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La realtà virtuale come mezzo terapeutico



Potrebbe la realtà virtuale garantire un supporto concreto alle persone affette da autismo? 

Molti di noi, quando si parla di realtà virtuale, pensano, più o meno sempre, alla sfera del videogioco. Ma potrebbe la realtà virtuale essere considerata un mezzo terapeutico?

Negli ultimi anni la realtà virtuale ha iniziato a prendere piede in sempre più ambiti. Uno degli ambiti su cui si vorrebbe investire maggiormente è quello terapeutico. Un esempio è l’utilizzo di questo mezzo come sistema per migliorare le condizioni di vita e di integrazione dei soggetti autistici.  

In quali ambiti viene utilizzata la realtà virtuale?

Può la realtà virtuale aiutare i soggetti affetti da autismo ad integrarsi e superare quelle barriere che ogni giorno sono per loro un enorme impedimento?

La “realtà reale” è organizzata in modo tale da essere funzionale alla maggioranza della popolazione. Per alcuni soggetti molti dei modi in cui la realtà è organizzata possono risultare fastidiosi, di difficile comprensione o addirittura non gestibili.

Uno degli aspetti della vita reale che maggiormente penalizza i soggetti affetti da autismo è la velocità: tutto deve essere veloce, dall’apprendimento all’esecuzione.

Questo porta all’esclusione di chi , per vari motivi, non riesce a stare al passo.

Perché utilizzare la realtà virtuale?

La realtà virtuale potrebbe aiutare a migliorare l’integrazione di chi fa fatica: l’utente si abituerebbe ed affrontare gradualmente i differenti problemi affrontandoli pian piano.

La simulazione di situazioni di vita ordinaria potrebbe aiutare l’inserimento sociale di queste persone.

La realtà virtuale è un mezzo terapeutico!

La realtà virtuale potrebbe permettere loro di rivivere delle situazioni di vita reale in modo ripetitivo. Questo potrebbe permettere di poter intervenire con costanza e in modo sicuro sull’esperienza stessa dell’evento bloccante.

Ricreare un ambiente comune eliminando quasi del tutto i fattori di stress può risultare efficace per migliore la qualità dei rapporti a livello umano.

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In che modo la realtà virtuale allevierebbe il problema?

In questo modo si può avere un avvicinamento al problema che possa garantire la riabilitazione del senso compromesso in modo lento e controllato. Si consente, quindi, di capire da dove arriva il fattore di stress dato dall’ambiente che circonda la persona. 

La ripetizione può garantire alla persona con autismo di abituarsi con più facilità ai “fastidi” che provengono da ciò che le sta attorno e assimilarli. Diventano così parte del suo patrimonio cognitivo, riuscendo a conviverci con più facilità.

Se ciò si verificasse nella maggioranza delle persone, si potrebbe affermare che la realtà virtuale è un mezzo terapeutico.

Fonti: Portale autismo, Medicina narrativa