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Voglia di vincere



Regia di Rod Daniel
USA 1985

Sensazione strana. Sensazione di rivalsa verso chi, ancora, ci ha strappato di mano la vittoria. E’ il trucco più vecchio del mondo: prendete uno sfigato, neanche troppo sfigato, e fatelo diventare l’eroe del momento. Questo escamotage lo hanno utilizzato quelli della Marvel: Superman e Spiderman sono chiari esempi della strategia in questione; con molte meno ambizioni, è ricorso a questo anche Jeph Loeb (guarda caso autore di fumetti) nel 1985 con Voglia di Vincere.
Martyn (Scott, nella versione originale) è un poco brillante studente ed un altrettanto medio sportivo. Vive la sua vita in bilico tra la mediocrità ed il fallimento, fino a quando non scopre di essere speciale. Una specialità che non soltanto lo rende migliore, ma gli permette una rivalsa sociale fino a quel momento impensabile. Il suo dono è quello di avere il gene della licantropia: qualche pelo in faccia et voilà, l’eroe (infelice) è servito.
Il film è piacevole ed ha il merito d’aver lanciato Michael J. Fox; la pellicola, infatti, con l’unica eccezione del mercato italiano, precede il grande successo di Ritorno al Futuro (Ave! Ave! Aveeee!).
Ovviamente l’estetica aggressiva dura quel che dura e presto ci si rende conto che due peli (o qualsiasi personaggio si decida di indossare) non sono sufficienti a redimere l’insicurezza. Non resta che scegliere: continuare a nascondersi dietro la posticcia identità sociale, oppure essere se stessi, timidi, stupidi, brutti e imperfetti, ma spaventosamente veri e affascinanti.
Il film, sono sicuro, vi aiuterà a decidere. Oppure vi farà sorridere, che di questi tempi è mica poco.