Negli ultimi giorni la nostra barca, che ormai somiglia sempre più alla “Zattera della Medusa” di Géricault, è alla deriva. Galleggiamo sconsolati mentre si staglia l’ombra del grande squalo bianco del lockdown del film di Omar Rashid con cui veniva aperta questa rubrica e che ha suggerito l'(in)felice titolo.
Ma chi scrive ha ormai deciso che la zattera su cui navighiamo ha la portata di una baleniera. Ecco allora due titoli in VR per il Dicembre meno natalizio degli ultimi anni: “Unjust” e “Hollow“; entrambi disponibili su VeeR per una visione di quarantena sul divano.
Una menzione per la rassegna dove questi film sono stati presentati: si tratta del Festival di Nimega 2017, all’interno del “48 Hour Film Project”.
I film di questa sezione sono prodotti appositamente per il festival in, appunto, sole 48 ore.
E ora, a caccia di squali.
“Unjust”
“Unjust” prodotto dal team di WeMakeVR è praticamente il primo film in VR realizzato per il progetto, e quindi per estensione, il primo film in VR ad essere realizzato in così poco tempo.
Nei suoi sette minuti, “Unjust” presenta un momento da abc del thriller: un uomo disperato tiene in custodia due ostaggi, mentre due detective cercano di trovare il suo nascondiglio prima che sia troppo tardi.
Attraverso il visore ci troviamo ora ad affiancare l’indagine, ed ora, nei panni di uno dei due ostaggi. Forse, sta proprio in questo continuo stacco netto dei due punti di vista l’unica debolezza del film; che pur sa sfruttare le potenzialità della realtà aumentata per narrare una storia totalmente finzionale e lineare; e che infatti ha vinto il premio come miglior film in VR del festival.
Vivere la corsa contro il tempo del film solo nel ruolo di ostaggio, scoprendo l’evoluzione dell’indagine solo attraverso gli stati d’animo del nostro rapitore, ed aumentando così tensione e relativi sudori freddi all’interno del visore, avrebbe sicuramente reso l’esperienza totalizzante; sviscerando praticamente a pieno le possibilità della virtual reality all’interno del cinema di genere.
Anche così, però, ci troviamo difronte ad un corto che non si snatura e frantuma all’interno della visione caleidoscopica del visore, ma che, anzi, sa raccontare insieme ed attraverso di essa.
“Hollow”
In “Hollow”, a differenza di “Unjust”, la realtà va ad aumentare sia per come la vediamo, che in quello che vediamo. Il film mette in scena un futuro distopico “à la Black Mirror”, dove una donna riceve la visita di un’intelligenza artificiale, capace di materializzarsi come ologramma del defunto marito.
Le suggestioni visive e tecnologiche nuotano ovviamente nel già visto, da “Her” di Spike Jonze ad appunto “Black Mirror“, fino ad “aiutami Obi Wan Kenobi, sei la mia unica speranza“; ma al film va sicuramente il pregio di aver affrontato, nelle poche ore affidategli, il delicato tema della perdita; e aver saputo riflettere sulle pericolosità e le inquietudini legate allo sviluppo tecnologico. Tutto ciò fatto attraverso un medium, la VR, che di questo sviluppo è quasi alfiere, almeno nel campo delle nuove forme cinematografiche.
Insomma, un film che se fosse davvero un episodio di “Black Mirror” probabilmente sarebbe tra i più riusciti, ed è stato infatti vincitore a ex aequo del premio come miglior film VR assieme ad “Unjust” al Festival di Nimega.
E speriamo di avvistare terra il prima possibile. O anche no.
Abbiamo parlato di:
Unjust & Hollow
“Unjust” di Jim Kastelijns & Leon van Oord, prod. WeMakeVR,
Olanda 2017.
“Hollow” di Peter McLaughlin, prod. WeMakeVR,
Olanda 2017.