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Mala



Nel ricco calendario di eventi del fine settimana (Tormento, Hercules & love affair, Crookers) spicca sicuramente l’evento di Mala, ospite questo venerdì all’auditorium Flog assieme ad Andrea Mi, Numa Crew e Biologic. A fianco dell’evento alla Flog, si segnala l’incontro organizzato da Red Bull Music Academy (Casa della Creatività, ore 18, INGRESSO GRATUITO) in collaborazione con lo stesso Mala, una info-session dedicata ai giovani produttori italiani.

Sicuramente una bella occasione per carpire qualche segreto ad uno dei maestri del genere.
Il personaggio in questione ve lo presenta lo stesso Andrea Mi, collega di Controradio, mente di Mixxology e appassionato di qualsiasi cosa contenga anche lontanamente il lemma “dub”.

A voi.

Andrea Mi So che hai lavorato molto con la Red Bull Music Academy in questi anni. Quando avete iniziato a collaborare e quale è stata la ragione che vi ha fatti trovare?

Mala Credo che il mio primo contatto con Red Bull sia stato nel 2007, quando mi invitarono in austria per un talk. Era una conversazione informale sul divano tra me e il pubblico, nella quale io parlavo del mio lavoro con le etichette dmz e deep medi. L’ho trovata una cosa molto interessante perché quelli dell’academy invitano artisti noti, ma anche dei quasi sconosciuti, a incontrare e collaborare con giovani produttori, musicisti e dj che arrivano da ogni angolo del mondo, ognuno con un bagaglio di esperienze diverso. Dopo quell’inizio la Red Bull Music Academy mi ha invitato come docente nella edizione che si è tenuta a Barcellona nel 2008. Lì ho avuto la conferma che l’Academy lavora alla costruzione di una vera e propria comunità di artisti che vogliono condividere la propria creatività. Mi sento fortunato per aver potuto incontrare un sacco di ottimi musicisti in quelle occasioni. Per quanto mi riguarda ho provato ad essere onesto nel raccontare quello che faccio, ciò in cui credo… E’ fondamentale essere onesti soprattutto con le generazioni piu giovani che spesso vengono sfruttate per la loro creatività da gente che si fa pochi scrupoli. Io ho provato a motivare tutti a fare la propria musica, a creare la propria etichetta, soprattutto oggi che attraverso il web diventa più facile imparare velocemente a fare le cose.

Andrea Mi Con il resto di DMZ hai anche partecipato al loro Culture Clash event. E’ chiaro che sei un devoto della sound system culture ma forse non avevi mai fatto un clash prima di allora…

Mala E’ stato molto divertente. Inizialmente ci hanno contattato proponendoci questo incontro che non doveva essere propriamente un clash ma uno showcase per promuovere la cultura dei sound system. Oltre a noi erano stati chiamati Trojan, Soul II Soul, Metalheadz… Per me era un privilegio immenso essere nella stessa line up con quei sound system che mi avevano ispirato per tanti anni. Poi, una settimana prima dell’evento mi arriva una mail che dice: nel primo round sarete giudicati per la vostra selezione, nel secondo per lo stile di mixaggio, nel terzo dovrete suonare nello stile di un’altra delle crew… In quel momento ho capito che si sarebbe trattato di un clash serio. Una cosa non abituale per Dmz. Io, coki e pokes abbiamo deciso di suonare soprattutto dubplate, come accade nelle sfide vere ma abbiamo preso il tutto molto alla leggera perché ci bastava essere stati considerati all’altezza di sfidare nomi che erano già delle grandi ispirazioni negli anni ’80, quando noi avevamo poco più di 8 anni… era per noi un onore e un privilegio. Alla fine è stata una giornata importante e molto interessante.

Andrea Mi E’ proprio dalla cultura dei sound system che ti viene l’abitudine a suonare, nei tuoi set, un sacco di musica prodotta da te e mai pubblicata? Consideri i dubplate una parte fondamentale del tuo modo di pensare la performance live?

