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Writing

Agent One from SP



Estate 2020. 35 gradi. La Spezia.
In un Martedì di Agosto ho avuto la possibilità di chiacchierare con Agent, storico esponente dell’Hip Hop spezzino.
Agent, pioniere del Writing spezzino, ha cominciato ad avere a che fare con l’Aerosol Art con le prime tags ed i primi bubbles tra i banchi di scuola; per poi arrivare a dipingere i primi muri, nel suo quartiere, intorno all’84/85.
Cominciando così a guadagnarsi il rispetto.

“All’epoca, la città ed i suoi quartieri erano molto diversi. C’era un sacco di gente tosta, pronta a romperti il culo ancora prima che facessi qualcosa. Quando hanno visto questo ragazzino che ad una certa ora arrivava e cominciava a dipingere i muri, tutti gli chiedevano: “Mi scrivi il mio nome? Mi scrivi il mio nome?”. Era diventato il boccia, la mascotte di tutti.”

Cominciai proprio in questo quartiere qua, con dei blockbusters, per poi arrivare a quelli che si possono chiamare wild style. È un percorso normale, credo fisiologico, quello di iniziare con le tag e con robe primitive, per poi arrivare a determinate cose dedicando tutto te stesso. Amore, pratica, tempo, fatica, sapere chi c’era prima di te, intuizione, follia ecc.

Inizialmente, in quegli anni, era veramente dura.. I Writers facevano raid nei supermercati per rubare i tappi delle Rexone, che in realtà erano dei profumi, ma montavano dei cap che andavano bene sugli spray di allora, come Krylon o Talken. Era tutto molto rudimentale ed istintivo, tante persone che dipingono oggi, allora, probabilmente, non sarebbero riuscite a farlo.

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Ho iniziato con roba molto più primitiva. Il Writing, soprattutto agli inizi di questa cultura, è stato come un’intuizione ed una necessità, un mezzo, per uscire dalla merda, dal razzismo e dalla discriminazione. Realtà molto distante da quella di oggi, di conseguenza difficile da comprendere e creditare.
Senza questa gente noi non eravamo qua, avremmo fatto tutti dell’altro. Negli anni ho avuto la possibilità di parlare con moltissima gente di questo aspetto qua, loro non avevano niente, ma proprio niente; adesso i Writers chiedono il permesso per dipingere al comune…”

Come è nato il movimento Hip Hop a Spezia?

“Con l’influenza newyorkese, ma non solo.
Premetto che nessuno immaginava come sarebbe andata la storia.
Io cominciai intorno all’ 84/85. Ero abbagliato da due breakers in particolare, al tempo si davano appuntamento in una sala da ballo in città.

Una sera mi presentai con il mio elmetto Cooper allacciato allo zaino… il resto è noto. Diventammo subito amici ed incominciammo a girare agli Zulù Party, conoscendo un sacco di gente. Li ho conosciuto Dj Skizo, Atomik, TheNext One, tantissima gente che ritengo i pionieri dell’Hip Hop italiano… e credimi è stato un flash.

Nel frattempo il sottoscritto incominciava a dipingere bombing e block’s in giro per il quartiere… Iniziai scrivendo Again per poi arrivare ad oggi con il mio attuale nome. Oggi dipingo ovunque mi capiti, ho la fotta di un ragazzino uomo.

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Agent, Ernie e Sirtwo

Come nacque tutto qua? Qui, al tempo, conobbi delle persone, o meglio, queste persone si avvicinarono a me dopo che facemmo questo primo Hall of Fame gigantesco: quello della Skaletta.
Poi organizzammo la prima jam in città, e dopo ci fu l’Hip Hop Summit, a cui parteciparono diversi esponenti di questa cultura.
In quegli anni scegliemmo anche il San Paolo come posto dove breakkare. Ecco dove iniziò tutto a Spezia, dove si consacrò definitivamente una cosa che esisteva già, dove si misero le basi perché tutto quello che vedi oggi nascesse. 

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Massimo “Crash Kid” Colonna (foto Giulia Tonelli)

E fu proprio alla Skaletta, con i PDB, gli EAD, Joys, Boost, Ska e molti molti altri, dove dedicammo il muro a Crash Kid, noto esponente della cultura Hip Hop Italiana ed Internazionale, prematuramente scomparso.
Un grande amico che ha passato tantissimo tempo qui in città e con cui ho passato momenti bellissimi… Rest in peace man!”

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Come son stati i primi contatti con gli altri esponenti di questa Cultura, in città, in Italia e nel mondo?

“Qui c’erano un paio di personaggi che definivano il loro stile come lo stile europeo, facendo qualche pezzo stilisticamente discreto per gli anni. Lo stile europeo *ride*… senza rendersi conto che non c’è uno stile europeo od uno stile jamaicano od uno stile americano; c’è lo stile o non c’è lo stile.
Lì ho capito che dovevo seguire la mia strada senza distrazioni.

Per quanto riguarda invece fuori città, in Italia, in quegli anni, le jam si chiamavano ancora Zulù Party. Party, appunto, dove potevi incontrarti, scambiare opinioni su questo o su quell’altro. Dove facevi conoscenze, ballavi e ti divertivi. Conoscevi gente che stava molto più avanti di te. Li vedevi fare le tag e dicevi: “minchia a Padova state messi bene”.
Io ho sempre avuto rispetto massimo di certe persone, sempre e comunque. Ma lì, ed a quel tempo, c’era davvero rispetto tra le persone… Tutti, se avevi talento, te lo riconoscevano.

