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WEB BLACKOUT! Rivolta in rete contro leggi Usa antipirateria



I milioni di cibernauti che ogni giorno consultano Wikipedia ieri hanno trovato una sorpresa. Per la prima volta nella sua storia, l’enciclopedia online piu’ popolare del mondo ha infatti oscurato, volontariamente, per 24 0re, tutte le sue pagine in lingua inglese. Uno spettacolo simile ha accolto i visitatori di migliaia, o forse decine di migliaia, di altri siti americani. C’e’ chi ha staccato virtualmente la spina, come BoingBoing (il celebre blog di cultura geek) o la Mozilla Foundation (la no profit che promuove lo sviluppo di software Open Source come il browser Firefox), presentandosi al pubblico con siti tutti neri, e chi ha scelto invece di oscurare titoli e testi, come la versione online della rivista Wired o il popolarissimo servizio di blogging WordPress, simulando l’intervento di un censore di stato. Persino nell’homepage di Google c’era una pecetta nera che copriva completamente il logo del motore di ricerca piu’ popolare del pianeta.

Ora, come probabilmente a questo punto sai benissimo anche se vivi in Italia, l’obiettivo di questa campagna senza precedenti era protestare contro due proposte di legge antipirateria attualmente all’esame del Congresso americano. Noti come Sopa (Stop Online Piracy Act) e Pipa (Protect Intellectual Property Act), questi due provvedimenti sono il frutto di un colossale sforzo di lobbing (in corso da almeno quattro anni) da parte delle multinazionali dello spettacolo, rappresentate dalla Motion Picture Association of America, la Recording Industry Association of America e la U.S. Chamber of Commerce.

Guerra totale ai pirati

Secondo i loro sostenitori Sopa e Pipa sono necessarie per sanare la piaga della violazione di massa del copyright. E per far questo conferiscono al Justice Department degli Stati Uniti il potere di ordinare l’oscuramento di qualsiasi sito nel mondo che permetta di accedere o scaricare film, musica, software, videogame e altri prodotti audiovisivi senza il permesso dei loro proprietari. Non solo, le due proposte offrono ai detentori dei diritti di proprieta’ intellettuale l’opzione di citare per danni come favoreggiatori anche molti intermediari, come i fornitori di connettivita’ internet, i gestori di motori di ricerca, i provider di servizi di hosting, se questi non si attivano per filtrare preventivamente eventuali contenuti piratati.

Tutto questo e’ per gli Stati Uniti una novita’ assoluta, visto che nel paese dove internet e’ stata inventata l’idea che la rete potesse essere censurata, con blocchi e filtri imposti dal governo, o peggio ancora da industrie private, era stata considerata finora un tabu’, o comunque una prassi da regimi totalitari come la Cina o l’Iran (la teconologia per impedire l’accesso a un file piratato e’ esattamente la stessa di quella usata per rendere invisibile in rete il blog di un dissidente o di un giornale scomodo).

Fino a qualche anno fa, per far fronte al fenomeno della condivisione di film e musica, esploso inizialmente con Napster e poi mai cessato, le multinazionali dello spettacolo avevano adottato una strategia diversa, intentando decine di migliaia di cause legali contro singoli utenti accusati di downloading illegale. Questo approccio si era rivelato pero’ un disastro totale in termini di pubbliche relazioni, alimentando l’odio dei consumatori (sopratutto piu’ giovani) verso i colossi di Hollywood e dell’industria discografica, senza di fatto intaccare la diffusione in rete di materiali di tutti i tipi da scaricare senza pagare. Sopa e Pipa sono quindi il risultato di un radicale cambio di strategia, che invece di cercare di intimidire i singoli utenti della rete punta a “bonificare” tutto il ciberspazio, trasformando i gestori di servizi digitali in un esercito di sbirri del copyright.

L’Italia come banco di prova

Paradossalmente la nostra piccola Italia puo’ vantare il triste primato di aver fatto da banco di prova per questo approccio censorio. E’ infatti ben noto che, con la scusa di combattere la pedopornografia e il gioco d’azzardo online, nel nostro paese sono in vigore da anni norme che impongono ai provider di bloccare l’accesso a una lunga lista nera di siti. E che queste norme sono state utilizzate dalla lobby locale dell’industria dello spettacolo per ottenere l’oscuramento di molti siti accusati di favorire la violazione del copyright, primo fra tutti The Pirate Bay, il mitico portale svedese che permette di condividere con tecnologia torrent ogni sorta di contenuti audiovisivi.

C’e’ pero’ una differenza sostanziale. Mentre da noi le proteste contro queste forme di censura digitale sono rimaste limitate ai circoli degli esperti, dei libertari e degli smanettoni piu’ incalliti, in America Sopa e Pipa hanno scatenato un vero e proprio tsunami di reazioni organizzate. Fin dallo scorso autunno, quando le due proposte di legge hanno iniziato il loro iter parlamentare, una vasta coalizione di oppositori ha cominciato a prendere forma, includendo non solo associazioni di base e gruppi di consumatori, ma anche tutti i maggiori marchi dell’economia digitale. Da Google a Facebook, da America Online a Twitter, da Mozilla a Wikipedia, le aziende e le fondazioni no profit che sono scese in campo contro Sopa e Pipa ormai non si contano piu’.

L’onda delle proteste ha cominciato a gonfiare fra ottobre e novembre, coinvolgendo centinaia di docenti di legge e organizzazioni a difesa dei diritti civili (come l’Electronic Frontier Foundation o Reporters Without Borders, perche’ le misure proposte sono cosi’ draconiane da mettere a repentaglio la liberta’ di espressione), esperti di sicurezza informatica (perche’ da un punto di vista tecnico quelle stesse misure minacciano di aprire falle pericolose nel corretto funzionamento di internet), banchieri d’investimeto, imprenditori e inventori (inclusi i fondatori di Google, Yahoo!, Twitter, Craiglist, PayPal, Flickr, Linkedin, YouTube, eBay e Blogger, perche’ quelle misure rischiano di tarpare le ali all’innovazione).

