Gold XL ritorna per raccontare l’esordio di Armani Doc, Michele Donati per le forze dell’ordine, giovane rapper milanese di 23 anni. Oggi, infatti, vi parlo di Serie A, il suo disco in uscita il 22 Novembre con Think Fast Records, label da lui stesso fondata. Questi giorni di pioggia incessante mi hanno accompagnato nell’ascolto, facendomi da sfondo adatto perchè potessi sentirmi abbastanza milanese da scrivere questo articolo anche qui a Roma. Come sempre, ciò che vi propongo nel Gold XL è un brano in anteprima che ho scelto dal disco, una chiacchierata con l’autore, oltre ai miei commenti sull’artista. Fra poco sarà Doc stesso a presentarvi la title track in esclusiva, prima però occupiamoci di lui. Lo dico da subito, anche se non servirebbe: le foto sono di Fabio Zito. Si inizia.
Ho conosciuto Doc grazie a Gionni Gioielli, il quale l’ha incluso nel suo Michele Alboreto di questa estate, il pezzo era Montecarlo. Mi ha stupito subito. Voce, flow, barre e quella sensazione di freschezza che caratterizza il suo rap, capace di dare vita nuova alle sonorità old school e di dominare con ottimi risultati i beat più trap. Ricordo bene che la prima delle sue rime per cui sono saltato in aria faceva “Ho roba da dirti, la mia gang non ha un nome, quella è roba da sbirri”. Anche il nome d’arte è collegato al progetto Make Rap Great Again, infatti è nato proprio nel corso della lavorazione del disco, per il quale Doc si presentò registrando una strofa sulla strumentale di Giorgio Armani di Young Bettino Story. Piccola chicca: Gioielli preferiva Armani Milano, tanto che Doc viene creditato così nel suo disco ma alla fine ha vinto Armani Doc . Al telefono ci siamo fatti una lunga chiacchierata, quindi lascio che sia lui a parlarvi di questi suoi primi passi.
Bella Doc, sei il primo emergente che intervisto, quindi partiamo dalla base. Come sei arrivato al rap e come è nato Serie A?
“Il passaggio tra le strofe nella cameretta solo per se stessi e la registrazione in studio è avvenuto due anni fa, quando ho conosciuto Pankees, il mio producer. Per prima cosa ho registrato Berlusconi tape, in cui facevo mie strofe su beats storici del rap americano come Represent di Nas. Ero gasato per il mio primo lavoro ma era pur sempre un mixtape e volevo fare roba mia. Ho iniziato ad andare in studio e lavorare ai pezzi per Serie A, nello stesso periodo ho conosciuto i ragazzi di MRGA e da un mese e mezzo è nata Think Fast Records, prima era uno solo un mio slang.”
Make it happen è la parola d’ordine. E’ arrivato il momento di presentare il pezzo che ho scelto per l’esclusiva. E’ la title track, Serie A, ce la introduci?
“Sì, hai scelto il pezzo giusto perché ha una sua storia e racchiude l’idea generale del disco. La storia è che avevo già scritto il brano, ma decisi di rifarlo completamente il giorno della morte di Nip… Nipsey Hussle. L’ho riscritto e registrato quel giorno. Ero preso malissimo, Nipsey lo adoravo e mi è venuto così… infatti c’è anche una mia dedica. Per quanto riguarda l’idea del disco, come dico a fine brano, si tratta di passare dalla panchina alla Serie A, sia perché è la mia prima stagione vera nel Rap sia come metafora delle panchine per strada fino allo studio di registrazione e alla musica. Insomma per fare le cose sul serio con i grandi.”
E allora rest in power Nipsey Hussle ed ecco a voi Serie A. Pankees manda la hit!
Nei tuoi testi si sente molto l’obiettivo di emergere, ma come si passa dalle panche alla Serie A?
“Beh facendo… io ho intenzione di fare musica, un progetto dopo l’altro. Il prossimo disco sarà Alta moda e sarà una bomba, ma non te ne parlo ancora. A trovare le scorciatoie sono bravi gli scarsi, io sono forte frate.”
Ahi! Allora dimmi una cosa: per te che arrivi ora, ha ancora senso parlare di underground e mainstream a novembre 2019? E’ in parte una domanda provocatoria, ma qual è la differenza tra questi due mondi che, a mio parere, si assomigliano sempre di più?
“La divisione tra le due scene esiste ancora – anche se io ho sempre ragionato per singole città parlando di scene. Premetto che, come è già stato detto, c’è una categoria di artisti che sono underground perché non possono essere mainstream. Per me riguarda il modo in cui lo fai, c’è chi va in studio solo per far musica con i suoi amici e fa lo stesso decine di migliaia di ascolti, questo è underground. C’è quello che spende venti euro per un disco che verrà ascoltato da venti persone e si sente underground ma lì stai davvero su una panchina, stai fuori dal gioco, non sei underground. Un disco si può fare in vari modi e con vari obiettivi, anche se rientrare con le spese è quello di base. Nel mainstream vedi che lo scopo è incentrato sul profitto, è evidente con i featuring ben mirati a livello commerciale che si vedono in molti dischi. Come Mambolosco che fa featuring nel disco con persone che non ha mai visto perché sono cose di label. Ovviamente poi lo scopo di fare più soldi possibile con il proprio disco è comune a tutti.”
Però così un cinico potrebbe dire che la differenza vera è che il mainstream raggiunge meglio l’obiettivo.
“Ahahah beh allora mettiamola così: l’underground ha dei valori. Qui non si collabora con gente che non si rispetta o con cui non c’è un rapporto. Io comunque non sono propriamente underground, sono underrated!”
Chiaro Doc.
Vi propongo un pezzo già uscito, si chiama Cristante, potete ascoltarlo su Spotify a questo link.
A questo punto, penso vi siate fatti un’idea di Armani Doc e del perché ho voluto contattarlo appena sentita la notizia del disco in uscita. Lo ritengo uno degli emergenti con più stile in circolazione e non vedo l’ora di sentire i prossimi prodotti targati Think Fast. Penso anche che sarà la sua generazione di rapper che risponderà ad una domanda cruciale che ha sempre aleggiato in questo ambiente in Italia, cioè se anche chi fa quello che qualcuno definirebbe “vero rap” possa avere un futuro discografico serio, al di là dei soliti pochi. I tempi sono effettivamente maturi e questa resta l’ultima porta da aprire ora che il Rap, ancora più che l’Hip Hop, è il genere musicale più importante al mondo e anche in Italia se ne vedono i pur magri effetti. Potrei riportare un altro paio di estratti dall’intervista ma li tengo per me e Doc, così che non siate sazi e vi gettiate sulla sua musica. E poi sono le 6.15 esatte. Joint e a letto con l’ultimo brano del disco per voi: VDM
Serie A esce il 22, mentre noi ci vediamo il mese prossimo con un’altra perla che mi sta molto a cuore direttamente dalla mia Toscana. Che ve lo dico a fare!