Abbiamo intervistato il pianista e tastierista dei RagoTago: Pancho Ragonese. Con il fratello trombettista Pepe, Ares Tavolazzi al contrabbasso e Alfredo Golino alla batteria hanno dato alle stampe il primo album della formazione. L’album si intitola -Ismo ed è pubblicato dall’etichetta JASM Records.
Per iniziare vorrei chiederti come è maturata la conoscenza con Alfredo Golino e Ares Tavolazzi.
Con Alfredo la conoscenza è avvenuta tramite Lorenzo Poli, bassista della band di Golino e amico comune. Nel 2016 Lorenzo mi dette l’aggancio per suonare a Brescia alla presentazione del nuovo disco di Alfredo “Just Play Life”. Fu una kermesse orientata verso la pop music, con la partecipazione di Nek e altri vari ospiti. Ma alla presentazione del disco partecipò anche mio fratello Pepe che, in una diversa occasione, suonò con Alfredo, Rita Marcotulli al piano e Lorenzo Poli al basso.
Golino è un batterista molto versatile: fa pensare a certi grandi session men americani che passano da un genere all’altro con disinvoltura.
Golino è un musicista dalla formazione spiccatamente jazzistica: pensa che già a sedici anni suonava professionalmente, sostituendo all’occorrenza il padre. Tra le prime esperienze ci furono varie big band jazz, tra le quali quella di Armando Trovajoli. Ma è anche risaputo che Alfredo sia da anni uno dei batteristi preferiti da Mina: in effetti la frequentazione degli ambienti legati alla musica pop ha contaminato le sue preferenze e i suoi orientamente artistici. Penso per esempio alla collaborazione del trio formato da Alfredo con Rita Marcotulli e Ares Tavolazzi, i TRI(O)KàLA, con Gino Paoli.
Raccontami della serie di video che hai registrato con lui.
La frequentazione di Golino è continuata con la registrazione di alcuni video registrati in studio in presa diretta. La serie si chiama Alfredo Golino CAMBIOMUSICA and friends: una serie di video molto informale in cui l’artista ospite può scegliere se fare un pezzo del proprio repertorio o un qualsiasi brano a sua scelta. Abbiamo suonato con Alexia, Mauro Lavezzi, Raf, Marco Masini. Anche in ambito pop si sta riscoprendo il concetto di jam session, cioè il suonare insieme uscendo fuori dai compartimenti stagni. E visto che la tendenza è quella dell’ascolto della musica in streaming, il concetto del video live in studio sembra adattarsi perfettamente.
Abbiamo già accennato alla collaborazione tra Golino e Tavolazzi nei TRI(O)KàLA come in altri vari progetti. Per voi invece come è avvenuto l’avvicinamento ad Ares?
Il primo contatto avvenne nel 2010, al Teatro Elfo Puccini, in corso Buenos Aires a Milano, che era stato appena restaurato. Suonammo la prima mezz’ora di apertura per il concerto dei New Area Project. Noi ci presentammo come The Thrust, la band formata da noi Ragonese con il contrabbassista Marco Vaggi e il batterista Giovanni Giorgi. Il progetto dei nuovi Area riuniva invece gli storici membri Patrizio Fariselli, Paolo Tofani e, appunto, Ares Tavolazzi.
Tre pilastri della storia della musica italiana (e non solo) degli ultimi decenni…
Infatti: ammirazione sconfinata per tutta la grande storia con gli Area. Ma di Ares avevamo grande stima non solo per il suo apporto al rinnovamento della musica negli anni ’70 e per essere uno dei più valenti jazzisti italiani; Pepe ed io lo abbiamo sempre seguito e apprezzato anche nelle sue lunghe collaborazioni con i cantautori che amiamo (Francesco Guccini, Paolo Conte, Eugenio Finardi, ecc. NdR) Tra noi si è subito stabilito un legame caratteriale: Ares è una persona centrata e luminosa, in pace con molte cose. E questo approccio riverbera nel suo modo di suonare. Non sempre si puo’ dire la stessa cosa per i colleghi della sua generazione; ma con Ares, per fortuna, è così.
E quindi da queste affinità è nato il pensiero di concretizzare le varie collaborazioni in un nuovo progetto. Come siete arrivati all’incisione del vostro primo album “-ismo”?
