Ci fu un giorno in cui nacque la poesia. Tuttavia sarebbe più corretto dire che quella volta essa non nacque, ma venne svelata agli uomini. Era una giornata di cui non conosciamo i dettagli, ma io me la sono sempre immaginata soleggiata, con il passaggio rapido di qualche nuvola di tanto in tanto, spinta dal vento del monte Elicona. Davanti ad una schiera di pastori e mucche riuniti per il pascolo, apparve una coppia di giovani donne:
“Pastori avvezzi ai campi, mala stirpe, schiavi del ventre,
noi sappiamo dire molte menzogne simili al vero;
ma poi, quando vogliamo, sappiamo narrare anche il vero”
A raccontarlo è uno di quegli uomini, che di lì a poco sarebbe diventato il primo poeta della storia umana, il primo che come tale viene riconosciuto e si riconosce: Esiodo.
“Così dissero le figlie del grande Zeus, abili nel parlare;
e come scettro mi diedero un ramo d’alloro fiorito,
dopo averlo staccato, meraviglioso; mi ispirarono
il canto divino, perché cantassi ciò che sarà e ciò che è;
mi dissero di cantare la stirpe degli dèi immortali,
e loro stesse, al principio e alla fine del canto.”
Queste due donne, figlie di Zeus, sono le Muse, coloro che, dal sacro monte di cui sono custodi, danzano con grazia attorno alla fonte scura della vita e poi, nascoste da veli di nebbia, si muovono nella Notte per cantare il grande Okeanos e la nera Nyx. La notte e il mare, da sempre i compagni prediletti dei poeti.
Qui ha inizio la poesia. E’ il proemio della Teogonia di Esiodo. Qui ha inizio anche l’ultimo disco di Murubutu: “Tenebra è la notte ed altri racconti di buio e crepuscoli”.
Probabilmente molti di voi non conoscono né quello di cui ho appena parlato, né gli argomenti che affronterò col Prof. Mariani nel corso dell’articolo. D’altronde, purtroppo per tutti, ognuno è pastore, ma solo a volte tra essi si aggira un poeta.
Questo è il motivo per cui pochi capiranno le profondità del disco e il motivo che mi ha spinto a pensare questo articolo. Menomale che scrivo per me stesso e, forse, per i miei simili.
Tenebra è la notte ambienta ogni suo brano dopo il crepuscolo. Il buio è vissuto come la dimensione in cui la realtà cambia forma e nasce l’ispirazione di chi non trova la propria geometria durante il giorno, in cui la prepotenza del sole scandisce i confini, toglie lo spazio all’immaginazione. In questo contesto si susseguono sussurri lirici che riprendono i tòpoi (le figure classiche) della letteratura: amori perduti, solitudine, la dolcezza dei ricordi, il sovrannaturale, amori ritrovati.
Filippo: “Tutti i tuoi dischi finora hanno avuto un elemento naturale di base, prima il mare, poi il vento, ora è il turno della notte. In Nyx, l’introduzione, scegli di rappresentarla come la figlia di Caos, temuta anche da Zeus, mentre in altri luoghi della letteratura greca, in Saffo per esempio, i notturni sono momenti di pausa e tranquillità. Prendi, quindi, una direzione precisa fin dall’inizio. Dal punto di vista poetico qual è il tuo rapporto con la natura?”
Murubutu: “Sì, sono una serie di concause. Innanzitutto, la natura è un espediente di tipo narrativo. E’ un percorso che mi porta a sfidare me stesso e, quindi, sto cercando di restringere sempre più il bacino di metafore: se il mare era più ampio, il vento è un po’ più ristretto e la notte ancora di più. In secondo luogo perché mi interessava … ci sono tanti riferimenti non solo al naturalismo ma anche al romanticismo, dove la notte ha un valore particolare. Il mio scopo fondamentalmente è uno, anche se io dico che ogni album è un concept e quindi parla di tante cose diverse, in realtà in tutti i dischi parlo sempre di una sola cosa che è la sofferenza umana.”
Visto che molti pezzi del disco sono già stati pubblicati, mi concentrerò maggiormente sulla ricerca poetica di Murubutu. D’altronde questa, più che una conversazione sul rap, è un’intervista sulla scelta lirica del suo stile. Nel frattempo ecco il pezzo che ho scelto per presentarvi l’opera:
Le notti bianche feat. Claver Gold
Filippo: “Ne Le notti bianche avviene l’incontro tra un uomo e una donna, il primo si innamora perdutamente, ma non la rivede più, pur cercandola ovunque. Infine la trova e all’ultimo momento decide di fare un passo indietro, esattamente come il Frédéric Moreau di Flaubert fa con Madame Arnoux ne L’educazione sentimentale. Il gran rifiuto. C’è il rapporto con la bellezza, che resta tale finché rimane lontana da noi e poi si deteriora appena l’afferriamo. La bellezza è qualcosa che si può raggiungere o deve restare un ideale?”
