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QUESTA TI ERA SFUGGITA?
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Il Rope Flow arriva in Italia | Takeo e l’Arte della Corda



Be rope, my friend!

Ho sempre amato Bruce Lee, come moltissimi d’altronde. Velocità, potenza, e soprattutto fluidità nei movimenti. Chi non vorrebbe avere le sue skillz? A parte Cliff Booth s’intende.

E una cosa di Bruce che spesso mi vado a rivedere con entusiasmo, è la sua ultima intervista al “Pierre Berton Show” nel 1971; dove, con la sua famosa espressione “Be water, my friend!”, ribadisce e fa caro un concetto che è alla base del Taoismo e altre filosofie orientali: ovvero l’importanza di essere fluidi come l’acqua in ogni aspetto della vita.

Ma se invece di acqua, amici miei, fossimo… una corda?!

Questo doveroso preambolo di omaggio a Bruce, per andare poi a scoprire un movimento internazionale attinente a questa filosofia che sta piano piano affacciandosi anche in Italia: quello del Rope Flow; l’Arte della corda per l’appunto.
E il cui fluire può essere visto come un’arte marziale, o come una danza, o come una meditazione in movimento, e molto altro ancora.

A far arrivare tutto ciò nel nostro paese ci sta pensando FabioTakeoNube, tra i più talentuosi breakers che abbiamo in Italia.
Scopriamo con lui di cosa si tratta!

Ciao Fabio, molti ti conoscono perlopiù per quanto riguarda il Breaking, con il nome di Takeo. Raccontaci in breve la tua storia da bboy.

«La mia avventura nel mondo dell’Hip Hop inizia a metà degli anni ’90, in una piccola città ligure chiamata Imperia. È qui dove entro per la prima volta in contatto con il Rap, le Posse, il Writing, e dove incomincio a muovere i primi passi sul pavimento. La vera evoluzione del mio stile arriva agli inizi del 2000, quando decido di trasferirmi definitivamente a Bologna.

La scena Hip Hop locale, gli eventi, i concerti e la moltitudine di artisti di passaggio in città in quel periodo, è stata per me fonte di ispirazione e possibilità di confronto e di crescita; aiutando così la maturazione del mio concetto di Breaking e di Hip Hop. Qui, all’inizio del nuovo millennio, grazie all’incontro con bgirl Eka nasce la crew Wired Monkeys».

E dal Breaking, arriviamo così ad un’altra tua recentissima passione: il Rope Flow.
Parlacene un po’, come ne sei venuto a contatto? E soprattutto che posto occupa oggi nella tua vita? Se è stata una sorta di rinascita per te.

«La mia ossessione per il concetto di flow, legato alle dinamiche del movimento, ha da sempre caratterizzato il mio modo di fare footwork e il mio approccio a qualsiasi tipo di attività fisica. Ho sempre preferito fare workout all’aria aperta, sia l’estate che l’inverno, portando avanti una costante ricerca di nuovi metodi di allenamento funzionale.

Mi sono così appassionato alla disciplina dell’Animal Flow, che trovo ottima per aumentare il controllo del corpo nel lavoro a terra; e al Jump Rope, del quale non vi sto ad elencare i noti benefici. Dallo studio del freestyle Jump Rope, alla scoperta di un modo completamente diverso di approcciare all’uso della corda è stato un attimo.

Il Rope Flow ha catturato immediatamente la mia attenzione, diventando oggetto delle mie esplorazioni fisiche e mentali. Lo pratico quotidianamente, ed ogni giorno posso scegliere la maniera di utilizzare questi movimenti: come riscaldamento, mobilitazione articolare; rilassamento, per sciogliere blocchi, per aumentare forza e resistenza, come meditazione attiva, o per mantenere una corretta postura.
Il tutto cambiando esercizio, intensità del movimento o il peso della corda.

Non so se si possa parlare di rinascita, ma di sicuro il Rope Flow ha avuto, e continua ad avere, un forte impatto sul mio modo di vivere. Ci tengo anche a sottolineare come mi stia aiutando a ribilanciare gli scompensi, tra lato dominante e non dominante, causati dalla pratica del Breaking stesso».

E sempre per saperne di più e capire le origini, dove nasce questa disciplina?

