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Caso Amir, le basi dell’ Hip Hop sono andate perse?



I fondamentali della cultura Hip Hop, sono andati persi? Sinceramente sono positivo, ma li vedo sempre meno presenti nei testi e nei discorsi della gente, un tempo erano più radicati. Con il passare degli anni sono andati a scemare alcuni principi che un tempo sembravano basilari, il caso Amir è un buono spunto per una riflessione. Come per ogni cosa, anche questo movimento ha dei concetti ben saldi, alla base di tutto c’è il rispetto. Il difficile è dover spiegare che sono regole non scritte ma che sono da seguire. Non credo sia da spiegare che una persona di 20 anni più grande di te sia da rispettare, questo va al di fuori della cultura Hip Hop. Un po’ come nel cristianesimo, quando non ti si sa spiegare una cosa viene definita dogma, prendiamo queste cose come dei dogmi. 

Alcune foto e riviste che parlano di Amir

Succede sempre più spesso di vedere giovani artisti “rapper/trapper” che prima ancora di uscire con un loro progetto insultano artisti della “golden age”, facendoli passare per reperti storici. Questo non sarebbe mai successo anni addietro, ve lo vedete un mc degli anni ’90 insultare un pionere dei primi anni ’80.

Recentemente un giovane “youtuber/writer”, già fa ridere cosi, un tempo i writer si muovevano nell’ombra, doveva creare un video nuovo per il suo canale e ha pensato bene di recarsi in una hall of fame romana. Coprendo, in gergo crossando, un pezzo di Amir Issaa, writer dai primi anni 90 con lo  pseudonimo di “Cina”, scritta raffigurata nel pezzo coperto. Il ragazzo in questione, venuto a conoscenza solo a danno fatto dell’importanza del pezzo coperto e di chi era l’autore, ha fatto un video di scuse caricato sul suo canale. Gesto che denota molta serietà in lui. che ha ammesso le sue colpe e addirittura rimosso il video incriminato.

Amir con il suo libro “Vivo Per Questo”

Amir, per chi non lo conoscesse, è uno dei primi esponenti del movimento Hip Hop romano, componente della crew “The Riot Vandals”, attivo dai primi anni 90 come writer riconosciuto a livello europeo. “Vivo Per Questo”, uscito 2 anni fa per Chiare Lettere, è il libro di Amir in cui racconta la sua vita da giovane ragazzo di seconda generazione, con tutte le sue problematiche in una Roma in cui stava nascendo qualcosa di nuovo e lui ne ha sentito i primi vagiti, dando il suo contributo. Oggi Amir è un uomo maturo, che non ha dimenticato le sue origini, il quartiere dove è nato e cerca di aiutare attraverso la sua testimonianza le persone più deboli. Grazie al suo libro ha avuto modo di girare il mondo per presentarlo arrivando fino in america, dove ha iniziato a collaborare con alcuni artisti utilizzando l’Hip Hop come strumento didattico.

Foto realizzata da Enrico Rassu ritrae Amir davanti al Manhattan college

Non si tratta tanto del caso di Amir, quanto del fatto in questa era così digitale con il sapere alla portata di un click, ci si possa scusare con un “non lo conoscevo”. Nel caso in questione mi sembra normale che se un giovane writer vuole fare un suo pezzo in una hall of fame, debba parlare con qualcuno per capire dove può farlo e se può crossare altri. Sta crescendo una nuova generazione priva di basi, che sia una mancanza da parte dei grandi di non essere stati in grado di tramandarle. Sembra di giocare al gioco del passaparola, ci avete mai giocato? All’ultimo arrivava una cosa simile alla frase iniziale ma nella migliore delle ipotesi totalmente storpiata. Sicuramente l’esplosione mediatica di molti artisti associati alla cultura Hip Hop ha puntato i riflettori su alcune discipline, tralasciando le altre. Ci si dimentica sempre più spesso che sono complementari, 4 discipline che compongono una cultura, cosa detta e ridetta ma è cosi. Purtroppo vedo sempre più spesso artisti che spiccano in una disciplina e sono totalmente disinteressati alle altre.

Cina davanti ad un suo pezzo

La mia non vuole essere una critica contro i giovani che si avvicinano, anzi ben vengano, ma fatelo in punta di piedi: entrate in un mondo dove altri vi hanno apparecchiato la tavola, mi sembra educato chiedere il permesso per sedersi prima di immergere le mani nel piatto.