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Zatarra | Rap? Un ci s’ha #3



Il tour alla scoperta del rap toscano, questa sorta di chimera per alcuni, fa tappa a Siena, dove ad attenderci c’è una persona che sprizza positività e presobenismo da tutti i pori! Parcheggio il mio Califfone in Piazza del Campo per questo incontro virtuale con Zatarra, sentiamo cosa ha da raccontarci!

Zatarra
Zatarra

Iniziamo con le presentazioni: chi sei, da dove vieni, cosa fai nella vita?

Zatarra, sono nato a Pisa ma dopo 10 giorni ero già a Siena, città nella quale sono tornato ad abitare dopo Marseille. Sono un educatore musicale per bambini, lavoro nei Nidi d’Infanzia, nelle Scuole d’Infanzia e nelle Scuole Primarie, insegno propedeutica ritmico-musicale. Curo laboratori rap per adolescenti e giovani, come MC e operatore di strada; nella vita ho fatto di tutto, prima di riuscire a vivere del lavoro più bello del mondo. Ho venduto assicurazioni, ho fatto il contabile, ho lavorato come receptionist, sono stato allenatore e baby-sitter; ho collaborato in una maison d’hotes ed ho fatto anche lo speaker radio.  

Quando è scoccato l’amore per l’Hip Hop e quando hai cominciato a fare rap? 

Una semplice tag mi incuriosì: “RAP”, nella mia città in cancrena (da sempre, per sempre), Siena. La mia mamma mi comprò una cassetta di Jovanotti (ebbene sì) da un fratello in spiaggia e ne rimasi spiazzato e confuso; non avevo capito bene cosa fosse il rap, cosa fosse l’Hip Hop.

Approfondii la questione, con i mezzi che avevo al tempo, cercando cassette e cd nell’unico negozio cittadino di dischi, lo “storico” Corsini (ahimè chiuso da anni…). A forza di rompere le scatole, e grazie all’appoggio di uno dei commessi; ricordo le parole della proprietaria: “ma che si ordina a fare questa roba?? Tanto non la compra nessuno, non è musica”. Spuntarono “Muse Sick-n-Hour Mess Age” dei Public Enemy e “Down With the King” dei Run DMC.

Approfittavo di gite, uscite e mini vacanze per cercare nei negozi sempre qualcosa che a Siena non arrivava. A Roma riuscii a trovare in edicola Aelle di Sid, capii dalla copertina che mi sarebbe stata utile.
Avevo sete di sapere, di conoscere e di approfondire.
Una bella botta, a proposito di curiosità, fu il trovare un MC che riuscissi a comprendere; sebbene a tratti, visto che aveva un timbro più chiaro, scandisse meglio le parole.
Al juke-box del mare, Castiglione della Pescaia, Bagno Maristella, Sonia; la donna che gestiva lo stabilimento, mi disse appena arrivato:

“Marco sarai contento, l’altro giorno venne quello delle canzoni e gli ho fatto mettere un paio di canzoni yo-yo; seguite da movimento tricorno con le mani… cerca NASSE”.

Ovviamente era Nas. La canzone era “The World is Yours“, e rimasi a bocca aperta, riuscivo finalmente a seguire e capire cosa dicesse (in qua e là)!!!
E poi fu tutto un divenire. Venni a sapere che a Bologna c’era la PMC, una crew che girava nel quartiere Mazzini e che viveva davvero la strada; poi seppi di Roma, del Rome Zoo, un collettivo da ascoltare e da osservare, composto non solo da MC. E allora via, partivo in treno, autobus, il sabato dopo pranzo, coi soldi che riuscivo a risparmiare (la domenica no, c’era la Mens Sana!).

Fu in questi viaggi che conobbi, restando in disparte, ma felice come un bambino, esponenti storici della scena quali: Inoki, Lama Islam (il primo a darmi fiducia con un feat nel 2005!); Danno, Piotta, Sparo Manero ed Amir, il più grande amico che io abbia in ambito HH italiano.

E poi, dal 2008, Marseille, la “mia” Mecca. La terra dove è stato portato il rap, la doppia H, per la prima volta in Europa, grazie alla Iam. Poi da appassionato di romanzi noir ero stregato da Jean Claude Izzo, sapevo già di innamorarmi prima di partire.

Da un primo viaggio in solitaria cominciai a segnare l’asfalto con i pneumatici della mia Ford Puma. Quanto mi hanno insegnato i vari ex Uptown, Djel e gli ex Boumqueur! Braccia aperte ma ti devi guadagnare tutto. Imparai piano piano a scrivere e rappare in francese; e solo dopo tanto lavoro mi accettarono al Phunkee Studio a registrare. (“Il gioco è bello quando dura“, disco uscito per La Suite di Dj Fede e Rula nel 2010 – Download).
A prescindere dal Rap è la vita che mi ha fatto sentire più parte di un’identità marsigliese piuttosto che Toscana, in ambito di HH. 

