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Piotta per MEI Hip Hop



er Piotta

Deiv Ok, cominciano con una domanda su di te e poi parliamo del MEI. Cosa stai combinando in questi giorni?

Piotta Sto ultimando il tour e la promozione del mio disco “S(u)ono diverso” che è uscito lo scorso anno. Venerdì 12 uscirà un nuovo video “Sabotaggio”, un diario di bordo del tour tra live e backstage vari. L’idea è che il video serva a far capire come e cosa suona Piotta nel 2010, con una band con basso, batteria e chitarra… che poi magari la gente pensa che vado a giro col dj, invece vado sì in giro col dj ma anche con la band. E’ una dedica ai fan che hanno supportato il tour, sai, questi sono tempi duri per il mercato, per di più per un disco duro, antagonista come questo. E’ l’inizio di un nuovo ciclo della mia carriera. Poi ovviamente continuo col mio programma in radio, che si chiama “Troppo avanti”, questo è il quarto anno. E’ un programma hip hop e reggae fondamentalmente ma non ci facciamo mancare nulla: se mi va di mettere un pezzo dub, o uno crossover o magari se mi fa di fare tutta una puntata sui campionamenti, lo faccio. Comunque principalmente hip hop e reggae. Vai in onda dalle 3 alle 4 del pomeriggio su Radio Città Futura. Poi ovviamente continuo con le produzioni della mia etichetta “La grande onda” con la quale sto seguendo due dischi: il primo è quello di Patto Mc, napoletano, un lavoro che vanta featuring con Fabio Musta, Co’Sang, Videomind. Il secondo è un progetto rock funk, San La Muerte, che si ispira agli anni ’70, quelli analogici. E’ un progetto un po’ mariachi, un po’ tarantiniano, che vede coinvolto Leo Pari (autore, tra le tante cose, assieme a Pier Cortese di “Ho un grillo per la testa” la canzone sigla del blog del comico – blogger genovese che ospita anche la rubrica del lunedì di Marco Travaglio), il bassista di Alex Britti e alcuni tra i migliori musicisti turnisti della scena romana

Deiv Benissimo. Parliamo adesso del MEI il Meeting Etichette Indipendenti: come nasce il tuo rapporto con questa manifestazione? Quando nasce il suo segmento dedicato all’ hip hop?

Piotta Nel 2004 vengo premiato per il miglior album hip hop dell’anno. Giordano Sangiorgi, presidente ed ideatore del MEI mi propose di occuparmi del settore hip hop che all’epoca ancora non c’era. Fu una sfida per me, ma una sfida che raccolsi volentieri, dopotutto parliamo di una manifestazione che si rivolge ad un pubblico smaccatamente rock. Dopo cinque anni i risultati sono stati più che positivi, il meeting, che è pur sempre una fiera commerciale, è un buon termometro per lo stato di salute dell’hip hop in Italia, che si fonda sulla collaborazione con un network che parte dal basso, basato su siti, blog, etichette, radio. Soprattutto i nuovi media che vengono seguiti con più attenzione dai giovani. L’idea di fondo, comunque, è quella di essere il più trasversali ed il più trasparenti possibili.

Deiv Ma fammi capire… quando hai ritirato il premio… eri il primo artista hip hop a riceverlo?

Piotta Si. Primo perchè a detta di Giordano e della giuria ero stato tra i primi, fino a quel momento, parliamo del 2004, ad aprirmi dall’hip hop alla scena alternative. Diciamo che per l’atmosfera che si respira al MEI, per l’attitudine legata al suono ma anche ai contenuti, i papabili eravamo io, Caparezza, Frankie, Assalti Frontali. Insomma la trasversalità e l’impegno sociale erano le motivazioni della giuria. A seguire, dopo di me, l’hanno vinto in molti di quelli che poi si sono affacciati sul panorama mainstream come Nesli, Fibra, Club Dogo, Marracash, e poi ancora Amir, Ghemon, Colle der Fomento e quest’anno Dj Myke, per quanto concerne l’underground.

Deiv Qual è lo stato di salute dell’ hip hop in Italia?

Piotta Nel 2010 lo stato di salute è schizofrenico, non c’è una via di mezzo. Ci sono artisti noti alla gran parte della popolazione e poi l’underground. Nel mezzo, che è dove mi colloco siamo pochissimi. Diciamo che se prima eravamo 5 a ballare l’hullygully adesso siamo 10 a ballare l’hullygully. Ogni anno all’incirca esce un grande nome nel panorama mainstream. E poi c’è l’underground con tutto il suo grande fermento. Prima però c’era meno scollatura. Prima c’era l’underground che magari lo sentivano i ragazzini, poi c’era una fascia intermedia, una sorta di purgatorio con nomi come… oggi ti direi i Colle Der Fomento, nomi anni ’90, cioè non conosciuti alla massa ma molto apprezzati dagli addetti ai lavori. Nomi che possono suonare nelle grandi città, senza magari fare il palazzetto o lo stadio, che escono con un disco, con un video, un disco che viene comprato intendo, che insomma può lavorare e vivere di musica. Ora c’è di potente una moltitudine di ragazzi, giovani, in gamba, che sanno comunicare, se vogliamo con un’idea più cinica della discografia rispetto a quella che avevamo noi. Manca però come ti dicevo un po’ quella fascia intermedia che permette alla scena di crescere gradualmente, invece che “a balzi”. Un altro intermedio può essere un nome come Kiave, o come Ghemon, gente che meriterebbe di esplodere ma se poi la cosa non avviene succede che hai più di trent’anni e a quel punto sei quello che ce la poteva fare e non ce l’ha fatta del tutto. E’ anche nel destino perchè penso che se Fibra continuava a vivere a Senigallia invece di spostarsi a Milano si ritrovava in una situazione ben diversa. Invece l’idea dello staccarsi dalle proprie radici per andare verso Milano, che è la grande vetrina per l’hip hop è il vero valore aggiunto. Perchè Roma è la Capitale ma oramai “de capitale non c’ha un cazzo.

