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FRANCAMENTE ME NE INFISCHIO
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Gli Ultimi Giorni di Pompeo – Trent’anni senza Paz



Oggi, 16 Giugno 2021, ricorrono trentatré anni dalla scomparsa di Andrea Pazienza, la “rockstar del fumetto italiano”.
Con un numero così “cristologico”, lo ricordiamo parlando della sua opera più intima, complessa e sofferta; di cui probabilmente si è già scritto e parlato molto, ma forse mai abbastanza: “Gli ultimi giorni di Pompeo”.

Generazione Cannibale

Gli anni Ottanta italiani sono stati quelli del fumetto d’autore; dopo essere stato portato, nel decennio precedente, dal seminale “Linus” di Oreste del Buono, una forte rivoluzione era arrivata nelle riviste.
Dai tumulti studenteschi del Settantasette era nata “Cannibale”, una meteora di pochi numeri che portava nelle edicole storie e personaggi innovativi.

Il cosmo giovanile irrompeva nel panorama del fumetto italiano portando con se storie diverse: droga e violenza.
Il tratto delle vignette era qualcosa di mai visto, lisergico ed allucinato, che deflagrava la griglia esplodendo nello spazio bianco della pagina.

Dalle ceneri di “Cannibale” e dall’incontro dei suoi autori con Vincenzo Sparagna, l’allora direttore della rivista satirica Il Male, sorgeva negli Ottanta del riflusso la leggendaria “Frigidaire”. Rivista dove la sperimentazione tematica e grafica, iniziata quasi nel più completo sbaraglio dai cannibali, si faceva programmatica; scandendo un prima e un dopo nel panorama del fumetto e delle riviste in Italia.

Uno degli alfieri del fumetto rivoluzionario del decennio è stato Andrea Pazienza, esordiente su “Linus”, fondatore di “Cannibale” e “Frigidaire”. Di Paz si è scritto molto. Della velocità con la quale realizzava le tavole e della sua attitudine alla narrazione; capace di creare anche in poche vignette storie dal ritmo incalzante e stratificate di significati; dell’eclettismo della sua mano, capace di spaziare da un genere all’altro, da una tecnica all’altra; del linguaggio che metteva nei baloon, frutto della conoscenza diretta del mondo della Bologna in rivolta del Settantasette, coacervo di dialetti e slang provenienti da tutta Italia.

Frigidaire

E di Paz si è detto tanto anche riguardo sua complicata relazione con l’eroina e della dose fatale che ne ha stroncato la vita nell’88. Andrea Pazienza non ha mai mascherato la sua dipendenza, anzi, solo l’anno prima della morte, la mette al centro del suo libro più autobiografico; che per evidenti ragioni è divenuto il suo testamento: “Gli ultimi giorni di Pompeo”.
Pompeo inizia dove la vita di Andrea finirà l’anno dopo. Da una dose di troppo ed una discesa verso un’overdose, dalla quale – a differenza del suo autore – il personaggio riesce a salvarsi.

Nel periodo in cui lavora a Pompeo, Pazienza sta tentando di disintossicarsi: come scrive nella postilla del libro “adesso sto bene, vivo in campagna” e “i ragazzi di qui mi chiamano Vecchio Paz”.

Gli Ultimi Giorni di Pompeo

È subito chiaro come in quei giorni la stesura dell’opera diventi catartica per il suo autore.
La velocità di sempre nell’esecuzione si tramuta in un’incessante esigenza di mettersi a nudo e di raccontare il proprio incubo. Proprio per questo “Gli ultimi giorni di Pompeo” si manifesta fin dalle prime pagine come un ibrido tra fumetto e romanzo illustrato, tanto che i teorizzatori del medium lo annoverano fra le prime graphic novel.

Lo spaccato della (non) vita di Pompeo si srotola veloce, spesso senza alcun utilizzo della griglia, a pagina intera; con il tratto forte dei pantoni neri che Pazienza prediligeva. Le tavole sono fogli di quadernone quadrettati, dove il rigo rimane ben visibile e a tratti ostacola lettura.
Marina Comandini, la moglie di Andrea, rammenta di come la smania di scrivere del marito lo facesse lavorare a Pompeo ovunque capitasse, compresi i quaderni della sorella, con le suddette pagine quadrettate.

Che questo sia vero o mitologia non è poi così importante, scorrendo le pagine e il tratto febbrile di Pazienza, sembra quasi di immaginarselo, chino su fogli di fortuna; impegnato nella tortura della psiche e del corpo di Pompeo mentre cerca di liberarsi della propria.

Nell’opera converge come una summa tutta la produzione pazienziana, inevitabilmente trasfigurata dalla tragicità della parabola di Pompeo.
Bologna, teatro carnevalesco del suo esordio su “Linus” con Le straordinarie avventure di Pentothal, ora divenuta città cupa, “esausta”, ritratta come un paesaggio metafisico. Il mondo dei tossici delle prime storie di “Cannibale”, ora non più Pippi sballati“, ma “spade usate, unghie nere, sguardi spenti, denti marci, deliri, frammenti, passati, presenti e nessun futuro”.

Bologna, Pompeo ed i tossici, sono il desolato prodotto dei ruggenti anni Ottanta che venivano raccontati sulle pagine di “Frigidaire”. Anche il linguaggio elaborato dalla conoscenza dell’humus bolognese si mischia ora alla tragicità dei versi dei poeti russi; (sempre la Comandini ricorda come l’autore ascoltasse continuamente, mentre lavorava, la lettura di Majakovskij, Esenin e Pasternak eseguita da Carmelo Bene) con cui Pazienza infarcisce racconto e pensieri del suo alter-ego: “è dolcissimo non appartenerti più”.

Gli ultimi giorni di Paz

Le ultime pagine del fumetto sono le più strazianti di tutta l’Opera di Pazienza.
Dopo la dura ed intima autoanalisi arriva la resa. Pompeo è richiamato dal “fondo” dello spazio bianco, poi una telefonata alla madre e la corsa in macchina nella notte verso l’uscita dell’autostrada di Montepulciano; il paese dove in quel momento Andrea e Marina vivono.
Infine il pendio, la catena al collo e Pompeo “si buttò come fosse stato, all’improvviso, spintonato”.
La virgola prima della spinta, forse il sospiro finale del suicida, forse quello del suo autore prima di mettere il punto a quel capitolo della sua vita.

Con Pompeo finiva tutta una stagione italiana che aveva visto il suo autore esserne protagonista: al centro del rinnovamento che avveniva attorno al mondo del fumetto, cantore del riflusso e vittima di quello stesso.
Era, forse, il suo Segno di una resa invincibile“.

“È dolcissimo non appartenerti più”.


Gli Ultimi Giorni di Pompeo

di Andrea Pazienza
Anno: 1987