Zatarra al lavoro!
Zatarra al lavoro!

Ci racconti il tuo percorso artistico dagli inizi fino ad oggi?

Continuo direttamente dalla risposta precedente. Cominciai a dirmi “proviamo a scrivere, vediamo come funziona”, non avendo avuto nessuno in zona Siena prima di me a raccontarmi qualcosa in merito. Esperimenti più che privati, non mi ritenevo all’altezza neanche di farmi sentire agli amici!

Usavo lo stereo double deck, registrando in un nastro vergine le intro e le outro di canzoni americane; a ruota, creando dei “loops” tagliati male, spartani, ma efficaci come “strumentale” di prova per rapparci sopra.
Poi passarono anni di scrittura prima di prendere un mic in mano, non mi sentivo all’altezza, neanche sufficiente per essere credibile.

Facevo compilation su CD per far conoscere ai miei amici un genere che ignoravano. Ero “El Double M“, meno male che poi arrivò Matteuccio a ribattezzarmi Zatarra

Qual è il brano che useresti come biglietto da visita, quello che faresti sentire per far capire cos’è il rap?

Ne uso diversi a seconda delle età e del luogo in cui mi trovo, se Italia o Francia, durante i Lab a Scuola; ma nella maggior parte dei casi uso:
“Ghettoblaster”Stokka e Madbuddy per l’Italia e “Art de rue” – Fonky Family per la France.

Zatarra on stage
Zatarra on stage

Qual è il motivo che ti ha spinto a fare rap? È lo stesso che ti spinge a farlo ancora oggi?

Non sono mai stato “bravo”, semplicemente sono sempre stato me stesso. Uno Zatarra al tempo spesso digerito poco bene in Toscana, perché mischiavo il rap con l’elettronica; facevo live con tastierista e chitarrista, o con il rock entrando a far parte di un paio di band.
Con contenuti (per qualcuno) troppo politici o non attinenti; tra canzoni troppo conscious, troppo pop o troppo di cuore. Troppo.
Tuttavia il tempo passa e tuttora continuo a scrivere e cantare, perché adoro pensare che posso migliorarmi.

Ho iniziato a fare rap perché avevo qualcosa da dire e volevo farlo attraverso la musica; dovevo liberarmi di certi fantasmi per aiutare chi si fosse trovato in certe mie stesse situazioni. Poi ho continuato lanciando messaggi da ascoltare, per informare, per resistere e per aggregare. E oggi continuo a farlo perché mi diverto anche più di prima!
Lo faccio anche per le generazioni a venire; per mostrare con l’esempio, mettendosi continuamente in gioco, che è possibile trovare soluzioni, personali e comuni, con questo genere musicale e con questa cultura. E imparo tanto ogni giorno di più, in primis dai ragazzi che tanto vengono demonizzati.

Torniamo all’inizio della tua storia d’amore col rap: C’era un luogo d’incontro per chi come te aveva questa passione?

Quando eravamo quei 5 a Siena (di cui vi parlo nella risposta successiva) vagavamo di posto in posto. Quasi sempre con un playground o asfalto intorno, cambiando luogo a seconda di quando i residenti di zona (o gli utenti) cominciavano a lamentarsi; BBT, Via Bandini, Petriccio e Stazione.

Quando invece ci evolvemmo organizzando serate (da metà anni 2000) avevamo dj set con Philippe (e Marty) il Martedì al pub Barone Rosso; ed il Giovedì in una sala distaccata dell’Enoteca in Fortezza. Ogni settimana, facendoci forza sull’utenza degli americani che studiavano a Siena, oltre alle scolaresche in gita nel periodo primaverile ed i giocatori di basket della Mens Sana. E al Cambio il Venerdì o il Sabato, almeno una volta ogni due mesi facevamo serata, contest o live o open mic.

Quando fondai Lo StRAPpo invece, nel 2011, ci riunivamo alla Lizza e, poi in seguito, in un garage nel quartiere dell’Acquacalda, adiacente al Petriccio. Infine il Gorilla Punch Studio di Montarioso di Jimon è diventato da lì in poi luogo di aggregazione; e non solo di presa voci, mix e master.

