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Street art

Fly Away con Exit Enter | Un palloncino rosso per volare



Sarà capitato anche a te vedere sui muri fiorentini gli omini di Exit Enter raccontarci delle storie.

Sono discreti, romantici, e ci proiettano in situazioni che inducono alla riflessione. Un utilizzo non convenzionale di simboli che catturano l’attenzione di tutti.  Gli ho chiesto di parlarmi un po’ di se stesso, di ciò che prova e come è nato il suo popolo di omini.

“Nella tua bio è riportato un pensiero che mi ha colpita immensamente: “la notte, la città deserta, i muri rotti…Non trovo situazione migliore per rendere la mia espressione viva”.  Una dichiarazione d’amore alla notte, raccontacelo.”

“Amo la notte perché solo lei riesce ad assopire la frenesia della città , dopo mezza notte,  come per magia,  le strade affollate diventano pian piano sempre più vuote;  i rumori calano, le luci si spengono  e il silenzio è rotto solo dagli schiamazzi di qualche ubriaco in cerca di affetto.
E’ in questo stato di calma  momentanea che riesco a godermi la città come se fosse veramente mia, consapevole che, nel giro di poche ore, la magia finirà . Il momento della notte che preferisco è sul finire di essa, poco prima che la città inizi a risvegliarsi, più o meno dalle 4 alle 5, io la chiamo allegramente da sempre “l’ora morta”.

“Dipingere per te è una vera e propria terapia ai tuoi problemi, cosa avviene dentro di te quando dipingi?”

“Rispondere è un po’ complicato,  io stesso non so cosa avvenga di preciso quando dipingo.
Nell’ atto creativo,  si legano insieme: pensiero consapevole, inconscio e in fine il gesto che concretizza il tutto. Molto dipende anche da cosa scelgo di dipingere.
Il processo creativo, lo sento un po’ come un fiume che scorre vicino al mio campo coltivato, le mie idee, i miei ricordi, il mio vissuto, sono le varie colture nel campo. 
Se io mettessi dei blocchi e non lo facessi fluire, questo fiume esonderebbe e rovinerebbe tutte le mie colture.
Imparando con il tempo a conoscermi e a consolidare le tecniche, costruisco dighe che portino il fiume dove io voglio per far crescere le mie coltivazioni nel modo migliore.  
Decido dove incanalare il fiume e, in base a cosa sto coltivando, posso scegliere quanta acqua far arrivare alle mie piantagioni.
Capita alle volte che piova troppo ma ogni tanto una piena è necessaria.”

“Tutti conoscono i tuoi dolcissimi “omini”, regalano cuori e fiori, sono solidali e fanno riflettere su ciò che è ora la nostra società. Come è nato “l’omino” ?”

“Ho sempre disegnato questi omini nei miei sketch book poi, in seguito ad un periodo difficile,  mi sono ritrovato a interagire sempre di più con questo personaggio che era, nei miei diari, come una specie di alter ego.
Disegnando, mi facevo delle domande e l’omino rispondeva in una sorta di autoanalisi.
Visti i risultati positivi ottenuti dalla nostra interazione, ho pensato che potesse avere un senso più ampio se lo avessi condiviso con altre persone, così l’ho liberato dallo sketch book e ha iniziato ad apparire in strada.”

“ I tuoi interventi non li troviamo solo sui muri di città in tutta Europa, hai anche dei progetti indoor. C’è una sostanziale differenza tra le vibrazioni che avverti quando dipingi per strada rispetto a quando dipingi in solitaria nel tuo studio?”

“In studio sono solo con me stesso, immerso nelle mie vibrazioni e protetto da quelle esterne.
Fuori, le mie vibrazioni si fondono con quelle del mondo circostante regalandomi esperienze preziose e mutevoli,  a seconda del contesto dove dipingo. 
La prima parola del mio pseudonimo “exit” nasce come  incoraggiamento per me stesso ma anche per gli altri ad uscire dal proprio guscio per avventurarsi alla ricerca di quelle vibrazione nuove  che provengono da fuori e arricchiscono la nostra anima.
Dipingere in strada, soprattutto negli interventi non autorizzati, è la modalità espressiva che mi fa sentire più vivo in assoluto.
Un vero e proprio esercizio zen, sono esattamente lì, in quel momento, dentro quello che sto facendo ma, allo stesso tempo sono anche recettivo verso cosa e chi mi sta intorno.

Le vibrazioni e i ricordi più intensi però, mi sono stati donati dai progetti svolti  in ambito sociale.  Dipingere con i ragazzi della 3°A di San Donnino, progettare il muro con gli abitanti del quartiere popolare Sant’ Ermete a Pisa, stare ad ascoltare le storie sulle sirene dai pescatori dell’isola di Ventotene, ideare un muro a Torre Alfina con gli amici  di Luca, un ragazzo scomparso prematuramente, tutte le situazioni in cui  ho avuto la possibilità di prendermi il tempo per vivere i luoghi dove avrei dipinto, mi regalano esperienze di condivisione reale che danno un senso molto più reale e profondo a quello che faccio.

Lo studio rimane la casa della mia creatività ma è anche un luogo mentale oltre che fisico e le stesse vibrazioni che posso trovare in studio posso ritrovarle, concentrandomi, entrando dentro me stesso, ovunque io sia.”

“Nelle tue opere spesso troviamo dei simboli, sicuramente racchiudono un messaggio ben preciso che non tutti però riescono a comprendere. Ti piace l’idea di lasciare libera interpretazione alle tue opere?”

“Gli esseri umani interpretano il mondo grazie ai simboli  e anche il mio omino usa lo stesso procedimento per esprimersi.
Usando i simboli e studiando gli archetipi, posso raccontare in modo semplice storie comprensibili più o meno a tutti, il significato del simbolo rimane abbastanza oggettivo ma la risposta emozionale è legata  all’ interazione con  esso che può cambiare da persona a persona, quindi spesso sento varie interpretazioni delle storie che l’ omino racconta e trovo sempre molto interessante ascoltarle spiegate da altri.”

“Domandone dell’anno: writer o street artist?”

“Penso sia difficile racchiudere in una categoria la mia creatività, mi cimento in varie discipline di pittura su diversi supporti quindi mi sento più a mio agio definendomi semplicemente un creativo o un artista. Il mio lavoro più conosciuto però resta quello su strada.  Negli interventi non autorizzati, adotto più o meno lo stesso metodo e le stesse regole del writing ma più che scrivere disegno, quindi cado nella definizione molto generica di “street artist”.  Prima della nascita dell’ omino  facevo più  tag che disegni, piccole K con un punto davanti che se le giri di 90 gradi sono omini stilizzati, sono anche in una crew del mio paese e alle volte mi capita di fare qualche tag,  ho sempre guardato con ammirazione i lettering e le tag e devo ringraziare molto la cultura del graffiti writing per tanti insegnamenti e per avermi ispirato a scendere in strada.

Photo Credits: Exit Enter