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In quegli anni viaggiavo molto, andavo in giro molto, avevo anche più libertà essendo più giovane. Dai viaggi trai sempre beneficio, da quello che fai, dai nuovi posti che visiti e dalle nuove persone che conosci. Ti fai le tue esperienze e cerchi di carpire cose da questo e da quell’altro, per poi creare qualcosa di tuo. Esattamente ciò che ho fatto io in quegli anni. 

Perché per saperne di più dovevi viaggiare, al tempo andavo a Milano, sapevo già dove andare per vedere i pezzi. Andavo su perché mi faceva piacere vedere qualcosa di nuovo, qualcosa che potesse darmi qualche stimolo in più.

Quella famosa porta mentale invece si aprì con il viaggio a New York. Più o meno è stato come entrare in un film. Conoscere le foundations, cioè chi aveva fatto sì che questa cosa fosse diventata un fenomeno mondiale.
Ad una festa abbiamo detto che eravamo italiani a Grand Master Caz e lui è letteralmente uscito di testa.
Mos Def mi ha dichiarato che lui vedeva sempre i video di alcuni di noi mentre ballavano e io non ci credevo. 

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with Kool Herc

Quando andammo a New York, nel Settembre 1998, abbiamo avuto la fortuna di incappare nella prima reunion tra la West Coast e East Coast, in uno skate park nel Bronx. Inutile dirti la multitudine di pioneers presenti.
Io, Kid Head e Dj Keynote rimanemmo folgorati.

Quella sera ci fu anche un contest di breaking che vinse un ragazzino di 9 anni. Il contest era organizzato dai New York City Breakers.
Poi finimmo all’After Party verso Morrison Park.

Io, Davide e Cristian tornammo belli carichi.

E successivamente come si sono evolute le cose?

Tutto quello che intrapresi nella metà degli anni ‘80 diventò veramente forte e palpabile negli anni in cui Passo sul Tempo organizzò varie jam in città. Qua successero delle cose che cambiarono la reputazione di questa città. 

Cosa intendo? Se vai a vedere alcuni video, delle persone sono state qui, senza pretese, divertendosi davvero alle feste perché c’era un’energia davvero particolare.

Io mi ricordo una serata in cui alla festa c’erano quasi tutti i breakers d’Italia e non solo, dove The NextOne fece un backspin allucinante che durò due minuti… Anni dopo in America mi chiesero se io fossi stato a quella festa in cui Next fece quel backspin allucinante.. C’ero si, l’avevo organizzata io.

Per cui, gli anni ’90 qua furono davvero un contenitore di energia positiva. Le cose prima erano più chiare, più fluide…

Cosa ti ha colpito di più di questa cultura?

“Se penso al Breaking, ci sono Rock Steady, Incredible Breakers, Passo sul Tempo e TheNext One. Lasciavano il segno. Questi sono stati i miei punti di riferimento.”

Quali sono i tuoi ricordi più belli?

“Sicuramente tra i ricordi più belli che ho c’è la nascita dei miei figli, mi è cambiata la vita, ma nonostante tutto non mi son mai fermato. E poi quando la mia famiglia mi regalò il mio primo ghettoblaster. Mi ha permesso di farmi le mie prime cassettone e li ho cominciato ad allenarmi seriamente.

In generale ho nel cuore i ricordi di quel tempo, oggi, se devo dire la verità, vendendo come molta gente si approccia a questa cultura mi fa stare male. E quando sto male prendo gli spray e dipingo, entro in un mondo fantastico, mi estraneo e tutto diventa coloratissimo.
Questo mi fa stare bene… e tu?”

Dove ci sono ricordi belli, inevitabilmente ci sono anche ricordi meno felici

“Tra le cose che mi hanno fatto stare più male c’è l’essere stato tradito da un amico, nella maniera più bassa possibile. La cosa che mi ha fatto più male di tutto… infangato nella maniera più becera possibile. Ho dato tanto per la mia città e ho ricevuto poco, se non niente.
Alcuni dicono che è impossibile parlare con me e io dico: “Avete mai provato a parlare con me?”

Non ti puoi presentare: io sono questo, se vuoi è così sennò arrivederci e grazie… allora arrivederci e grazie. Torna Sabato prossimo.
Con me hanno fatto così.

Intuizione, rispetto, dedizione, andare oltre, onestà, studio.”

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Come vedi il movimento oggi? Ti ritrovi nella scena attuale?

“Questa è una cultura a cui tu puoi dare il contributo, dopotutto siamo dei continuatori, non siamo pionieri. Poi c’è la tua vita, che a volte ti mette a dura prova. Un conto è avere i genitori e gli agi. Un conto è essere da solo, diventando grande in un tempo piccolo. Ti svegli prima, capisci il sudare, l’aiutare le persone che vedi che non ce la fanno… Devi darti da fare.

Oggi l’Hip Hop è in ostaggio, Con le giuste eccezioni. Le persone sono divise. L’Hip Hop per come l’ho conosciuto io è una macchina che viaggia in simbiosi, e quando va così funziona tutto perfettamente. In Italia per tanti anni ha funzionato così. 

L’approccio alla cosa si è denaturato molto, tanto da non essere più cosa originale, dipingere si dipinge ugualmente anche oggi, ma l’approccio è completamente diverso. Come in altre discipline dell’Hip Hop. La più corrotta è sicuramente quella musicale. Quella più pura è il Breaking, la più pronta alla guerra totale invece è il Djing turntablism.”

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Finisco col dirti che tu sarai il prossimo e che non c’è tempo da perdere.
Un saluto a tutti i folli e dinamici.

Hip Hop it’s no color, it’s music, you know?”