Negli ultimi anni ho avuto la fortuna di avere l’appoggio di comitati di quartiere ed istituzioni universitarie per aggregare e fare Lab. Come al Santa Chiara Lab o a San Miniato alla Meridiana. Senza dimenticare la centralissima Piazza del Mercato sotto al Tartarugone, luogo dibattuto ma sempre frequentato da bboy e freestylers.

Zatarra e Amir

Nella tua zona l’Hip Hop aveva già un seguito quando hai iniziato?

No, zero! Eravamo letteralmente in 5. Conobbi i ragazzi senegalesi del Kang Fory Clan (con Mr Rox, provetto producer) Joe Black, MC, e Rifo, producer e MC; grazie all’abbigliamento che indossavano e all’attitudine, ci “annusammo”, e poco dopo Massi Fella, fondatore del brand streetwear Blasterfirm, tramite una ragazza amica comune. Dj Philippe, al Corsini rovistando tra i pochi cd e vinili rap presenti; bastò uno sguardo, che fece scaturire un automatico e reciproco “ascolti rap anche tu?!”, appena arrivato dalla provincia di Grosseto a cui era approdato dal Camerun.

Fella aveva poi un giro di amici che riuscì a contagiare con l’Hip Hop e che sono stati i primi utenti di ciò che riusciva (e riuscivamo) a produrre.
Eravamo pochi, ma belli determinati nel voler riuscire, migliorare e approdare a qualcosa di concreto, considerando Siena solamente come un passaggio. E così è stato, sebbene poi la storia dell’Hip Hop senese nasca con noi, e con il lato bboy con Smile, che tutti conoscono, arrivato in prestito da Firenze al tempo; Mimma, e dei giovanissimi Mizio e Alice, che poi hanno preso il volo aprendo una Scuola il primo, e diventando coreografa la seconda. E poi come non nominare il Rosho che ha girato mezza Europa, “spuntato” cronologicamente dopo solo per questioni anagrafiche!

Quali sono i primi emcees toscani di cui hai sentito parlare e quelli con cui sei entrato in contatto?

Willie Dabizzi è stato il primo di cui ho sentito parlare per “fama”, oltre a Dre Love causa ascolto di Neffa; perché fu quello che nonostante i cambi di formazione (Parole del Profeta, Toscani Classici, Triade Etrusca e Long Bridge All Starz) restava in pista. Perché era nel vol. 2 di “50 Emcee’s”, e quel suo timbro vocale non poteva non rimanerti in testa.
A ruota Rashid, per i motivi di cui sopra. E poi Asso, la cui fama di preso bene con i suoi Divieto valicava i confini di provincia. E Resa che era in Versilia. 

I primi contatti in Toscana invece furono a Grosseto, come detto. Con Jimmy Six in primis, sebbene alternasse il suo lato dancehall con quello rap e Skanda; con il quale registrai uno dei featuring che ricordo con più piacere, “Pane, rabbia e sogni“.

La scena grossetana mi piaceva veramente tanto. Ricordo anche un Madd Eff giovanissimo, forse neanche aveva il motorino, che esordiva al mic con i suoi freestyle già di qualità; partita dagli skate, dai graffiti (chi non conosce il Sera?); dai bboy (chi non conosce il Kora e la Standa??). Dalle produzioni, Dragone e Luca Madrucci su tutti, per un bel periodo andavo ogni weekend, sfruttando i miei zii che abitavano lì.

E poi, per un “senese” essere accettato a GR, era una bella conquista! La mia atipicità, sincerità e lo “stay real” credo abbiano giocato a mio favore; prima ancora che tecnicamente la mia qualità e le skillz come MC.
In quegli anni a Firenze, ad esempio, ignoravano Grosseto, errando perché Grosseto aveva tutto in materia di HH. Firenze ebbe una svolta concreta e organizzata con i “Local Heroes” di Gold, tra serata e articoli di Deiv, senza piaggeria alcuna. 
Su Firenze mi piace ricordare anche la RBC (per il writing) e la Tullo Soldja. Un saluto al Nanne (chissà se ha sempre la Panda!) tra i primi contatti, miei e di Massi di Blasterfirm

Zatarra

Domanda di rito: perché secondo te per il rap toscano non è così facile emergere a livello nazionale?

Questione di mancanza di: Unità- Determinazione e Professionalità- Qualità.
Ne parlavo con Berna Dj qualche giorno fa, rispondendo a una sua domanda; chiunque abbia provato nel corso degli anni a mettere insieme gli MC toscani ha fatto fatica e ha concretizzato, ma solo temporaneamente.

