Paolo Colasanti in arte Gojo, romano verace, classe ’84 è un talento naturale per il disegno. In questa intervista ci racconta cosa rappresenta per lui il graffito e la sua visione circa il rispetto dei luoghi e delle superfici. Ha studiato architettura è appassionato di mitologia e da sempre impegnato in diversi progetti sociali e non.
Ti sei avvicinato alla cultura hip hop negli anni novanta, cimentandoti anche nella breakdance, ma quando hai toccato lo spray non l’hai lasciato più. Cosa rappresenta per te il graffito?
Lo spray l’ho in parte abbandonato tra il 1998 e il 2000. Non mi vedevo ancora capace su muro, quindi mi chiusi due anni a fare solo sketch per i pezzi. Ogni tanto lo usavo per fare qualche tag in giro.
Tornando alla domanda è un po’ complesso rispondere.
Per me ogni disegno ha un suo specifico significato. Negli ultimi anni mi sono concentrato su figurativi che raccontino una storia appartenente ad un determinato luogo.
Penso però che i graffiti, i miei compresi, siano in se molteplici cose, possono essere divertimento ed auto-affermazione. Una specie di “io esisto“, ma anche un grosso studio stilistico che, in qualche modo, si vanno a legare col luogo dove vengono fatti. L’idea del muro quale foglio di carta bianco su cui disegnare passa presto di mente a tutti. Si cerca sempre un po’ il modo di legarcisi.
Questo si evince in molte foto di graffiti che mettono in risalto la superficie su cui sono stati dipinti. Sia esso un muro di una fabbrica abbandonata o di un muro di recinzione di un palazzo o la livrea di un treno.
La mitologia è una delle tue passioni, ed è una forte componente del tuo stile, come hai iniziato ad inserirla nel tuo percorso artistico?
La mitologia si lega a dei concetti nella stessa maniera in cui si lega ai luoghi dove si svolge la storia. È finita all’interno dei miei disegni proprio grazie al desiderio di dipingere in un luogo e conservarne l’identità. Penso che il Genius Loci sia da tenere sempre in considerazione quando si va ad intervenire su un luogo. Per quanto sia importante dire “io esisto“, lo è anche il concetto di rispetto affinché la superficie non venga solamente utilizzata.
Sei uno di quelli che non sposa la locuzione “basta che dipingo”. Per te dietro ogni lavoro c’è un accurato studio del luogo e del territorio. Per donare al contesto urbano una perfetta armonia tra la superficie che ospita la tua opera e l’ambiente circostante. Da sempre ti muovi in questo modo o è stato un processo che hai maturato crescendo artisticamente e personalmente?
Sento il bisogno di dipingere un sacco di volte. Ma l’idea di andare sul muro e fare una cosa tanto per farla non mi fa stare tranquillo, non mi appaga.
Ci sono arrivato ragionando come ti ho illustrato nelle prime due risposte. Capendo che un muro non è un’entità senz’anima che non aspetta altro che io lo dipinga. Il centro del mondo non sono io e non siamo noi, qui e adesso. I luoghi e i muri hanno millenni di storia da raccontare.
Sei stato impegnato nell’ organizzazione di diversi eventi rinomati quali: “Write4Gold” e “Battle of the year”. Hai un forte legame con i centri sociali con cui frequentemente collabori. Sei stato uno dei soci fondatori dell’associazione WALLS operante nel settore artistico urbano della tua città e spesso sei in giro per l’Italia a dipingere. Ci racconti un’esperienza che ti ha segnato particolarmente?
Ogni esperienza mi ha segnato a modo suo perchè ogni esperienza è importante nel mio percorso di crescita e maturazione.
Un’esperienza particolare fu quella in Palestina col progetto HIP HOP SMASH THE WALLS, organizzato da Eleonora Pochi. Dove si fece un gruppo di lavoro composto dai rapper Lucci, Coez, Kento e Prisma, i Breakers Chimp, Telemare e Xedo e me come writer.
Si andò a Ramallah a collaborare con vari artisti locali, con cui sono rimasto in contatto e molti li sento quotidianamente. I rapper registrarono dei bellissimi pezzi in poco più di una settimana, facendo un disco che purtroppo non fu mai stampato. È possibile ascoltarlo online su YouTube. (Link)
Con i writers palestinesi, coordinati dal’artista/writer/calligrafo Hamza Abu Ayyash, oltre a vari muri in giro per la città, facemmo anche delle immagini per ogni canzone.
Un’altro progetto particolare fu quello che svolsi a Noril’sk nel nord della Siberia. Dove per fare il disegno di una storia locale dovetti tradurre dei testi dal russo ed altri dal georgiano. Trovai solo libri in quelle lingue che approfondivano alcuni argomenti.
A cosa stai lavorando ora? Progetti futuri?
Ci sono diversi progetti in ballo ma tutti ancora da concretizzare.
Chi vivrà vedrà!
“Speramo bene.”