Nato nel 1994 nella downtown di manhattan, Supreme è stato concepito come brand riservato ai giovani skaters newyorchesi.
James Jebbia, creatore e fondatore del brand, costruisce uno spazio assai spartano (minimalismo, sobrietà e pulizia diventeranno poi i trademark di Supreme) in un luogo relativamente tranquillo accanto a negozi di antiquariato, una caserma dei pompieri, un meccanico. Lo allestisce con tavole da skate di buona qualità accompagnando il tutto con musica ad alto volume e riproducendo video dei combattimenti di Muhammad Ali o clip di film come Taxi Driver.
Perchè proprio gli skateboard?
Perchè “It was less commercial, it had more edge and more fuck-you type stuff”
La scelta dei commessi ricade su giovani skater con un’attitudine un po’ supponente. In tal modo si permetteva, a chi ne era tagliato fuori, di dare una sbirciata alla loro blindatissima cricca. Come sottolinea il New York Times, il sottotesto era chiaro: i comuni mortali dovevano guadagnarsi il diritto di entrare a fare shopping da Supreme.
Di lì a poco arrivano le t-shirt con il logo rosso e la scritta bianca nel font Futura, e la clientela inizia a diversificarsi.
Il pittore Lucien Smith disse: “A lot of people don’t understand that this is a supersmall group of people who are just working on that original idea that it is a skate shop”
Le fotografie di Terry Richardson che ritraggono Kate Moss, Kermit la rana, Michael Jordan, Lady Gaga, Neil Young e Morrissey con indosso le t-shirt di Supreme scrivono parte della storia mentre arrivano collaborazioni con artisti che personalizzano tavole da skate, magliette e altri indumenti.
L’elenco delle personalità che hanno collaborato con Supreme negli ultimi due decenni potrebbe riempire una galleria d’arte: Christopher Wool, Jeff Koons, Mark Flood, Nate Lowman, John Baldessari, Damien Hirst. La collaborazione per la linea di t-shirt, scarpe e camicie prodotte con Comme des Garçons nel 2012 “penso abbia aperto molte porte, molti occhi” (Jebbia).
Un articolo di Vogue incorona Supreme come «lo Chanel dello streetwear».
Nei suoi oltre 20 anni di storia, Supreme non ha fatto altro che continuare ad affermare questa sua identità e attitudine unica, rafforzandola con collaborazioni con i designers, artisti, fotografi e musicisti più rivoluzionari, pionieristici e influenti dello show business.
New York Times: «Supreme prende lo spirito punk degli skater dell’era di Dogtown, il pragmatismo macho dell’abbigliamento militare, i colori sfacciati dell’hip hop e li fonde in un’estetica unica».
L’abbigliamento che produciamo è un po’ come la musica dice Jebbia. “Ci sono sempre critici che non capiscono che i giovani possono ascoltare Bob Dylan, ma anche il Wu-Tang Clan, Coltrane e Social Distortion. I giovani e gli skater sono molto, molto aperti alla musica e all’arte e questo ci ha permesso di fare le cose con una mente aperta. “
Così per le pubblicità sono state coinvolte personalità di spicco da ogni angolo del mondo dell’arte creando una comunità con una fortissima identità.
La strategia di vendita adottata da Supreme è riassumibile con una celebre frase di Jebbia: Se so che ne posso vendere 600, allora ne produco 400. Supreme rilascia infatti ogni prodotto in quantità limitatissime, generando buzz e incoraggiando i clienti a essere costantemente aggiornati. Il drop di Supreme è diventato iconico.
Negli ultimi anni Supreme ha collaborato consulle con alcune delle più importanti aziende di moda, come Nike, North Face, Playboy, Levi’s, Timberland, Stone Island, Lacoste e Louis Vuitton. Quest’ultima arriva dopo che, nel 2000, Supreme rilasciò un set di skateboard non autorizzati con sopra il monogramma della maison francese, che pare ne pretese l’incenerimento.
Nell’agosto 2016 furono venduti mattoni con il logo Supreme a 30$ l’uno. Dopo essere andati sold out nel giro di pochi minuti si ritrovavano su ebay al prezzo di $1.000.
Supreme è riuscita a trasformare il consumismo convenzionale in una sorta di appassionata venerazione che spinge le persone ad acquistare qualsiasi cosa il brand produca.