Parlo degli SK a Prato al Kellerplatz con il loro Toscana Rap Style, serie di serate stile contest di showcase. Jimmy con Il Vandalo ed i suoi Hip Hop Day. Blebla con i featurers nei suoi progetti audio e video; Mario Rossi con Red Carpet ed i live allo skatepark a Prato. Voi di Gold e Deiv per “Local Heroes”. Il sottoscritto ai tempi di “Risin’ Flow” per Radio 3 e della rubrica “Tuscan Rap“. Una presenza più unitaria, con una sorta di “convocazione” stile Nazionale; e magari qualche episodio di Cypher montato bene in video avrebbe aperto tanti occhi e orecchie.

Con questo riconosco che sono stato il primo ad aver mollato su questa idea di unità, e di essermi dedicato ad altro; ad aver cercato di andare oltre egoisticamente. Un applauso va a Resa e a Rap Pirata Toscana, che ci sta provando ancora una volta da anni, a lui ed ai suoi va tutta la mia stima. 

Determinazione in senso di professionalità, cioè il mettersi in gioco pesantemente; distaccandosi letteralmente da famiglia, amici, lavoro e andare a Roma o Milano per provare a dedicarsi 100% alla carriera Rap. Mettersi dietro a chi ne sa di più, imparare ancora e avere un’altra visibilità.
Non dico che sia giusto, facile o che sia per tutti; oggi meno che mai, ma funziona(va) così. Dieci anni fa, qualcuno di quelli con qualità top dalla Toscana aveva le carte per farcela.

Qualità: parlo di qualità top, perché come ho detto e dirò tra poco di qualità ce n’è e neanche poca; ma il top è qualcosa di raro, e non solo in Toscana!

Tyron Lue ra bravo, Derek Fisher era bravo, ma non erano Kobe o Allen Iverson. E chi potrebbe valorizzare certe qualità non sta in Toscana, come ad esempio chi investe in musica da anni; vi do un indizio, guardate intorno a Ghemon, versiliese di nascita, ormai milanese di adozione. 

Secondo te in Toscana c’è qualche elemento nella scena rap che invece manca a livello nazionale?

A titolo underground la Shafy Click e non solo Trais, considero anche solo le produzioni e il rap di Drag One, oltre a Skilla. Avrebbero potuto girare ancora di più per i palchi, soprattutto nella prima metà degli anni 2010; ma troppo spesso il male di chi organizza eventi di un certo tipo è l’autolimitarsi al localismo.

E Danomay invece per il conscious e le skillz. Un giro con una major non mi pareva troppo lontano dalla realtà, ma poi il lavoro lo ha portato su di un’altra dimensione, ottima comunque.

Per rappresentare al meglio la scena toscana, quali artisti e quali album citeresti come punti di riferimento?

Scorre da sempre” – Shafy Click
“Cerco Ossigeno”Willie DBZ
Bandito”Danomay
“Indipendente”Granu
“Depression City”Berserklan
Sayonara” – Classkillz

Se ti dicessero che il rap in Toscana non esiste, cosa risponderesti?

Che chi dice così non ha quella curiosità e volontà di ricerca fondamentale per chi vuole esprimere un’opinione. Il rap è ovunque, da decenni, basta saper cercare ed ascoltare. E solo dopo, con cognizione di causa, fornire una critica costruttiva (se richiesta).
Segnalo altri MC e rappers che secondo me meritano un ascolto, per il presente e il futuro:

Coen e Millow, la quale ho avuto il piacere di avere alle sue prime esperienze nel mio Lab Lo StRAPpo. Teste HH a 360 gradi.
In ambito di skillz come non ricordare En dei Goldfellas, conosciuto ancora minorenne nelle Brigate Losche. DJ Ceks e Backo, che fa da fratello maggiore a Erre Sixteen aka Don Rizzo; a sua volta fratello di sangue del giovane Skinny Raise. Toni Mannaja di Firenze, poliedrico come non mai. Gli ex Intifada K2K (Kronos e Kraken) e Jamar Kleen e Noks. L’amico Lezzo aka Niente (l’uomo 4 arti HH!!!) e Tre Fedi aka Orphan, con cui ho avuto il piacere di lavorare quando era agli inizi.

Il lato pistoiese con Kani Toscani, Bag Of Shit e La Pazz. Gente da live tipo Shaka Gius e Drax. Tre Fedi aka Orphan, adesso da anni a Londra, che orgogliosamente ascolto dopo averlo avuto vicino per anni nell’ultima versione de Lo StRAPpo.
Vlad, poi Il Capo e Noemi aka Thenchoice; che, se tutto prosegue bene, saranno prodotti da L’Untore Records in collabo (mini spoiler); e Fake (ex Toscana Sud) con il suo progetto Bangcock cross-over 

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Zatarra“Casa Mia EP”
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