Il documentario I-met-you sulla mamma che grazie alla VR ritrova la figlia morta da tre anni.
La VR permette ad una mamma di rincontrare la figlia di 7 anni scomparsa tre anni prima per una malattia incurabile e ne fanno un documentario.
Il documentario, di cui è possibile vedere uno spezzone consistente – circa 9 minuti- si chiama I met you, ed è prodotta dalla Munhwa Broadcasting.
Il montaggio del documentario sudcoreano (hey è proprio l’anno della Corea del Sud vedi qui) è perfetto: si vede la mamma che indossa il visore sullo sfondo del green screen, e quello che lei stessa vede nel visore, ovvero la bambina animata in 3D, si vedono anche le reazioni delle persone che assistono a questa esperienza come il papà e la sorellina- anche se per me resta una scelta genitoriale discutibile.
Questo continuo passaggio di punti di vista lascia ancorato lo spettatore alla realtà dei fatti: c’è una giovane donna con un visore e dei guanti che interagisce con un programma stile video gioco.
La verità, che si discosti dalla realtà sia essa virtuale o no, è un’altra: nel video vediamo una mamma che ritrova la bambina che ha perso tre anni prima.
Personalmente stavo singhiozzando dopo pochi secondi. Poco importa se la bambina aveva le fattezze da personaggio di video gioco, se correva in un prato disegnato. Era già fin troppo reale! Lo strazio e il sollievo della mamma che cerca di accarezzare la figlia mi annebbia lo sguardo anche adesso che non lo sto guardando.
Fortunatamente era in coreano, con i sottotitoli in coreano. Ma le voci che fa una mamma quando cerca di parlare con i propri figli ma è sopraffatta dall’emozioni non hanno bisogno di sottotitoli. E nemmeno di spiegazioni.
Non so come qualificherei il video, o l’esperienza immersiva.
Sicuramente la mamma in questione sembrava sollevata e rincuorata.
Immagino che sia simile all’emozione delle persone che hanno tenuto in mano le fotografie dei loro cari per la prima volta. Di come ci si siano aggrappati nella lontananza, nel ricordo. Indubbiamente si aprono mercati inesplorati perché la tecnologia non era disponibile a soddisfare un bisogno antico come il mondo: la mancanza.
Allo stesso tempo non posso fare a meno di lanciare lo spunto preso dall’articolo che mi si apriva accanto nella rassegna stampa, era su Joaquin Phoenix che riceveva l’Oscar per Joker e diceva:
“Credo che ci siamo allontanati talmente tanto dalla natura e abbiamo un punto di vista talmente egocentrico che sfruttando e distruggendo la natura, ci sentiamo in diritto di inseminare artificialmente una mucca e quando nasce il suo vitello di rubarglielo, anche se è chiaro che è un errore, un crimine…”
Ora, Phoenix è un vegano convinto e ha scelto la notte degli Oscar per parlare di specismo, ma trovo che piegare l’ordine della natura specialmente quando si parla di gestire la morte, sia una scelta da ponderare attentamente.
Quale dovrà essere la nostra bussola, ce lo dice sempre Phoenix, River questa volta:
“Corri in soccorso di qualcuno con amore e troverai la pace”.
Fonte: La Repubblica, Vegolosi