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Jei Division – part 3



Qualche quintale gentile scivola sui granelli della strada e non si cura dei dislivelli. Maledetta amministrazione comunale, ha reso questa strada un fottuto colabrodo.

Comando la mia Piccola con semplici gesti delle mani, lei ascolta con l’educazione di cinquanta cavalli ed esegue senza far capricci. È la mia bambina. Cinque posti: due davanti e quello sportello sul retro che nasconde altri tre sedili, anche loro elegantissimi.
Jack chissà dove mi starà aspettando, chissà se poi mi starà davvero aspettando. Le ragazze invece le troverò all’hotel Kensinton Blue, saranno già pronte con gonnelline e body, porterò loro due fiori, almeno sapranno come funziona questo maledetto gioco.

Mi piace immaginarmi in un film, di quelli dove il protagonista guida e il paesaggio proiettato sfila velocemente sullo sfondo, magari si ripete pure, ed un ventilatore sulla faccia che simula il vento caldo del Texas.
Qua lo sfondo è reale, passa alla velocità che io decido col mio pedale e spesso si ripete, ma lo fa per la mancanza d’inventiva della casta dei moderni architetti. Non è il Texas ed io non sono così affascinante come Paul Newman, ma le ragazze saranno bellissime e la mia Piccola, beh, lei è splendida davvero.

Sento ancora il motore che spinge, mi attacca al sedile, mi rilasso e schiaccio l’acceleratore. Sono appena le cinque, c’è ancora tempo per un giro fuori programma.
Gli Who profetizzano cose che non capisco, ma lo fanno in modo così piacevole che non mi interessa il messaggio, li ascolto io e li ascolta la mia Piccola che col suo motore, così dolce, si prende il lusso di soffocare i sacri mostri inglesi.
Mille demoni fumanti escono dalla marmitta, profumo d’oro nero che sorprende anche il più disattento dei passanti, ha tutta l’attenzione su di sé la mia Piccola, fiore vanitoso dell’asfaltato campo. Un vecchio rugoso fa un cenno con la mano, “rallenta” sembra dire. Che si fotta!