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Alessandro “Zuek” Simonetti: dal writing alla foto ineffabile



“Si’, ho cominciato con il writing, il bombing dei treni, a Bassano del Grappa, da ragazzo, nei primi anni ’90…” Sono al telefono con Alessandro Simonetti, aka Zuek, come la tag che usava a quei tempi, perche’ oggi si inaugura a Milano una mostra di sue opere. Sui muri della Galleria Patricia Armocida non si saranno pero’ graffiti fatti con l’aereosol, o quadri dipinti a pennello, o disegni realizzati a matita. Il medium con cui Alessandro si esprime e’ diventato da anni la fotografia.


Alessandro Zuek Simonetti, Cat, Brooklyn NYC 2011, Archival pigment print

Il titolo della mostra e’ Uncanny, una di quelle parole della lingua inglese che non hanno un vero equivalente in italiano. Se guardi su un dizionario trovi come traduzione termini che vanno da sconcertante a inquietante. Ma la sfumatura chiave e’ che qualcosa di uncanny ci appare in qualche modo familiare, eppure anche sottilmente diverso, e quindi ci lascia straniti e perturbati, senza che riusciamo veramente a capire il perche’.

Ora, per dovere di cronaca, devo spiegare che le foto di Alessandro nella mostra di Milano affiancano quelle di Cheryl Dunn, una fotografa americana di grande talento che lo precede anagraficamente di una generazione. Ma il lavoro di lei lo conosco poco, mentre Alessandro ho avuto modo d’incontrarlo di persona, e dopo aver molto apprezzato le immagini che ha gentilmente offerto a Goldworld come narrativa parallela nell’articolo Oltre le mode: Irresistibile New York, che ti fa male alla salute di Cece, ero rimasto sufficentemente intrigato da voler capire meglio da dove venivano.

“Non c’e’ stata una pianificazione,” mi risponde quindi lui, quando gli chiedo come e perche’ e’ passato dal writing alla fotografia: “Frequentavo una scuola d’arte, ho acquisito il mio primo set fotografico quando avevo 15 anni, e ho cominciato ad usarlo per documentare i piece che facevo, i concerti a cui andavo, la scena degli skaters che frequentavo.” A me, la prima volta che l’ho visto, Alessandro aveva fatto l’impressione di un costolone con fisico da montanaro declinato in quel cool giovanile che ormai non conosce frontiere. Cerco di immaginarmelo in questo pasaato da teenager. “Ero, eravamo, certamente molto naive. Bassano e’ un paesone di 50.000 abitanti. Anche se la pratica del writing era abbastanza diffusa fra i ragazzi della mia generazione, a quell’epoca non c’erano riviste, le informazioni circolavano molto piu’ lentamente, se volevi vedere qualcosa, dei piece piu’ sofisticati, delle fonti di ispirazione, dovevi andare almeno a Vicenza!”


Alessandro Zuek Simonetti, Wooster, NYC 2011, Silver gelatin print

Un ricordo che invece rifrulla in testa a me e’ dove ho scoperto un significato piu’ concreto di uncanny. Era al Siggraph, qualche anno fa’, a Boston, al mega convegno internazionale di grafici e illustratori. C’erano molte tavole rotonde e relazioni sul futuro della computer animation, del cinema digitale, del modeling di attori sintetici. E fra gli esperti si discuteva animatamente di come il nostro cervello accetta senza problemi, anzi quasi sorridendo, le fattezze di un volto umano disegnato con il tratto grossolano di un cartoon. E come invece va in tilt, provando addirittura un certo ribrezzo, quando la verosomiglianza si avvicina al fotorealismo senza raggiungere la perfezione assoluta, perche’ milioni d’anni di evoluzione ci hanno abituati a valutare inconsciamente i piu’ minuti dettagli delle espressioni facciali dei nostri simili, e ci accorgiamo subito che c’e’ qualcosa di strano in un volto sintetico, anche se non sapremmo assolutamente descrivere che cos’e’.

Qualcosa del genere si applica perfettamente al lavoro di Alessandro. Perche’ le sue foto sono bellissime, eppure sarebbero scartate immediatamente dalla giuria di un concorso organizzato da un Foto Club amatoriale, visto che non si conformano in alcun modo ai canoni estetici, al gusto del bello, che oggi trionfa nella cultura di massa. E perche’ le sue foto ci affascinano come documenti di culture piu’ o meno misteriose e underground, lasciandoci pero’ allo stesso tempo confusi e perplessi, visto che non rispecchiano nessuno dei precetti del foto reportage giornalistico tradizionale.

