Clicca qui per vedere il Fotoreport della serata
Nonostante quello che si possa pensare, non è un momento facile, questo, per gli Herbaliser. Il salto nel buio rappresentato dal passaggio all’etichetta berlinese K7 dopo quasi 20 anni su Ninja Tune non ha dato i risultati sperati.
Per ora.
Anche dal punto di vista artistico le cose non vanno benissimo: la giovane cantate Jessica Darling, voce principale su “Same as it never was“, ultimo disco del duo, è stata ben presto allontanata dalla band (questioni di egotrip, dicono i bene informati) e la rivoluzione dubstep si è abbattuta, nel bene e nel male, anche su di loro.
Pare infatti che a Londra il loro sound non sia più così trendy.
E allora ecco che, nel camerino del Viper Theatre, dopo il loro dj set, Ollie Teeba e Jake Wherry, rispettivamente dj/producer e chitarrista/bassista della band, si lasciano andare ad una lunga onesta confessione…
I risultati di quella confessione sono qui sotto. È un’intervista abbastanza particolare questa, frutto dell’intimità e del bel clima che si era venuto a creare nel backstage del club delle Piagge. Più che un’ intervista vera e propria, è una sorta di “sfogo registrato”. Non capita spesso che un musicista di questa fama si lasci andare ad interviste così sincere.
Gustatevela, e attenzione al fattore nostalgia, sempre in agguato.
Quando ci siamo accasati presso la Ninja Tune, tutta la scena musicale era dominata dalla house e dalla techno, già a partire dalla fine degli anni ’80…
Stiamo parlando, all’incirca, dei primi anni ’90 giusto?
Esatto. Diciamo del periodo compreso tra l’88-’89 ed il ’94-’95. C’erano ovviamente anche altre persone che stavano facendo cose interessanti, ma quello che ti dava le chiavi dei club, chiaramente, erano la house e la techno. C’era chi sperimentava con i bpm, come nel caso della drum n bass o nel caso di tutte quelle cose “dubbettose” o downtempo che, in seguito avrebbero dato, parzialmente, il via a fenomeni come il trip hop… e poi ovviamente c’era la nascita di quello che sarebbe diventato il big beat.
Quindi all’epoca la scena era molto viva e variegata.
Adesso invece c’è un solo sound di successo (dubstep, appunto) e tutti che rifanno quel suono. È noioso. E la gente si annoierà e vorrà sentire altre cose. Questa è la cosa principale. Attenzione, non sto dicenco “voglio che quel suono muoia e sparisca”, voglio solo che tutto non suoni così simile. Inoltre non c’è più il verso di sentire il suono di uno strumento. Neanche di quelli campionati, che è poi il motivo per cui mi sono innamorato dell’hip hop, l’unione del vecchio col nuovo. Come quando campioni un pezzo jazz vecchissimo, lo tagli, e poi gli metti sopra una drum machine nuovissima con un beat potente. Adesso tutto quel che senti è uscito da un computer. E non c’è niente di sbagliato in questo, ma dev’esserci spazio anche per altre cose!
Sai, abbiamo fatto una data, a Londra, con MF Doom, e c’erano persone, nel pubblico, che semplicemente ci osservavano con gli occhi pallati, come se non avessero mai visto nessuno suonare un sassofono. Devo ammetterlo, ci siamo sentiti veramente “strani”. Credo sia una cosa vergognosa. Allo stesso tempo mi rendo conto che sto facendo un’intervista molto negativa, confessando qui le mie frustrazioni.
Beh, non dovresti essere frustrato. Sei un musicista di successo, almeno secondo il mio punto di vista.
No certo, la frustrazione è data solo dal momento. Non stiamo ricevendo molte richieste per suonare a giro e quindi… non è facile. Soprattutto se, come noi, ormai sei a giro da quasi vent’anni. Anche arrivare ad esser pubblicati in tutti quelli che sono i magazine musicali con una distribuzion ragionevole è diventato difficile. Almeno in Inghilterra. Tutto quello che ti sto dicendo è riferito all’Inghilterra. Il mercato musicale una volta era così “aperto” mentre ora sembra semplicemente molto molto controllato. E secondo me questo si spiega in un gruppo di poche persone che decide il gusto musicale di tutta la nazione…
Allo stesso tempo però, se ci pensi, non c’è mai stata tanta musica in giro come al giorno d’oggi.