Mala In realtà credo si tratti di un fatto generazionale. Quando ero giovane ascoltavo soprattutto Jungle Music e Hardcore, il suono che veniva promosso dalle radio pirata di Londra e nei Rave. In quelle occasioni potevi sentire i dj suonare dischi esclusivi, mai sentiti prima, tanto meno nelle radio mainstream. Gente come Grooverider e Kanny Ken suonava, nei propri set, dischi che era impossibile sapere se fossero usciti, se stessero per essere pubblicati… Andavi a risentire Grooverider dopo un mese e già suonava cose completamente diverse. Accadeva allora quello che ancora prima era accaduto alla storica cultura dei sound system giamaicani che usavano suonare nei clash moltre tracce esclusive, registrate appositamente dagli artisti solo per quel sound o, addirittura, anche solo per quella sfida. Mi è venuto normale pensare qualcosa di simile per i miei set, anche perché non mi reputo un grande dj dal punto di vista tecnico e quindi, mi sono detto che ciò che poteva distinguere un mio set da quello di qualsiasi altro dj erano proprio questi dischi speciali che solo io e Coki abbiamo. Abbiamo iniziato a collezionare questi dischi sin dal 2003, quando cominciavamo ad uscire come DMZ sound… e ancora questo viaggio continua.

Andrea Mi Returno to Space, uscito nel 2010, è il primo album a firma Digital Mystikz. Che punto rappresenta nella vostra carriera?

Mala Trovo interessante che non sia un vero e proprio album ma, soprattutto, una collezione di singoli che avevamo fatto uscire negli ultimi anni. Certo è una tappa fondamentale anche per il fatto che si tratta di un triplo vinile, con un importante lavoro sull’artwork. Ragionando su questo penso a come spesso i media e le riviste, oltre che le radio, si sentano offese dal fatto che non accettiamo di spedire copie promo delle nostre uscite per avere delle recensioni e spesso arrivano a cancellarti la richiesta di intervista perché una copia gratuita del disco non arriva sulle loro scrivanie. Per fortuna la nostra distribuzione ci supporta pienamente la nostra visione. Non ci piace molto lavorare alla promozione di quello che facciamo, usando slogan abituali tipo “questo è il miglior disco che vi può capitare di sentire in giro. Dovete Comprarlo”. Cose del genere per me sono propaganda, veicolano il falso e ti danno un’idea di come i media trattino la tua musica. A noi piace stampare i dischi, far uscire la musica, farla girare ed aspettare che sia chi la ascolta a farsi una sua propria idea. Per noi, Dmz è fare solo le cose nelle quali crediamo, senza compromessi. E’ musica più di ogni altra cosa.

Andrea Mi Mi piace molto quando il tuo sound incontra quello di altri artisti anche molto diversi da te. Tra i tuoi remix considero splendidamente riusciti quelli per Grace Jones, Love you to life, e Andreya Triana, A town Called Obsolete. Come sono nate queste collaborazioni?

Mala Il remix per Grace Jones è arrivato in un momento in cui avevo molte difficoltà in studio, non riuscivo a tirare fuori il suono che volevo, mi sentivo in crisi creativa. La richiesta a lavorare per il remix di quel pezzo è stata una specie di benedizione. era un privilegio lavorare con lei, potere avere le registrazioni pulite di due mostri come Sly & Robbie che avevano messo il basso e la batteria in quel pezzo. Ho lavorato molto duro per due settimane per riuscire ad ottenere un suono che fosse nuovo. Non mi interessava che fosse dubstep o qualsiasi altra cosa. Quando ho saputo che il risultato piaceva a tutti ho avuto la conferma che bisogna sempre amare e credere molto in ciò che si fa. Nel produrre musica metti tutto te stesso e, alle volte, puoi sentirti un pazzo perché le ragioni per le quali crei la musica sono davvero molto astratte, le trovi quasi sospese nello spazio (da qui il titolo del nostro album, per l’idea di tornare in uno spazio che ti è familiare ma che, al contempo, è ancora molto aperto). Ricordo di aver conosciuto Andreya Triana molti anni fa al Sonar di Barcellona. era da poco uscito il suo disco prodotto da Flying Lotus e le feci sapere che quel lavoro mi aveva colpito molto per la potenza e l’energia che ci sentivo dentro. Le dissi che amavo la sua cove e mi sarebbe piaciuto molto registrare qualcosa in studio con lei. Al momento mi rispose che non aveva tempo, era molto occupata. Due mesi dopo mi è arrivato un messaggio nel quale mi dava la sua disponibilità. E’ stato così che ho scoperto una persona straordinaria. Siamo diventati molto amici, abbiamo iniziato a scambiarci la musica. A quei tempi lei lavoravo all’album che sarebbe uscito su Ninja Tune. Proprio l’etichetta dei Coldcut mi ha scritto per propormi un remix su un pezzo di Andreya. E’ successo che non ho fatto in tempo a consegnare il remix per l’uscita del singolo perché, ad un certo punto, ho perso il file sul quale stavo lavorando e ho dovuto ricominciare tutto daccapo. Alla fine ce l’ho fatta e alla Ninja hanno amato molto quel remix tanto da inserirlo nella raccolta uscita per i 20 anni dell’etichetta. e’ stato un onore per me dato che sono stato ispirato dai dischi di quella etichetta a lungo. E’ divertente come le cose girano e girano…

