In tutti i campi esistono due livelli di eccellenza: ci sono i fuoriclasse e ci sono le rockstar. Nel calcio Roberto Baggio è un fuoriclasse e David Beckam è una rockstar, nello skate Rodney Mullen è un fuoriclasse e Tony Hawk è una rockstar, nell’arte, senza ombra di dubbio, Jean-Michelle Basquiat è stato una rockstar.
Tamra Davis ha diretto questo film-documentario che, rispetto al film “Basquiat” di Julian Schnabel (che comunque a me è piaciuto), ci permette di toccare con mano la vita di questo artista attraverso filmati originali, interviste alle persone che hanno ruotato intorno a lui e soprattutto un’intervista che era rimasta inedita per più di vent’anni.
Il film parte dalle origini del fenomeno Basquiat ovvero da quando era principalmente un poeta urbano conosciuto come Samo© determinato a diventare famoso, mostrando in modo coinvolgente la New York degli anni ’80 e la condizione di barbonaggio nella quale viveva l’artista.
Si passa poi ai primi pezzi venduti per poche centinaia di dollari, fino alla consacrazione rafforzata anche dalla sua amicizia con Andy Wharol.
È interessantissimo vedere come nel momento di picco della sua carriera viva la vera e propria vita della rockstar, tra party, sfilate e abusi di droghe.
E, così come successe ad Elvis, il culmine della sua carriera coincide anche con il suo declino ed infine, da rockstar, muore a 27 anni e, come Jim Morrison e Kurt Cobain, ed entra definitivamente nel mito.