La rete, indignata, si risveglia

Il modo politico americano ha inizialmente ignorato tutto questo fermento, con i commentatori parlamentari che continuavano a dare per certa l’approvazione delle nuove norme a larga maggioranza bipartisan, nonostante fra gli utenti della rete lo scontento continuasse a montare. Invece, Sony e Nintendo, due aziende che si erano apertamente schierate a favore di Sopa e Pipa, si sono ritrovate nel mirino degli hacker di Anonymous (e si sono subito zittite). GoDaddy, il piu’ grande fornitore del mondo di servizi di registrazione di domini internet, che aveva espresso anch’esso una posizione favorevole, e’ diventato oggetto di una campagna di boicottaggio che gli ha fatto perdere 70.000 clienti, convincendo l’azienda a ribaltare la sua posizione.

Le multinazionali dell’audiovisivo, sorprese da tanto clamore per due leggi che speravano di far approvare in sordina, hanno rialzato la posta con una costosa campagna di PR, pubblicando annunci pubblicitari a tutta pagina sui principali quotidiani, zeppi di statistiche allarmate sul costo della pirateria per l’economia americana e per l’occupazione. Ma la coalizione degli oppositori gli ha risposto colpo su colpo, evidenziando che il settore high tech e l’economia digitale creano molta piu’ ricchezza e impiegano molte piu’ persone, e che la tutela dei vecchi business mediatici non vale comunque l’abrogazione della liberta’ di espressione in rete.

La Casa Bianca di Obama, fiutando gli umori dell’opinione pubblica, ha dichiarato a sua volta di essere contraria a misure anti pirateria che potessero portare al rischio di censura per attivita’ che nulla hanno a che fare con la violazione del copyright, rendere insicure le reti e inibire l’innovazione tecnologica, una presa di posizione significativa perche’ il predidente degli Stati Uniti ha pur sempre diritto di veto sulle leggi approvate dal Congresso. Molto interessante e’ stata quindi l’immediata reazione, al limite dell’isteria, di Rupert Murdoch, uno dei principali sostenitori di Sopa e Pipa, e un uomo che certamente non e’ abituato ad essere contraddetto dai politici di mezzo mondo. Con due post su Twitter, uno strumento che il vecchio tycoon ha iniziato ad usare solo da pochissimo tempo, Murdoch ha prima accusato Obama di essersi venduto agli interessi della Silicon Valley e quindi Google di fare profitti proprio grazie alla pirateria.

Il web scipera, la politica fa dietro front

E’ in questo contesto di polemica sempre piu’ furibonda che l’idea di uno sciopero della rete ha preso forma, trasformando le preoccupazioni degli esperti di diritto e tecnologia in un movimento di protesta di massa. Gia’ nel primo pomeriggio di ieri Twitter ha calcolato che i suoi utenti avevano pubblicato almeno due milioni di post sull’argomento. Una petizione contro Sopa e Pipa proposta da Google ha raccolto piu’ di quattro milioni e mezzo di adesioni. Sul sito oscurato di Wikepedia almeno quattro milioni di persone hanno consultato informazioni su come contattare i propri rappresentanti alla Camera e al Senato per protestare. Una presa di posizione di Mark Zuckerberg sulla sua pagina Facebook ha accumulato centinaia di migliaia di “Mi piace” in poche ore. Engine Advocacy, un servizio che permette ai cittadini di contattare i propri rappresentanti in parlamento per fargli sentire la propria voce, e’ arrivato a smistare una media di 2.000 telefonate al secondo.

Sotto le pressione di questa ondata di voci di popolo, il fronte parlamentare a favore dell’approvazione delle nuove norme comincia a sgretolarsi. Marco Rubio, giovane senatore della Florida e nuova promessa del partito repubblicano, annuncia in mattinata di aver cambiato opinione, ritirando la sua firma dalla proposta di legge Pipa di cui era stato uno dei presentatori. Uno stillicio e poi una valanga di colleghi lo segue. A fine giornata almeno 10 senatori e una ventina di parlamentari hanno dichiarato pubblicamente che adesso si oppongono ai due disegni di legge. Non e’ piu’ chiaro se nei due rami del parlamento ci sono i numeri per aprire anhe solo il dibattito su Sopa e Pipa. Le aspettative si sono completamente ribaltate.

Fra i commentatori, tutti un po’ stupiti dalla potenza della reazione del popolo del web, Pipa e Sopa vengono dare per morte e sepolte. C’e’ chi azzarda ad inquadrare questo conflitto come una battaglia fra Hollywood e Google, ovvero fra due interessi commerciali diversi ma anche simili, colossi mediatici contro colossi informatici. Gli addetti alle pubbliche relazioni di Google, che in questo scenario dovrebbero essere i vincitori, sono pero’ i primi a rigettare un simile onore, perche’ per quanto gli piacerebbe vantarsi del contrario, si rendono conto di non essere stati loro a cambiare la dinamica della situazione.

E’ piu’ probabile invece che il 18 gennaio 2012 venga ricordato come il giorno in cui l’intelligenza collettiva della rete ha debuttato sl palco della politica, imponendo il rispetto della propria voce. Il che non vuol dire che la battaglia per mantenere la rete libera, difendendo il diritto della gente di usarla come gli pare, sia gia’ finita. Ma non e’ nemmeno un inizio di partita cosi’ male.