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Intervista a Oger: “I graffiti mi hanno salvato la vita”



Sul muro principale del mio ex liceo c’è una hall of fame storica, dove quasi ogni anno un sacco di pezzi grossi della scena pugliese e non aggiungono pezzi di storia; tra questi spicca un writer che merita a pieno titolo di essere definito tale.
Sto parlando di Oger, un artista a mio avviso completo, scoprirete leggendo il resto dell’intervista il motivo di questa affermazione. Ho provato a trascrivere al meglio una chiacchierata piena di ricordi ed aneddoti, con la speranza di poter trasmettervi le stesse emozioni che ho provato anche io.

Oger in Action

“I graffiti sono probabilmente la storia d’amore più lunga della mia vita.”

Oger
Ay Graffiti
Oger – AY

Come hai iniziato a fare graffiti?

“Mi sono avvicinato ai graffiti perché li vedevo per strada e li trovavo e trovo tutt’ora una delle cose più magiche che ci sia, credo sia l’unica arte libera rimasta al mondo. Vincolata in nessun modo da nessun tipo di sovrastruttura dell’arte. Vengo da Trieste e nella mia città c’era davvero poco, la scena non era molto attiva ed i graffiti che potevi trovare erano in zone molto nascoste, quindi tra virgolette dovevi andarteli a cercare. E’ stato anche quello forse che mi ha fatto innamorare di questa cosa, andarli a scovare sotto i piloni dell’autostrada, in mezzo al bosco… In un certo qual modo sentivo di aver trovato un tesoro.

Trovavo questi graffiti e li fotografavo per salvarli ed archiviarli, per poter prendere spunto da quello che vedevo. Ogni volta che li trovavo sentivo una sorta di legame con la persona che li faceva, pensare che prima di me qualcun altro si era fatto tutto quello sbattimento per fare un disegno mi faceva sentire parte di qualcosa di più grande, stavo condividendo la magia che quella persona aveva vissuto prima di me, facendo quel graffito.”

Oger Graffiti
Slovenia 2019

Quando hai cominciato?

“Ho cominciato molto presto in realtà, mi sono avvicinato già dalle medie, avrò avuto 12 anni; però il primo graffito vero e proprio l’ho fatto a 13 anni… una vita fa! Fu amore a prima vista. I graffiti mi hanno salvato la vita, avrei potuto fare tante cose peggiori e finire in brutti giri. Avere una vita meno stimolante e di conseguenza molto triste, mi hanno dato una famiglia, che sono i miei amici. Siamo una crew molto unita, questo è risaputo. Mi ha insegnato a stare al mondo.”

Oger Graffiti
Oger & Losko – Berlino 2019

Ricordi la storia del tuo primo pezzo?

“Lo ricordo ancora, il mio primo graffito l’ho fatto a Tarvisio, una cittadina di montagna nel Friuli. Questa cosa non l’ho raccontata mai a nessuno, lo sanno solo i miei amici. L’ho fatto durante le vacanze, ero andato in questo luogo sperduto con mia madre a camminare in montagna. Una cosa che mi piace molto e che adesso per questioni di tempo riesco a fare meno di quanto vorrei. In questa località sperduta c’era però qualcosa che a Trieste noi non abbiamo, un lungolinea. Quindi avevo questa casetta e li dietro passava il treno. Un pomeriggio andai ad esplorare la location e vidi dei muri enormi di cemento armato con niente alle spalle, era una magia. Pensai che lì avrei potuto provare a fare il mio primo graffito.

Tornai a casa, mia madre mi vedeva sempre disegnare, fare bozzetti; sapeva che da lì a poco avrei avuto il desiderio oggettivo e reale di creare ciò che disegnavo. Mi disse che se avessi voluto mi avrebbe accompagnato a prendere gli spray ma lei non sarebbe venuta. Quindi mia madre mi porta dal ferramenta del paese, naturalmente con una scelta limitatissima di colori e di spray, c’erano spray anni 90 da carrozzeria. Comprai dei colori mega marci, tipo nero e verde oliva.