Si ma non c’è varietà! Se guardi le classifiche c’è solo gente che proviene da X-factor o da un talent show…
Si, ti assicuro che qui in Italia sta avvenendo lo stesso.
E sono tutti con l’auto-tune, non ci sono più voci naturali… la musica pop è tutta fatta col computer non c’è più il verso di sentire una chitarra per esempio.. a parte che tu non senta un gruppo emo e ok, loro ovviamente danno molta importanza alle chitarre, ma a parte loro.. ed anche loro, comunque, hanno un suono molto processato. Tutto adesso suona troppo-prodotto (over produced) troppo processato (over processed) e di fondo non c’è più spazio per i suoni naturali. Ovviamente sto parlando per quello che è il mio gusto personale.
C’è da dire anche che, nel pubblico, non c’è poi tutta questa curiosità nell’andarsi a sentire cose nuove o diverse.
Beh ci stiamo rivolgendo alle nuove generazioni…
Credo che il protagonosta principale di questo cambiamento sia internet. Tutto ora è facilmente accessibile ma anche facilmente dimenticabile.
Quello che è successo, e me ne accorgo suonando nei club, è che la soglia di attenzione si è abbassata drasticamente. Ad esempio, recentemente abbiamo suonato in Romania ed il pubblico sembrava disposto ad ascoltare qualsiasi cosa, che è una cosa buona. È vero anche, però, che dopo 5 o 6 minuti tutti si stufavano di qualunque cosa io potessi suonare loro. Stanotte ad esempio (si riferisce al suo dj set al Viper Theatre) ho fatto anche una session latin ed una reggae… ecco in quel club in Romania non avrei potuto suonare più di uno o due pezzi del genere, altrimenti la gente avrebbe cominciato a dirmi “cambia!” “suona qualcos altro!”
Quindi al momento le cose non sono facili né divertenti. Però crediamo molto nella qualità della nostra musica e nel fatto che, se il tuo prodotto è buono, probabilmente ti tornerà indietro con dei buoni risultati. Voglio dire, quando ero giovane, mi piaceva molto l’hip hop e l’ho visto cambiare sempre, essere di nuovo la cosa più fica per poi non esserlo più, decine di volte, continuamente. Ricordo un tizio che, agli inizi degli anni ’90, mi venne a dire”perchè perdi tempo con l’hip hop? Ormai è fuori moda” riferendosi ovviamente a quello degli anni ’80. Quindi per lui era una moda finita. Peccato che nel giro di due o tre anni l’hip hop finì per diventare il genere musicale più venduto al mondo.
Ma ovviamente tutto ha un costo.
Pensando a come è cambiato adesso… voglio dire, tutto cambia nel tempo ma così… penso a quando ero ragazzino e l’hip hop era la mia cosa. Era la mia tribù. Il calcio mi faceva schifo. Ed era una cosa nostra. Gli altri non la potevano capire. E gli altri veramente non la capivano. Al tempo i graffiti, ad esempio, erano descritti molto negativamente, era solo vandalismo. Non si poteva neanche iniziare una conversazione sui graffiti parlando vagamente di arte.
Non c’era proprio verso.
E la gente che ti diceva “perchè porti quegli strani lacci alle scarpe?” Tu non fai parte di questo, non puoi capire. E se incontravo qualcuno per la strada che portava i miei stessi lacci, allora sapevo che era parte della mia tribù. Adesso non succede più questa cosa, tutto è diventato di tutti. Ricordo, da ragazzino, un altro ragazzo con questo tipo di lacci che mi diceva “Perchè ascolti l’hip hop? Fa schifo!” Ed io pensavo “E allora quei lacci che te li metti a fare?”
Questi sono per noi, non per te!
Ovviamente ti parlo di roba di ragazzini, ma sai, per capirsi… anche perchè adesso questo sentimento non esiste più. Tutto è in tv, sempre, a qualsiasi ora… è diventato per tutti. Adesso la gente non sa più com è fatto il vero hip hop e si becca tutta quella merda. Non sto dicendo che l’hip hop non si possa fare col sintetizzatore o che si possa fare solo campionando vecchi dischi… ma per me la forma d’arte originale nasce col dj che suona due copie dello stesso disco… il break di uno e poi il break dell’altro… e così via… la cui estensione naturale è il sampling (campionamento). Per me quella è la forma artistica originale e va preservata.