«Il nome originale di questa pratica è RMT Rope (Rotational Movement Training). È un metodo di allenamento funzionale che fa parte del Weckmethod (creato da David Weck, San Diego – USA).
Agli esordi viene utilizzato quasi esclusivamente per migliorare le prestazioni atletiche; questo perché, all’interno delle evoluzioni che si eseguono con una flowrope, troviamo tutti gli schemi di movimento dei principali sport: corsa, nuoto, sport da combattimento, da lancio, arti marziali etc.

Le sessioni con la flowrope permettono all’atleta di sviluppare nuove abilità in tempi relativamente brevi, grazie all’elevato numero di ripetizioni di un dato schema motorio; e all’obbligo di compiere movimenti precisi per evitare l’impatto con la corda».

Ropeflow Italy e Ropeflowizm

Da lì, quindi l’idea di far partire anche in Italia questo movimento internazionale, creando appunto Ropeflow Italy e Ropeflowizm, come brand produttore di corde. Oltre a te, chi ne fa parte per adesso? Quali sono i vostri obiettivi e progetti?

«La creazione delle pagine social di Ropeflow Italy e Ropeflowizm è nata dalla collaborazione con mio fratello Dimitri, anche lui pioniere del Rope Flow italiano. Lo scopo è quello di provare a divulgare questo diverso uso della corda anche qui in Italia, offrendo la nostra esperienza in materia di flow e di corde.

Rope_flow-Dimitri-Goldworld
Dimitri Nube – Cofondatore Ropeflow Italy / Ropeflowizm

Prepariamo da soli le nostre corde, ne abbiamo provate di ogni tipo alla ricerca del “flusso perfetto”, e adesso possiamo offrire con orgoglio un prodotto 100% made in Italy.

Al momento stiamo lavorando ad una serie di video sulle tecniche base; ed abbiamo creato quattro corde con diametro e peso differente, per offrire la possibilità ai praticanti di sollecitare la muscolatura in diversi modi.

Il passaggio a corde più pesanti deve comunque essere graduale, e proporzionato al livello di tecnica e di forza di ciascun individuo.
Consigliamo inizialmente l’utilizzo di corde “leggere” per apprendere e migliorare le tecniche base.
Utilizzare corde pesanti, senza padroneggiare la tecnica, e senza una adeguata preparazione fisica, può sollecitare in maniera pericolosa le articolazioni ed indurre il praticante a compiere movimenti sporchi, non ottenendo così i benefici sperati.

Progetti in cantiere ne abbiamo molti, ma per il momento come ti dicevo, quello principale è di far capire anche agli italiani la versatilità e le potenzialità di questo metodo; dando loro poi la possibilità di provare ad impararlo investendo cifre ragionevoli».

Una cosa che mi ha subito colpito del Rope Flow è il suo possibile accostamento a una sorta di meditazione in movimento. Un po’ come nel Tai Chi e gli altri stili interni del Kung Fu, dove oltre alla pratica marziale, appunto, si dà rilevanza anche all’aspetto salutistico e quasi “spirituale”; in modo da riequilibrare l’intero organismo, e donare al corpo ed alla mente forza, vitalità e benessere.

Il Tai Chi, e gli altri stili interni, vengono così indicati spesso anche per le persone anziane, e/o per chi ha problemi neuromotori legati a varie patologie. Pensi che il Rope Flow possa avere la stessa utilità?

«L’accostamento con il Tai Chi ci sta alla perfezione. Sono d’accordo con te sul fatto che uno dei possibili impieghi del Rope Flow sia riconducibile ad una sorta di meditazione in movimento, o meditazione attiva. Ci sono un sacco di analogie con gli stili interni delle arti marziali; ed anche il giovamento che si ottiene dalla pratica costante possiamo affermare sia il medesimo. 

Rope_flow-LAAmnesia-Goldworld
Rope Flow: tra Arte Marziale e Meditazione attiva

Per praticare al meglio il Rope Flow, occorre infatti avere la mente sgombra da pensieri, in modo da entrare in simbiosi con le onde create dal movimento della corda; ed il ritmico tonfo creato dall’impatto della stessa con il pavimento, crea una specie di mantra, che accompagna il praticante in una sorta di dimensione ascetica.

In questo caso il ritmo impresso sarà molto lento, caratterizzato da movimenti rotondi e morbidi. Questa particolare caratteristica del Rope Flow ne arricchisce le possibilità di impiego, discostandolo da un uso prettamente sportivo, ma mettendone in evidenza aspetti terapeutici e riabilitativi. Ragionando in questi termini, in autunno, prima della nuova chiusura delle attività sportive non agonistiche, avevo provato ad organizzare un corso dedicato alle persone anziane.

