Sovraesposizione mediatica, abusi comunicativi e storpiature sonore d’ogni tipo. Il terzo millennio.
Uno schifo, diciamocela tutta. Poco spessore e zero voglia di cambiare. Una giungla piena di patologie e specie freddamente aggressive allo stato brado. Palazzi, puzzo di smog e vita artificiale scandita da messaggi scarni chirurgicamente privati delle vocali. Tutto esclusivamente passando dal sempre meno vergine terreno delle chat. Così va la vita. Accettarla o essere reietti. Prenderla come viene o rimanere nostalgici; più vicini al patetico che all’eroico.
In un panorama avvilente, comunicare è un’arte bizzarra, quasi aliena. Rara come i quadrifogli e pura come l’aria di settecento anni fa.
Quelli che rimangono, pochi, sono intellettuali idealisti, sognatori utopici, artisti, scrittori, musicisti e, talvolta, esempi cristallini di follia umana. Attraenti come i virus nelle sale d’attesa delle stazioni ferroviarie. La maggioranza decide, la maggioranza soltanto. Groviglio di carne e nervi, fisicamente dinamica quanto intellettualmente statica, morta, putrefatta; irrecuperabile. Il deserto avanza mangiando idealismi e ideologie, trasformando in dura ed informe sabbia tutto ciò che incontra sul proprio cammino.
Ogni tanto qualcuno ci prova a dire la propria. A lanciare, irridendo, un messaggio nel piatto panorama umano. A volte viene colto e consumato coi ritmi cari a questo nostro frenetico mondo, altre volte, invece, rimane lì, con l’orgoglio di una pozza d’acqua nel bel mezzo del Sahara. Puro e intonso in attesa d’esser fecondo per il contesto circostante. Ma forse è soltanto un’illusione e ciò che è distrutto non può essere ricostruito. Intanto prendetevi questo: un esempio puro dello scorrere della vita, di una vita diversa, celebrativa del genio e lungimirante.
Per tutti voi: artisti, sognatori, musicisti, poeti o semplicemente pazzi.