Un po’ come nel jazz no, puoi avere tanti tipi diversi di jazz, ma ci sarà sempre qualcuno che cercherà di tenere in vita il dixieland o lo stile di New Orleans.
Perchè è importante.
Fa parte dell’eredità che passeremo ale prossime generazioni. Per le quali qualcosa che ha un anno è già vecchio! Voglio dire, anche io sono stato quindicenne, e certe cose le posso capire, ma, appunto, quando avevo 15-16 anni, quello è il periodo in cui ho cominciato a ricercare dischi vecchi per capire cosa c’era dietro e fondamentalmente capire l’hip hop.
E quindi arrivi a James Brown e ne capisci l’importanza.
Perchè il momento in cui la musica diventa interessante è il momento in cui cominci a guardarti indietro, a guardare cosa c’era prima. Sai, quando ero piccolo, anzi, prima ancora che nascessi, mio padre era un appassionato di rock, che poi si spostò sul blues. E quello, per me, ragazzino cresciuto tra il finire degli anni 70 e l’inizio degli anni 80, era il mio universo musicale. E man mano che io crescevo, gli acquisti di mio padre si spostavano verso musica sempre più vecchia, che poi diventava la mia. Forse, in realtà, è solo un segno di invecchiamento, questo mio pensare che le nuove generazioni non siano interessate ad altro che non sia “ora!qui!adesso!” senza domandarsi cosa ci fosse prima. Forse è sintomatico dell’essere teengaer questa ricerca spasmodica della “new shit” ma al giorno d’oggi c’è talmente tanta “new shit” che non c’è più spazio per la “old shit”. Sai cosa intendo no?
Ovviamente.
E noi siamo decisamente “old shit” !!! (ride)
Si, però non essendo voi mai stati un nome mainstream immagino che supererete anche questa nuova tendenza.
Me lo auguro! Poi sai, a volte, quando le cose “ritornano” diventano ancora più di successo della prima volta in cui son state presentate…
Beh quando voi avete iniziato, nel 94 più o meno, il vostro sound ha influenzato molte persone, molti musicisti. Voglio dire che in buona parte è stato ripreso da altri artisti. Non trovi?
Non saprei… sono cose che si dicono e che a volte qualcuno mi ha detto… ma non ho mai sentito un grande artista dire “ah cazzo siamo stati influenzati di brutto dagli Herbaliser”. Tanta gente mi ha detto che siamo stati un’ispirazione per loro, ma non sono sicuro su quale possa essere stato effettivamente il nostro impatto sulla musica che di oggi… soprattutto su quella che si vende oggi… tutta quella roba digitale…
No, non intendevo sulle cose di oggi, però è esistito ed esiste quel suono vostro che è uscito dall’Inghilterra per tutti gli anni ’90…
Beh, sicuramente la Ninja Tune nel suo complesso è stata ina grossa influenza su diversi artisti… sai se penso a cose come Flying Lotus… lui probabilmente è stato influenzato molto da Dj Food e da Amon Tobin piuttosto che dagli Herbaliser.
Noi siamo stati decisamente pionieri per quanto riguarda il campionamento creativo (creative sampling). Quando abbiamo cominciato, la gente lavorava con Fruity Loops e si limitava semplicemente a ripetere sezioni di quattro barre.. noi invece ci siamo messi a tagliare campioni molto piccoli per poi utilizzarli in maniera creativa e quello è qualcosa per cui decisamente possiamo prenderci il merito.. non di essere stati i primi a farlo ma sicuramente di esser stati tra i pionieri di questo modo di lavorare. Anni fa quando sentivi un disco hiphop, soprattutto quelli strumentali, erano fatti sempre col solito campione ripetuto ancora e ancora e ancora.. noi invece eravamo fortemente influenzati dalle colonne sonore, dal fatto che il suono dovesse sposarsi con le immagini.
Quindi è vera questa cosa, riguardo al vostro processo creativo, che prima pensate alla scena di un film e poi pensate a come metterla in musica?
Si, si, assolutamente.
Quindi, parlando di cinema, quali sono i film che vi piacciono?
Quelli belli!
Deiv Quella colonna sonora credo sia stata campionata dai Portishead.
E da noi.
Qualcosa di Morricone?
