Low | L’Opera seminale di David Bowie, un capolavoro ancora attuale
di Marco Lupetti2 Maggio 2020
Conobbi la musica di David Bowie nel 1977 a 16 anni, durante una lunga convalescenza che mi costrinse a casa per una quarantina di giorni; trascorsi a studiare, leggere e soprattutto ascoltare un sacco di musica (mmm… questo ha a che fare molto col presente).
L’indimenticabile Radio One di Firenze aveva l’anteprima del nuovo album, dai contorni ancora non del tutto definiti. Anche il titolo era provvisorio: era annunciato come “New Music: Night and Day“.
La radio promuoveva il disco con uno strano brano strumentale che poi non sarebbe stato pubblicato come singolo, ma soltanto all’interno dell’album. Una composizione dalle atmosfere inquietanti e dalle sonorità stranianti che si intitolava “Weeping Wall“. Mi affascinò dal primo ascolto: era totalmente differente da qualunque cosa avessi ascoltato fino a quel momento.
Da lì a pochi giorni l’album uscì e il titolo definitivo fu semplicemente “Low“; con in copertina la foto di Bowie tratta dal film “The Man Who Fell to Earth“. Quelle nuove sonorità si materializzavano visivamente nello stereo, nei movimenti impazziti delle lancette dei VU meters, come se questi misurassero un flusso di natura diversa e sconosciuta.
Frutto della stretta collaborazione con Brian Eno, “Low” è il primo capitolo della cosidetta “trilogia berlinese” (che di berlinese, in verità, ha poco).
Con “Low” e i successivi due album – “Heroes” (l’unico dei tre interamente registrato a Berlino) e “Lodger” – Bowie e Eno si svincoleranno definitivamente dal coloratissimo e popolare glam-rock; di cui erano stati due tra i più vitali esponenti, per puntare alla sperimentazione e a nuove sonorità.
Low era destinato a rimanere uno dei più grandi capolavori di Bowie, con una musica nuova, contaminata da elettronica, funk, rhythm and blues, ambient e musica colta europea. Un’opera seminale che avrebbe influenzato molta musica degli anni ’80 e oltre.
Nella foto la prima edizione italiana in musicassetta, 1977