Mi verrebbe addirittura da dire che nel mondo odierno, quello dove la fotografia e’ ormai un’arte tutta virtuale, fatta di sensori elettronici, memory card e megapixel manipolati in Photoshop, Alessandro forse non e’ nemmeno un fotografo, visto che preferisce lavorare in analogico, con le vecchie pellicole, esattamente come quando aveva cominciato a scattare da ragazzo. E allo stesso tempo le stampe che offre in vendita in tirature limitate, con edizioni di 10 copie (“Cerco di mantenere una certa unicita’ dei pezzi”), non hanno nulla a che vedere come soggetto, stile e prezzo (fra gli 800 e i 4000 euro) con i mega lenzuoli policromi di autori come Andreas Gursky o Edward Burtynsky, due fra gli artisti piu’ osannati dal mercato della “fine art photography” contemporanea (con un trend di quotazioni milionarie da record nelle vendita all’asta).


Alessandro Zuek Simonetti, Pigeon, Chinatown NYC 2008, Silver gelatin print

“New York, per chi e’ appassionato di una certa cultura musicale e artistica, come quella da cui vengo io, e’ come il viaggio alla Mecca,” mi spiega ancora lui, quando gli chiedo dell’altra grande svolta della sua carriera, ovvero del passaggio dall’Italia alla Grande Mela, dove adesso vive e lavora. Mi dice di nuovo che non e’ stata una mossa studiata a tavolino: “E’ stata un’esperienza poco pianificata, anzi pianificata zero. Ci sono arrivato, ci sono voluto rimanere, e a livello culturale e’ una citta’ che mi ha riempito, mi ha soddisfatto, ma anche perche’ ho sfruttato tutte le opportunita’ che poteva offrire.”

Nella mostra della Galleria Patricia Armocida, cosi’ come in moltissimi altri lavori di Alessandro, New york e’ una sorta di collante che tiene tutto assieme, ma non nel senso di mera location geografica, o peggio ancora di superficiale destinazione di viaggio, quanto di concetto che finisce per astrarsi completamente dalla fisicita’ della metropoli. “Quando sono arrivato negli Usa,” racconta lui, “ho vissuto un deja vu, perche’ nonostante la devozione che mi ero portato dietro, vedevo tutto come se lo avessi gia’ visto, al cinema o nei telefilm.”


Alessandro Zuek Simonetti, Skullcar, East Village NYC 2006, Silver gelatin print

Il risultato di questo corto circuito creativo ha portato le sue foto sulla pagine di riviste prestigiose, come Rolling Stone, GQ, Arkitip, Lodown e Theme, oltre a garantirgli commissioni da parte di brand come Carhartt WIP, Zoo York, Diesel, Lee, Bijules e Redbull. Eppure Alessandro e’ molto enfatico nel ribadire che queste relazioni piu’ commerciali non limitano affatto la sua liberta’ creativa: “Direi che il 95 per cento della mia produzione nasce comunque da qualcosa che mi intriga, ovvero da delle ricerche personali. Sulla lunga distanza questa scelta paga, perche’ chi mi cerca lo fa’ proprio perche’ mi conosce per quel tipo di lavori.”

A conclusione della nostra conversazione provo allora a chiudere il cerchio, invitando Alessandro ad offrirci una riflessione d’insieme, che torni da dove e’ partito per aiutarci a trovare il senso di dove e’ arrivato con le sue immagini ineffabili: “Beh, in un certo senso la mia fotografia e’ sempre rimasta legata alla strada, non come street culture, perche’ devo ammettere che oggi seguo il writing molto poco, ma come interesse per le nicchie culturali, per le storie sociali nascoste, per lo scatto di strada invece che in studio. Il writing mi ha lasciato un’impronta culturale profonda: quella dell’auto promozione, del guerrilla marketing. Ma sopratutto mi ha portato a sviluppare un’originalita’ stilistica personale fin da giovane, qualcosa che quando sei un ragazzino di 17 anni che vive in provincia non e’ affatto scontato.”

SOPRA A SINISTRA – Alessandro Zuek Simonetti, Flag, Coney Island NYC 2006, Silver gelatin print.
SOPRA A DESTRA – Alessandro Zuek Simonetti, Camu Car, Williamsburg NYC 2011, Archival pigment print.
SOTTO A SINISTRA – Alessandro Zuek Simonetti, Petals, NYC 2011, Archival pigment print.
SOTTO A DESTRA – Alessandro Zuek Simonetti, Folded flag, NYC 2011, Archival pigment print.

Mostra: UNCANNY
Cheryl Dunn/Alessandro Zuek Simonetti

Galleria Patricia Armocida:
Via Lattanzio 77, 20137 Milano
Tel: +39 0236519304
Mail: info@galleriapatriciaarmocida@gmail.com
Web: http://www.galleriapatriciaarmocida.com

Inaugurazione: Lunedì 28 Novembre 2011, ore 19
Aperta fino a Sabato 21 Gennaio 2012
Dal martedì al sabato, ore 11.30-13 e 15.30-19

Per saperne di piu’:
Il sito di Zuek: http://www.zuekphotography.com
Progetto dd/mm/yyyy: http://alessandrozueksimonetti.blogspot.com