La scintilla iniziale è partita da Pepe che ha proposto ad Alfredo ed Ares di suonare insieme in concerto al Blue Note di Milano. È stata una proposta fatta al volo con una telefonata: tutti e due hanno dato la propria disponibilità e la serata è stata organizzata. Viste le precedenti comuni esperienze e la stima reciproca che ormai ci univa, la cosa è stata semplicissima. Eravamo nell’Ottobre del 2018. Il concerto è stato un successo, sia per il pubblico del Blue Note che per noi: sul palco pareva avessimo sempre suonato insieme, fuori dal palco c’era una grossa intesa umana. Quella serata ha acceso definitivamente qualcosa che abbiamo voluto concretizzare. E l’incisione di “-ismo” e la sua pubblicazione il 4 Ottobre del 2019 è stata la logica conseguenza.
Parlaci del disco. I brani che lo compongono sono tutte composizioni originali, scritte da te e da Pepe. C’è stato un criterio di scelta, un filo conduttore che vi ha portato a preferire certi pezzi piuttosto che altri?
Mi piace definire questo album come un disco di dediche. Ognuno dei brani contenuti è ispirato ad affetti a cui siamo legati. Per esempio: “Sister Mary” è dedicato a nostra sorella Maria; “Lanuti’s Tune” è un pezzo che Pepe ha scritto pensando ad Omar Lanuti, un amico chitarrista argentino che vive a Maiorca; “Pep Lluís Blues” è ispirato da un amico percussionista di Maiorca. E così via per tutti i brani.
Correggimi se sbaglio, ma qualche brano mi pare di averlo già ascoltato…
Non ti sbagli. Infatti avevamo già registrato “Ballad to Luís” su “We Love U”, il primo disco di The Thrust del 2006, in una versione in trio piano, basso e batteria. Qui appare in un diverso arrangiamento che include anche la tromba di Pepe. E abbiamo risuonato anche ‘-ismo’ che originariamente avevamo pubblicato nel 2010 su “Little Wonder“.
In quale modo avete sottoposto a Golino e Tavolazzi il vostro materiale? Avete dato suggerimenti sul criterio interpretativo, indicazioni particolari sulle partiture?
Il disco è scaturito dalla precedente esperienza dal vivo al Blue Note, da quella stessa intesa che avevamo provato quella sera. Il fatto di essere in grado di suonare senza il bisogno di spiegarci, intendendoci solo con un’occhiata è stato un dono che abbiamo deciso di continuare a sfruttare. L’approccio è stato simile a quello che si adotta agli standards jazz: l’album è venuto fuori di getto, senza provare troppo il materiale. Qualche mese dopo il concerto abbiamo prenotato lo studio e abbiamo registrato in due giorni. La lezione, come sempre, ovviamente salvando le distanze, è stata quella di Miles Davis: per Kind of Blue entrò in studio senza aver preparato nulla. Portò con sé dei foglietti sui quali erano appuntati giusto alcuni modi e spunti tematici.
L’album si chiude con un brano cantato da Pepe.
Sì, si intitola “Che belli noi”, scritto molti anni fa e ispirato a Chet Baker. Ma il disco contiene altri brani che, con l’aggiunta di un testo, potrebbero diventare canzoni, proprio come degli standards. Penso per esempio a “Lanuti’s Tune” o a “Sister Mary”. Altri brani invece sono più vicini al modern jazz: “-ismo“, “Ballad to Luís” e “Fly Away” che ricorda nel suo movimento la “Sister Cheryl” di Tony Williams
Per concludere, se dovessi riassumere in poche parole l’esperienza RagoTago con Alfredo Golino e Ares Tavolazzi, cosa diresti?
Ti direi che sia Golino che Tavolazzi hanno mentalità molto aperte, che sono a loro agio in molti generi musicali e che tra noi c’è una bellissima intesa umana oltre che musicale e professionale. In buona sostanza, sia Alfredo che Ares suonano al servizio della musica. Può sembrare scontato, ma non sempre è così: a volte gli atteggiamenti egocentrici di alcuni grandi non rendono facile il lavoro.
01. Lanuti’s Tune
02. -ismo
03. Pep Luís Blues
04. Sister Mary
05. Ballad to Luís
06. Ginger Dog Blues
07. Fly Away
08. Che belli noi
Pepe Ragonese: trumpet
Pancho Ragonese: grand piano & wurlitzer
Ares Tavolazzi: contrabbasso
Alfredo Golino: batteria
INDIEHUB Recording Studios February 8th and 9th 2019