Si si, “The Thing” (in italiano “La cosa” di John Carpenter) è una delle mie colonne sonore preferite. Che altro? “Pelham 1, 2, 3” e ovviamente “Dirty Harry” (in italiano “Ispettore Callaghan il caso scorpio è tuo“). Che sono poi le cose con cui siamo cresciuti, prima di arrivare all’hip hop, prima di metterci a fare musica. Comprai la colonna sonora subito dopo aver visto il film (si riferisce ad “Enter the dragon“) avrò avuto 12 anni, ed all’epoca avevo sentito, si e no, una canzone hip hop. Curioso come le cose si siano incontrate, dopo.</p>
State già registrando materiale per il prossimo disco?
Si, stiamo suonando assieme e raccogliendo le idee, poi cercheremo di capire quali finiranno sul disco. C’è ancora molto da fare.
Quando entrate in studio avete già un’idea di come volete che suoni il disco? O piuttosto i vostri lavori sono delle collezioni di canzoni?
Il disco più o meno prende forma mentre lo facciamo. Voglio dire, se tu lavori su un insieme di canzoni nello stesso periodo di tempo, queste troveranno delle connessioni fra di loro. E quelle che non lo fanno non finiranno sul disco. Ma in effetti il primo disco che facemmo (si riferisce a “Remedies” del 1995) è decisamente una collezione di canzoni che poco hanno a che vedere l’una con l’altra. Mentre il disco seguente “Blow your headphones” era già diverso perchè le canzoni erano connesse fra di loro: ci tenevamo ad avere qualcosa che suonasse come un album, piuttosto che come una compilation.
Chi sono Mr Chombee e Mr Quicke? (personaggi ricorrenti nell’universo Herbaliser)
Ahahahaha! Chi sono? Beh nessuno in particolare, servono solo a farci divertire con la musica. Prendiamo la nostra musica molto seriamente ma cerchiamo di non prendere noi stessi troppo seriamente. Per questo cerchiamo, nei nostri dischi, di inserire elementi divertenti: non sono mai stato un fan della musica che si prende troppo sul serio. Stessa cosa per il rap: ho sempre amato gli mc giocosi, divertenti, mentre non riesco a sopportare quelli che non fanno altro che esaltare sé stessi.
Purtroppo rappresentano la maggior parte dell’hip hop odierno.
Hai ragione, ed è sbagliato! Prima non era così. Quelli che volevano fare a botte non facevano rap. L’hip hop era, appunto, l’alternativa a quelle stronzate. Poi le cose hanno preso un’altra direzione… quello che vende è il sesso e la morte. La gente vuole sesso e morte. E questi mezzi vengono utilizzati per venderti tutto, film, libri, anche la musica ovviamente. Pensa anche al metal… io apprezzavo gruppi come i Beatnuts che facevano cose “tipo gangster” ma poi se ne uscivano sempre con un “dai stiamo scherzando!”
O anche Ice-T, l’ho sentito dire in un’intervista “beh sai io posso dire che faccio rimbalzare il mio cazzo sul muro ma, intendiamoci, sto solo dicendo stronzate, non vuol dire nulla!”
Ci sono dischi in cui i rapper prendono troppo sul serio i loro personaggi e questi sono noiosi. Meglio divertirsi! Pensa ad Eminem… lui è un grande mc ma i suoi testi sono divertenti.
L’intervista si conclude con una domanda scema, quella sul nome. Domanda che generalmente non faccio mai. Anche perchè gli stessi Herbaliser, nella cena prima del concerto, mi confessano di odiare i giornalisti che fanno loro questa domanda. Io la faccio comunque, come provocazione, ma, nell’atmosferà di intimità che si è venuta a creare nel backstage, questa cosa non passa ed io ricevo una risposta seria. Ecco quindi, la genesi del nome Herbaliser…
Quindi come ve ne siete usciti col nome Herbaliser?
Uno del nostro gruppo è un grande amante di jazz, e c’è questo jazzista tedesco che si chiama Peter Herbolzheimer. Lui storpiava continuamente il suo nome chiamandolo Peter Herbaliser. Quando ci siamo ritrovati pronti col nostro primo 12 pollici non avevano ancora un nome e decidemmo per quello. È un nome unico, che si ricorda facilmente.
Grazie, non avrei mai pensato che mi avreste risposto!
Grazie a te.
Le foto sono di Emanuela Nuvoli.