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GIÀ TRATTORIA DA PIETRO
Cinema

Ghostbusters 3



Che Jason Reitman fosse un regista interessante l’avevo capito dal 2005, quando andai al cinema a vedere “Thank You For Smoking”. (Se non l’avete visto ve lo consiglio caldamente)
Qui però si rischiava di giocare con il fuoco, e di toccare quello che i puristi chiamano “il sacro”. Io però non sono una purista (mi piacciono i prequel dei primi anni 2000 di “Star Wars”, per dire), e mi è anche capitato di vedere operazioni nostalgia andate a finire bene, tipo “Jumanji: Welcome to the Jungle”. Nonostante ciò, ero comunque un po’ prevenuta nei confronti di “Ghostbusters: Afterlife”, per una questione di probabilità.

Divago un secondo dal film stesso per sapere se qualcuno può illuminarmi a riguardo (nonostante io lavori proprio nel doppiaggio) capisco cambiare alcuni titoli traducendoli per il mercato italiano, ma questo è arrivato nei cinema con un altro titolo inglese, cioè “Ghostbusters: Legacy”. A questo punto lasciatelo in originale. Che è, legacy è una parola più italiana di afterlife? Non ho capito.

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Comunque, lo spettacolo pomeridiano della domenica si prospettava un’avventura complessa: in sala c’eravamo solo io, mio marito e TUTTI ragazzini in gruppi sparsi da 6-8. Per fortuna abitiamo a Roma Vietnam, per cui erano bambini molto educati; addirittura di fianco a me appena si sono spente le luci c’era un ragazzino che parlava e l’amico l’ha subito zittito dicendo “Shh! Si sono spente le luci, ora comincia il film!” Insomma, educazione spartana. Approvo.

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Ragazzi, comunque sarà stato l’ambiente confortante con bambini di 8 anni educatissimi che ridevano al momento giusto e si zittivano quando dovevano zittirsi, ma per me è stata un’esperienza positiva. “Ghostbusters: Afterlegacy” è un film che sicuramente ha dei problemi, tipo qualche palesissimo buco di trama e un paio di scene un po’ imbarazzanti perché si capisce che ti vogliono strappare la risata per forza.

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Però attenzione: questo è un film che cerca il suo pubblico nei ragazzini di 8-9 anni (basti vedere i protagonisti), quindi va contestualizzato. Io di anni ne ho 36, e riesco a capire quando un film non parla a me; perciò inutile dire “Eh, ma ‘sta battuta non fa ridere”. Allo stesso tempo, per noi nativi del 1985 et similia (che di quel pubblico siamo i genitori), ci sono ovviamente i riferimenti che tutti aspettavamo; e che ci fanno venire il groppo in gola (tipo i libri accatastati come nella turbolenza massiva di Philadelphia del 1947).

Il bello di GB3, comunque, è che riesce a scatenare l’effetto nostalgia in maniera molto garbata e mai esagerata (a parte forse una singola scena verso la fine), pur essendo uno dei quattro acchiappafantasmi originali il vero protagonista del film (non vi svelo ovviamente come).

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C’è tutto, comunque: l’effetto “Piccoli Brividi“, due fratelli di diverse età un po’ spaesati con madre che si trasferisce in un’altra città; il dolcissimo cameo di Janine Melnitz; una storia che quantomeno ha senso.

Ghostbusters 3“, insomma, almeno ci prova: prova ad aprire un filone facendo un passaggio di consegna e cambiando generazione, conclude una serie aprendone un’altra e fa un bellissimo e commovente omaggio a un attore che se n’è andato davvero troppo presto.

Sicuramente un sequel/reboot con dignità.

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