Eravamo d’accordo da alcuni mesi con Francesco aka Frabolo di fare questa intervista, l’idea che avevamo inizialmente era quella di berci una birra assieme e fare una bella chiacchierata. Così una sera di inizio Agosto Frabolo mi ha inviato un link dove potevo ascoltare il suo nuovo album in anteprima.
Sentirlo più volte mi ha fatto apprezzare e capire meglio l’artista e sopratutto mi ha aiutato a scegliere le domande giuste da fare.
Purtroppo per i vari impegni non siamo riusciti a trovarci, ma la chiacchierata, anche se solo al telefono c’è stata, un’ora in cui Frabolo ha parlato di ricordi, di Hip Hop e sopratutto del suo nuovo album.
Frabolo, all’anagrafe Francesco Bolognesi è nato il 31 Luglio 1987 a Pontedera (Pisa), ha all’attivo in tutto otto dischi, due E.P., ed un’infinità di singoli usciti per svariate etichette discografiche.
Venerdì 13 Settembre è uscito il suo ultimo album Epic Fail.
Questa è la sintesi di quello che ci siamo detti.
Partiamo dall’inizio quando hai cominciato a fare rap?
Non mi ricordo di preciso. Credo che alla fine io sia sempre stato attratto dal mondo delle parole; poi un giorno, ero piccolo non ricordo precisamente l’età, entrai di nascosto in camera di mio fratello più grande e trovai una musicassetta dei Sangue Misto.
Il nome mi faceva quasi paura così decisi di metterla nello stereo e ascoltarla. Da lí credo che sia partito tutto. Oltretutto mio fratello non ascoltava nemmeno quel genere lí e ancora oggi non capisco cosa ci facesse quella cassettina nella sua stanza.
Quindi hai cominciato a scrivere le tue prime rime, ma conoscevi anche tutto il movimento che c’era dietro a una cassetta Rap?
No non sapevo ancora dei dj del writing o della breack. In seguito ho conosciuto la cultura Hip Hop, una cultura che ho amato che mi ha sempre affascinato, ma credo di non averla mai vissuta. Io credo che sono in pochi ad aver vissuto l’Hip Hop, mi viene in mente Danno, i Colle Der Fomento insomma, che l’hanno vissuta magari “italianizzandola”, dando poi il punto di partenza di tutto quello che è stato il susseguirsi.
Oltre a rappare hai praticato qualche altra disciplina magari il Writing?
No no rovinerei i muri. (ride)
Per te ha ancora senso parlare di hip hop nel 2019?
Per certi versi si, ma per altri credo che abbia poco senso. Dipende poi dai tipi di contesto.
L’ Hip-Hop ė una cultura viva, dove le persone si uniscono, interagendo e confrontandosi fra di loro imparando sempre qualcosa di nuovo le une dalle altre.
L’ Hip-Hop unisce, quindi com’è possibile che questa cultura vada di pari passo con un mondo che ci vuole tutti contro tutti?
Bisognerebbe fare una rivoluzione? Come dici in Complimenti per la trasmissione?
Esatto.
Veniamo al tuo nuovo album. Quali sono state le priorità quando ti sei messo al lavoro per questo progetto?
Avevo bisogno di fare un disco senza pensare al fatto che poi sarebbe potuto piacere o meno, vendere o non vendere. Dovevo buttare fuori tutto quello che avevo dentro e lo dovevo fare altrimenti non sarei riuscito ad andare avanti.
Ho solo messo in rima tutti quei pensieri e tutti quei brutti sogni che mi stavano tormentando da ormai troppo tempo e l’ho fatto con la massima sincerità, anche a rischio di flop discografico (“Epic Fail”).
Nel brano introduttivo “Introverso” dici che ti scavi dentro e a me è venuto in mente Kaos, tempo fa aveva detto: “Faccio musica usando me stesso come materiale, non gli altri e ogni volta che prendo qualcosa di me e lo metto su un tavolo a disposizione di tutti e come se mi lasciassi un buco dentro, e quel buco rimane, non si può riempire e a un certo punto hai più buchi che materiale, e quel poco che resta lo devi tenere per se stesso”.
Io ti immagino così quando scrivi qualcosa, mi sbaglio?
No, non ti sbagli.
Una volta concluso il disco mi ė venuto un febbrone assurdo, perché ero davvero esausto. A volte mi capita di sentirmi così “consumato” dentro che non riesco a vivere bene neanche le cose più semplici ed ė proprio lì che mi domando se davvero ne valga la pena. Forse preferirei avere un carattere meno “Introverso”.
Tu quanto rifletti su quello che scrivi e sulle possibili conseguenze di quello che scrivi?
Tanto, adesso tanto.
Lo hai fatto anche sul brano Lato Positivo?
Quel brano lì l’ho scritto in un quarto d’ora, l’ho registrato in mezz’ora, abbiamo fatto il mix e il master, dopodiché non l’ho più sentito.
Il brano Brutto Sogno come è nato?
Ho semplicemente raccontato una storia su un argomento di cui si sente parlare poco e non perché il problema non sussista, tutt’altro. Vuole essere un brano di denuncia.
Perché hai scelto come primo singolo Random?
Perché ė stata la prima canzone che ho registrato dell’Album e perché oggettivamente ė la più “colorata”, il “non singolo” più singolo di tutti gli altri pezzi.
E poi perché avere gli Scratch di Dj Myke per me ė una conquista, una soddisfazione indescrivibile, un sogno che si ė avverato e che ancora faccio fatica a realizzare.
Lui ė un gigante nel rap italiano ed io sono cresciuto ascoltando le sue produzioni, i suoi graffi e tutti i suoi dischi, quindi mi sembrava anche doveroso premiare “Random” come prima canzone estratta dall’Album.
A chi ti rivolgi in “Fuori Da Gregge”?
A tutti quelli che si sentono diversi esprimendo sė stessi e a tutti quelli che si sentono in qualche modo presi di mira ascoltando il brano.
Ora farai qualche data?
Si, stiamo mettendo su qualche data. La dimensione live ė quella che più mi appartiene. Non vedo l’ora di suonare l’Album dal vivo.
Ph. Credit Jimmy Burrow