Er Piotta

Deiv Beh, Noyz Narcos gira tanto.

Piotta Gira tanto…però Fibra va primo in classifica, i Club Dogo secondi e, per come viene percepito a Roma, ti verrebbe da dire Noyz Narcos almeno terzo. E invece Noyz Narcos in top ten non c’è e non per colpa sua. A Milano c’è la discografia ufficiale, a Roma invece ci sono le etichetti indipendenti, ma le grandi major non ci sono più. C’è tanta libertà creativa ma di fatto manca quel potere commerciale e promozionale che permette di fare quello scalino in più.

Deiv Beh, Noyz è su major, è distribuito Universal…

Piotta Ma guarda ormai non vuol dire più niente. Il fatto che sei distribuito major vuol dire che c’hai un marchio dietro al cd e basta. Siamo tutti distribuiti majir, io, Narcos, Co’sang, etc… Se vuoi entrare nei negozi, per veder venduto il tuo disco, devi passare dalle major. Loro hanno le chiavi di questa cosa. Loro sono l’impero. Ma così guadagnano solo loro, prendono e non danno un cazzo, anzi riducono il rischio concorrenza sui loro artisti.

Deiv Ma, secondo te, perchè si è andato ad acuire, in questi anni, in Italia, questo scollamento tra l’underground ed il mainstream? Perchè nel resto del mondo non mi sembra che le cose vadano in questa maniera.

Piotta Ripeto, la discografia è a Milano, non è campanilismo è un dato di fatto! Calcola che mia madre era di Milano per cui pensa quanto amo quella città. Ora, non potendo rappresentare una città sola, per quanto importante, l’intero paese ecco che alcuni artisti non riescono ad avere la giusta visibilità, “relegati” nel proprio territorio. Pensa a Stokka e Buddy, loro sono di nicchia, eppure spaccano, hanno potenziale, non parlano nemmeno in dialetto, potrebbero tranquillamente aspirare alla top ten. Ghemon è andato a vivere a Milano, chissà che il prossimo salto non lo faccia lui. A Roma la discografia c’è stata fino agli anni ’90. Chi è uscito? Tiromancino, Niccolò Fabi, Silvestri, Gazzè, e poi nell’hip hop il Colle (che in quegli anni stava con la EMI), io, i Flaminio Maphia. Prima c’erano le etichette che negli anni ’90 hanno sfornato una ventina d’artisti, di cui due-tre nomi enormi, una decina medi-buoni-molto validi e poi di 4 o 5 che sono andati a sparire ma che in quegli anni hanno dato, ora a livello nazionale chi c’era c’è e chi non c’era “se lo pja ner culo.

Deiv Ok. Quindi, detto questo, che ruolo assume il MEI nel 2010?

Piotta Il MEI, proprio perchè la situazione è questa, ambisce ad essere il punto di riferimento per chi invece è indipendente, fieramente indipendente, e che crede che le major non servano più a molto ma che anzi campino sui fasti del passato. Il MEI è l’unico antagonista credibile a quello che è il mercato imperante in mano alle major. E non per meriti, ma perchè è giocato sul ricatto. Le major hanno i negozi, hanno la distribuzione, hanno i contatti con le radio. Perchè la radio non passano gli italiani, passano gli stranieri. Praticamente quindi, è una sorta di dittatura culturale. Come terza opzione c’è quello che resta dei centri sociali, che negli anni ’90 hanno rappresentato il terreno fertile per gettare il seme della musica alternativa di qualità, e penso a tutti quei gruppi o tutte quelle situazioni che ne sono emerse e che comunque sono vicini al MEI come noi lo siamo a loro, non certo alle major.

Deiv Alla luce di quello che ci siamo detti, ti lancio una provocazione: non credi che i centri sociali abbiano abdicato al loro ruolo di avanguardia cultural-musicale che avevano negli anni ’90?

Piotta Secondo me sai che c’è? Che i centri sociali sono meno uniti di prima, adesso ogni centro sociale fa un po’ storia a sé mentre prima rappresentavo un circuito, la prima vera rete di distribuzione per un artista, un’idea o un movimento più unitario. Funzionavano da megafono per gli artisti. Per me comunque restano fondamentali ed infatti ci suono spesso e volentieri.

Deiv Ok, Tommaso ti ringrazio davvero.

Piotta Grazie a voi, ci vediamo a Faenza.