Ho avuto prova tangibile, attraverso l’esperienza di mio padre, che pratica quotidianamente all’età di 78 anni, del grande beneficio che può portare in termini di coinvolgimento attivo di tutto il corpo, escludendo praticamente controindicazioni e rischio di infortuni.

Domenico, 78 anni! – Padre di Takeo e DimitriRope Flow lover

La stessa corda, nel caso di persone molto anziane o deboli a causa di problemi fisici o di semplice inattività, può essere sostituita da oggetti più leggeri; come ad esempio un nastro, ottenendo gli stessi benefici senza il rischio di sovraccarico dell’articolazione coinvolta nel movimento.
Anche la semplice pratica quotidiana dei movimenti più facili e basilari del Rope Flow, può portare miglioramenti per quanto riguarda l’aspetto fisico ed emotivo».

Ho notato poi che David Weck, tu stesso e molti altri, usate spesso allenarvi a piedi nudi o con calzature minimaliste barefoot. Esiste una correlazione tra le due cose?

«Per rispondere a questa domanda facciamo una premessa: la struttura del piede è stata creata da Madre Natura per consentirci di stare in piedi, camminare o correre nelle maniera più naturale, e anche migliore; senza necessariamente stressare altre parti del corpo, come le ginocchia, le anche o la schiena. Le comuni scarpe rendono passive le parti del piede, che invece dovrebbe sostenere il nostro passo, facendoci assumere posture errate, con conseguenti problemi di carattere fisico, dolori ed infortuni.

Nel Rope Flow, oltre alla parte superiore del corpo, coinvolta nel movimento della corda, assume grande importanza anche la parte bassa del corpo; la quale attraverso l’impulso dato dai piedi, trasferisce l’energia in una spirale verso l’alto.
Il footwork è una componente fondamentale della pratica, ad impulso sbagliato, nei modi o nei tempi, seguirà un errore; o comunque ne scaturirà un movimento sporco. Ecco perché utilizzare scarpe barefoot con drop zero, o non utilizzare scarpe affatto, è preferibile ed aiuta ad avere un migliore controllo del movimento».

Ritorniamo per un po’ a parlare di Breaking.
Hai da poco compiuto ben 43 anni! E sul pavimento mi sembra che dai le paghe ancora a molti, complimenti! *Ride*.
Anche in questo caso, come accennavi prima, il Rope Flow ti ha aiutato, e ti sta aiutando nella preparazione fisica come bboy, giusto?

«*Ride*. Grazie per l’affetto!!! Non so dirti se dò le paghe ancora a qualcuno, anche perché, a causa di questo virus, è da un po’ che non si vede un bel cypher; ma diciamo che non mi lamento, bene o male riesco ancora a fare il mio. Ho sempre con me il supporto e l’appoggio di una crew di amici, ed ancora riesco a divertirmi sopra il beat.

Anche in questo sicuramente il Rope Flow ha fatto la sua parte, non solo a livello di riscaldamento o mobilitazione articolare prima del training (soprattutto di polsi e spalle); ma anche come pratica per risolvere vecchi problemi di postura dovuti al grande impiego della parte dominante, a discapito di quella più debole, che è tipico del Bboying».

Vedi qualche affinità Bboying/Rope Flow?
Mi riferisco magari al pensare questo: come un bboy cerca un suo stile, una sua originalità, andando a unire una serie di sequenze tra toprock, footwork, power moves, freeze ecc; anche nel Rope Flow si possono costruire varie concatenazioni, e creare quindi un proprio stile immagino.

«Assolutamente sì! Mettere la propria “impronta” nell’esecuzione di movimenti classici, o inventare figure o incastri nuovi è fondamentale anche nel Rope Flow. Come nel Breaking, una volta imparate le foundations, occorre dimostrare di avere attitudine, portando fuori la propria personalità e le proprie caratteristiche per essere riconoscibile a colpo d’occhio».

Anche per quanto riguarda il possibile utilizzo della musica vedi un’affinità tra Rope Flow e Breaking?

«In questo processo di personalizzazione dei movimenti, utilizzare musica durante la pratica ha assunto per me un ruolo fondamentale. Ci sono scuole di pensiero che utilizzano un metronomo per dare una cadenza ai movimenti; ma da buon bboy, ho sempre preferito indossare un paio di cuffie e pompare i miei mix preferiti, cambiando i bpm a seconda dell’approccio scelto per la sessione.