Murubutu: “Per prima cosa ti dico che Flaubert è uno dei miei scrittori di riferimento anche perché, come tu saprai, è uno degli antesignani, uno di quelli che promuovono il naturalismo. Anche Zola, col suo gruppo, aveva come riferimento Flaubert, che fu fondamentale anche per Maupassant . Per quanto riguarda il pezzo in sé, il riferimento è il fatto che quest’uomo si è innamorato di un sogno e alla fine capisce che è il sogno che vuole mantenere, è di esso che è innamorato. Non è solo una questione di bellezza fisica, ma anche di immagine idealizzata che ci facciamo delle cose. Lui si è innamorato di un’idea e non vuole distruggerla o nemmeno incrinarla quindi rinuncia piuttosto a vivere per mantenerla pura.”
Filippo: “Ma tu cosa avresti fatto? Sogno o realtà?”
Murubutu: “E chi lo sa? Bella domanda. Probabilmente non avrei fatto così, nel senso che mi piace vivere. Non lo so, sinceramente, bisogna trovarcisi … perché sai, questa soluzione è il frutto di un percorso interno. Lui si è affezionato così tanto al suo percorso di ricerca così tanto, che forse è più innamorato del viaggio che dell’obiettivo.”
Filippo: “Con questa risposta mi hai dato un suggerimento per la domanda successiva che avevo in mente. Hai detto di aver narrato una cosa affascinante, il cui concetto ti appassiona ma che tu probabilmente nella vita avresti fatto qualcos’altro. In riferimento alla poesia, ad esempio Nietzsche in Così parlò Zarathustra, pur definendo se stesso un poeta, dice che i poeti sporcano e rimestano le proprie acque per farle apparire profonde. In Nietzsche c’è sempre la metafora del lago, dell’acqua profonda o poco profonda, e un altro autore, che mi è particolarmente caro, Pessoa, dice che il poeta è un fingitore, è il titolo di una delle sue raccolte più famose. Quanto dei testi di questo disco, dei tuoi dischi in generale rispecchia la tua personalità quanto, invece, è fascino, sono modi per fare arte?”
Murubutu: “Indirettamente mi rispecchia molto perché, dal punto di vista concettuale, i miei brani veicolano ansie, aspirazioni, paure molto personali tra cui quella della morte. L’espediente, il medium narrativo tuttavia mi porta ovunque. Quindi l’immedesimazione è indiretta, non diretta, e il fatto che uno scrittore sperimenti tante possibilità esistenziali è prassi. Nell’album ci sono due riferimenti a questa cosa: prima di tutto nel brano con Mezzosangue cito Kierkegaard, che come tu sai scriveva con tantissimi pseudonimi diversi proprio perché voleva esperire tantissime possibilità esistenziali, che per lui diventavano vere e proprie realtà; poi nel pezzo con Dutch Nazari e Willie Peyote lo scrittore accende il lume e inizia la bugia per l’appunto, cioè quando scrive ovviamente costruisce un mondo fittizio.”
Filippo: “Riesci a darci qualche indizio su quale sia la chiave della tua lirica, una specie di tuo manifesto poetico?”
Murubutu: “Ti rispondo secco: io sono un paesaggista del rap.”
Filippo: ” Tu fai un mestiere che fa parte del tessuto sociale, sei professore di Storia e Filosofia, volevo chiederti: si parla tanto di queste nuove generazioni, secondo me è un discorso abbastanza sterile perché è ciclico, molto spesso mi dico che mi darò uno schiaffo se a 40 anni mi accorgerò di fare gli stessi discorsi dei miei genitori sulle differenze generazionali. Insomma i giovani, un po’ per lo sviluppo tecnologico, un po’ per i tempi che corrono, vengono tacciati di superficialità, di poca abitudine sia allo studio sia alla ricerca della bellezza. Nel tuo lavoro noti tutto ciò? Il fatto di essere un artista ti aiuta a veicolare i giovani verso contenuti che non avrebbero facilmente a disposizione o che non cercherebbero nemmeno? In definitiva, secondo te c’è questa pigrizia intellettuale che viene tanto sostenuta nella mia generazione?”
Murubutu: “In linea di massima sono ottimista perché sono a contatto con delle generazioni che sì, hanno perso qualcosa ma sono ancora piene di curiosità, di volontà di scoprire, di interessi. Quindi non è che sia tutto perduto. Sicuramente hanno di fronte un contesto che gli dà delle possibilità molto limitate, poichè li spinge a costruirsi il mondo che vogliono. Mi spiego velocemente: quando io o le generazioni precedenti ci informavamo, utilizzavamo dei mezzi d’informazione che ci mettevano di fronte a tante fonti diverse , loro invece attraverso i social si costruiscono una fonte d’informazione che è fatta a loro misura, secondo i loro interessi. Quindi certe cose non vengono proposte e va da sè che non conoscono, quando sono a scuola, concetti fondamentali come quelli di destra o sinistra , quello di sistemi politici , quello di aliquota per esempio, perché? Perché non gli interessa e il loro network non gliela propone, perché è ritagliato da loro stessi.”
Filippo: “Quindi serve qualcuno che gli proponga quello che non vogliono.”
Murubutu: “Assolutamente sì e ci ringrazieranno per questo.”
Il disco esce il 1 Febbraio, che ve lo dico a fare!