Quella notte feci il mio primo graffito. Mia madre a 13 anni mi lasciò andare in mezzo ai binari dicendomi di fare attenzione ed andai, con mio fratello più piccolo. E’ stato magico ed ho ancora quello spray. Feci un puppet, il giorno successivo con i fondini feci delle lettere ma la prima cosa che mi venne da disegnare era un puppet. Nei graffiti guardo sempre quello; sono innamorato delle robe di New York e per me un writer per essere completo deve saper fare anche il figurativo.Tutt’ora dipingo con vernice da ferramente o negozio dei cinesi, forse la scena di Trieste mi ha costretto ad adattarmi. Sono un tipo che si ingegna.”

Oger Graffiti
OgerLubiana 2019

Per quanto riguarda il disegno e le lettere il tuo punto di riferimento è l’old school newyorkese? Chi ti ha ispirato di più?

“Sono sempre stato attratto da un tipo di graffito rispetto ad un altro. Quando ho cominciato io la gente era presa bene dai tedeschi, lettere precise e con un dinamismo di un certo tipo. Io però quella roba la vedevo fredda e non mi arrivava come arrivava ad altri. In un certo qual modo mi ritrovavo di più in ciò che vedevo sui libri. Tra l’altro per la nostra crescita personale fu fondamentale la madre di Reus che nella sua libreria personale aveva “Style Wars“. Noi veniamo da famiglie molto modeste, per non dire cose peggiori, non avevamo la possibilità di avere nulla, neanche i libri. E’ stata una sensazione strana ma allo stesso tempo potente, nel male è stato fondamentale per la nostra crescita.

Avere la possibilità di avere poche cose ci ha permesso di crederci veramente ed affezionarci a questa cosa qui. Ero e sono profondamente legato alla scena americana in generale, mi piace il loro modo di fare throwup e tag. Ho anche altre scuole di pensiero ma di primo impatto ti rispondo che mi piace quello stile.

Questo discorso si collega anche al discorso degli spray, a New York i pionieri usavano spray di questa categoria. Spray da carrozzeria che avevano un’altissima pressione ed una valvola molto poco modulabile nel poter gestire il getto di vernice; eppure hanno fatto delle robe alle quali ci rifacciamo adesso, 60 anni dopo. Le robe troppo pulite secondo me non funzionano, i graffiti sono potenza, se uno è potente ma fa colare gli outline è comunque potente. Credo che i miei compagni di crew siano molto bravi perché hanno cultura del graffito, ma non puntiamo troppo sul fattore pulizia.”

Oger – Slovenia 2019

Ho capito che per te il sentimento di crew è molto importante, che cosa significa essere una crew?

“Prima di tutto i graffiti, ricollegandoci anche al discorso di prima, mi hanno dato una seconda famiglia, non avendone avuta una. Mi hanno dato quasi tutto ed hanno scandito la mia crescita artistica personale, anche se abbiamo ben poco di artistico. Credo siamo più dei performer, persone che fanno qualcosa che è al di sopra delle linee base della vita. Secondo me dipingere insieme al tuo gruppo è ineguagliabile, non c’è nient’altro che ti possa dare quell’emozione. Quando si crea questa sinergia tra individui che sono persone che ti affiancano non solo nell’action ma anche nella vita quotidiana, si crea qualcosa di veramente speciale.

Per me essere una crew significa spingere un concetto, essere affiatati ed in linea su determinati punti di vista rispetto alla vita. Condividiamo gli stessi valori nella vita, reputo siano tutte persone buone e con un cuore, cosa fondamentale nella vita. Quindi quando scrivo quella cosa lì io sono orgoglioso di scriverla, noi ce l’abbiamo tatuato, anche le persone che non dipingono ma fanno parte di questo gruppo ce l’hanno. Anche le persone che sono uscite dalla crew continuano ad averlo il tatuaggio, non l’hanno coperto per una sorta di rispetto. C’è un motto che abbiamo, diciamo spesso che non si può mai smettere di essere un AY e smetti di esserlo solo quando muori. Per noi essere una crew è identità. “