Utilizzare musica ti permette, a mio parere, di spaziare maggiormente, dando risalto sia alla battuta che alla melodia; parlerei in certi casi di una vera e propria interpretazione del brano.
Su questa falsa riga, uno dei progetti che mi gira in testa, sarebbe proprio quello di creare uno spettacolo coreografico: Musica+Rope Flow.
Per ora è solo un’idea, ma non escludo, appena avrò tempo e modo, di dedicarmi alla realizzazione di un piccolo “spettacolo”».

Non molti mesi fa tra l’altro, come Ropeflow Italy, siete stati invitati a tenere il primo Open day a Sanremo ottenendo buoni feedback dai partecipanti; ma come sappiamo, causa restrizioni Covid, al momento riorganizzare eventi di questo tipo sarà un po’ difficile.
Il bello del Rope Flow però è che la corda la si può portare sempre con se, e praticare quindi ovunque si vuole. Come hai vissuto, e stai vivendo, anche col Rope Flow, tutto questo?

«Viviamo un periodo confuso, con un sacco di cambiamenti e limitazioni alle nostre abitudini. La scoperta di questa disciplina è coincisa per me con l’inizio di questo periodo, e probabilmente ha in parte salvato il mio equilibrio psico-fisico.

Per quanto mi riguarda, la cultura Hip Hop in generale ed il Breaking sono sempre stati per me sinonimo di aggregazione e comunità; e di conseguenza, l’impossibilità di poter incontrare gente e partecipare a eventi e jam ha drasticamente minato la mia voglia di allenarmi sul floor.

Grazie al Rope Flow, ho potuto affrontare questo difficile periodo con la consapevolezza di stare facendo comunque qualcosa di positivo per la mia persona, impegnandomi quotidianamente nello studio dei movimenti e della filosofia che sta alla base di questa disciplina.

Possiamo dire che mi sia preso un momento per me, per conoscermi meglio, per curare squilibri e scompensi; per sciogliere blocchi che avevo da anni ed allacciare rapporti con la nascente comunità mondiale.
Purtroppo si tratta pur sempre di interazioni virtuali, alle quali va dato il giusto valore. Ma comunque diventare parte di un movimento mondiale e ricevere feedback positivi da parte di un ambiente ancora “puro”, nel quale non sono ancora entrate federazioni a dettare regole, ed interessi economici a creare divisioni (speriamo duri)
; è, ed è stata una esperienza che mi ha spronato ad impegnarmi per crescere, con lo scopo di condividere il mio sapere e diffondere il Rope Flow anche qui in Italia.

Inoltre come dici tu, la comodità di trasporto della corda e la possibilità di utilizzarla in qualsiasi spazio, mi ha permesso di iniziare e continuare un percorso di crescita quotidiano, nonostante tutto».

Metti quindi che leggendo questa intervista qualcuno/a si interessi al Rope Flow, voglia comprare una vostra corda e desideri già iniziare a praticare, nonostante i tempi che stiamo vivendo. Da dove si parte, come funziona?

«Invito tutti i curiosi a contattarci sulle pagine social di Ropeflow Italy e Ropeflowizm. Possiamo aiutarvi sulla scelta di una corda adeguata, darvi consigli per iniziare a prendere confidenza con i movimenti base, e seguirvi nella vostra crescita anche attraverso lezioni individuali online. Stiamo lavorando ad un corso base che sarà possibile acquistare direttamente dal sito Ropeflowizm.it (al momento ancora in costruzione).

Testiamo continuamente nuove corde per offrire una scelta in base alle vostre esigenze di allenamento. Speriamo di poter fare presto un mini-tour in giro per l’Italia per diffondere il verbo. Nel caso siate interessati ad organizzare una tappa nella vostra città non esitate a contattarci, (sperando in tempi migliori). Nel frattempo ci si vede sul web!
Visitate i nostri canali per prendere ispirazione e mandateci i vostri video. Abbiamo creato una rubrica chiamata “Spaghetti Flow”, per presentare, di volta in volta, nuovi praticanti made in Italy. Chi sarà il prossimo???

Un grosso grazie a te Paolo, sei stato uno dei primi in Italia a capire la potenzialità del metodo e a supportarci concretamente. Grazie per la tua disponibilità, e la tua volontà di provare ad arrivare a più persone con questa intervista.

Continua a fluire!!».

Tko


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