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L’occasione mancata dellArmadillo



In questi giorni ho avuto la fortuna ed il privilegio di vivermi alcuni giorni la 75ª edizione del Festival del Cinema di Venezia.

Ho potuto vedere tantissimi film di grandi autori, quasi tutti tra il bello ed il molto bello, ma quello su cui nutrivo diverse aspettative, La profezia dell’armadillo di Emanuele Scaringi tratto dall’omonimo fumetto di Zerocalcare, si è rivelato la delusione più grande.

Innanzi tutto ci tengo a precisare che non sono né un critico cinematografico, né tantomeno un esperto di fumetti, ma da grande fruitore di entrambi i medium, penso di avere qualche competenza per poterne parlare.

Chiariamo subito che il film non è di Zerocalcare, ma di Emanuele Scaringi, come ha ampliamente sottolineato il fumettista stesso su tutti i suoi canali, ma le aspettative che avevo erano prevalentemente nate dal fatto che finalmente in Italia veniva prodotto un film tratto da un fumetto italiano importante, dove tra l’altro aveva anche contribuito l’autore stesso alla stesura della sceneggiatura.

Purtroppo però si tratta di una grandissima occasione mancata. Per tutti.
E proprio perché ci tenevo, mi spiace tantissimo che il cinema italiano non possa annoverare tra i suoi cult una pellicola del genere.

Le intuizioni ci sono, si percepiscono dal primo istante, ma la percezione costante è che sia tutto in qualche modo sbagliato.

Il film ha due grossi problemi: il protagonista e la regia.

Che Zerocalcare non ci sia dietro (purtroppo o per fortuna) si intuisce da subito. Il film inizia infatti con una sequenza animata che non è disegnata da lui. Prima delusione. Nel senso, se non hai i suoi disegni, non mettere la sequenza animata.

Altra cosa estremamente fastidiosa è l’outfit di Zero, il protagonista del film, interpretato da Simone Liberati (attore decisamente più adatto a ruoli drammatici che comici, cosa che non fa mai empatizzare con lui, al contrario dei fumetti), che per tutto il film indossa l’iconica t-shirt di Zerocalcare, che intuiamo non essere sempre la solita dal colore del teschio che si alterna. Peccato che l’outfit “uniforme” funzioni bene nel linguaggio fumettistico, non in quello cinematografico (a meno che non ti chiami Wes Anderson e dirigi I Tenenbaum).

Altro cosa che mi ha disturbato non poco sono le citazioni totalmente fuori fuoco dell’immaginario di Zerocalcare, come l’amico immaginario armadillo (interpretato da Valerio Aprea che paradossalmente funziona, per quanto ci sia pochissimo ed assolutamente non contestualizzato) o la guardia forestale al posto della polizia (che è forse il punto più basso del film). Secco invece, interpretato da Pietro Castellitto è una delle note più positive del film.
A mio avviso avrebbe dovuto interpretare lui Zero.

Inoltre nel film ci sono diversi buchi incomprensibili, forse di montaggio (Perché Zero parla francese? Che lavoro fa? Perché viene licenziata la collega? Etc) e non riesce a far ridere quando potrebbe o ad emozionare quando servirebbe.

Infatti l’impressione più netta che ho avuto dopo la visione è che il film non riesce ad essere né carne e né pesce.
Con la sceneggiatura che c’è poteva essere o un film schizzato e lisergico o un film più classico e realistico, ma così rimane un film wannabe che lascia una sola sensazione: delusione.

Che peccato!