Andrea Mi Il recente remix per “Restructured to Rebuild” per il Moritz Von Oswald Trio mi pare un esperimento magico. Che tipo di collaborazione è stata quella con la mente dietro Rhythm & Sound? E quei progetti hanno avuto importanza per la tua formazione da producer?

Mala Ho conosciuto Moritz attraverso la Red Bull, nel 2008 a Barcellona. Stava tenendo una conferenza per l’Academy e trovavo estremamente interessante ascoltare le parole di un musicista che mi aveva tanto ispirato negli anni spiegare cosa faceva e come lo faceva. In quella occasione ho realizzato che ci sono alcuni musicisti che sono profondamente ispirati a trovare la propria attitudine rispetto alla produzione musicale e da quella derivare un approccio al suono dal punto di vista creativo ma anche manageriale. Ricordo ancora l’energia che sentivo nelle sue parole. Mi piaceva cercare di capire come Rhythm & Sound sentono la musica. Le frequenze che usano sono incredibili. Il loro suono è scolpito in maniera perfetta, non potrebbe essere in nessun altro modo. Ero totalmente in fissa con le loro uscite e mi sono cercato tutte le stampe originali. In quella occasione abbiamo avuto una conversazione lunga e profonda e dopo il suo live spagnolo ci siamo detti che avremmo voluto fare qualcosa assieme. Siamo rimasti in contatto negli anni e, ad un certo punto, mi è arrivata una mail di Moritz che mi chiedeva di ricostruire una sua composizione. E’ stato una benedizione ricevere i suoi suoni e avere la libertà di interpretarli senza nessun vincolo, dato che non c’era nessuna aspettativa sul fatto che il remix dovesse suonare in un certo modo o in un altro. La situazione ideale è avere anche con gli altri la stessa libertà che sento quando compongo la musica per me. La mia percezione della musica di Moritz era così alta perché passava dalla estrema qualità sonica del suo lavoro. Il fatto che sia piaciuto a quelli di Onest Jon’s mi rende felice. Ho fatto un disco che farò ascoltare con orgoglio alla mia famiglia.

Andrea Mi Credo che ci siano molti elementi in comune tra la tua musica e quella di Von Oswald. Soprattutto un approccio minimalista al suono, scolpito attraverso pochi elementi essenziali. Pensi sia una coincidenza o il risultato di un approccio simile nel lavoro di studio?

Mala Quando compongo la mia musica mi piace sentire lo spazio tra i suoni e adoro conservare una specie di purezza del suono. Mi piacciono molti tipi diversi di musica e tutti mi ispirano. Forse il mio stile minimale deriva dal un approccio al lavoro di studio nel quale mi concentro su pochi elementi essenziali, come il groove per esempio, ma anche dal mio modo di essere come persona. Fare musica, per me. è una cosa molto astratta. Non so da dove venga veramente. Se mi chiedi come ho fatto quel pezzo cinque anni fa, a cosa mi sono ispirato, io non so risponderti. Non si tratta necessariamente di una cosa mistica o criptica ma di un flusso d’energia che tu connetti alle frequenze in certe dimensioni particolari. Mi capita di ascoltare la musica di certi artisti che mi pare non appartenere alla nostra dimensione quotidiana ma a qualcos’altro. Eppure noi la ascoltiamo qui, percependo le frequenze senza il bisogno di vederle, magari in maniera inconscia. E’ per queste ragioni che spesso trovo insensato ragionare su come vendere la mia musica. E’ una cosa che potrebbe non avere senso. Si tratta solo di condividerla con la gente e di far girare un’energia capace di rinnovarla, di farla andare oltre.