola, quando ho bisogno di ascoltare qualcosa che mi restiruisca un po’ di verve, adesso so cosa cercare.
Peccato che l’ultimo album risalga a qualche anno fa.
Ti faccio “Ciao ciao” come Kaos One.