La scorsa settimana è uscita una copertina di un settimanale orrenda.
Esattamente quella che vedete sopra a inizio articolo.
E come spesso succede in questi casi mi domando: è giusto parlarne?
Ovvero, dovremmo parlarne con il rischio di far pubblicità a questo pessimo settimanale, o far finta di niente, aspettando il prossimo articolo di giornale infame per cui indignarsi?
Ho scelto la seconda, di analizzarlo, assumendomi il rischio di dare risalto a questo schifo, ma forse occorre fare due riflessioni.
La prima cosa che ho pensato è stata: ma le persone ritratte in copertina non si sono offese? Mi spiego, nelle foto ci sono persone con abiti mussulmani o non bianche…ma magari sono italiane!
I giornalisti si saranno domandati chi sono quelle persone sbattute in prima pagina?
No, non credo. Non sono bianche e cattoliche, non possono essere italiane.
La seconda considerazione è il sotto titolo della copertina: “Dai ghetti di Campania e Puglia alle «banlieue alla francese» di Milano e Roma, dove l’integrazione è ormai impossibile tra degrado e criminalità. Al di là delle polemiche sulla «sostituzione etnica», vince la realtà. Ecco la mappa di un Paese in cui l’immigrazione disordinata o clandestina ha strappato il tessuto sociale“.
Disordinata per colpa di chi? Dei migranti? Che scappano da paesi quanto meno poveri, se non in guerra, almeno lo dovrebbero fare con un certo ordine! Come hanno fatto sempre gli italiani.
Terza considerazione: la sostituzione etnica è un pallino delle destre di tutto il mondo.
La popolazione bianca, dopo anni di colonialismo in tutti i continenti del globo terrestre ha paura di essere sostituita automaticamente da coloro che aveva sfruttato nel secolo precedente.
Come se l’uomo non fosse migrante da sempre.
O come se in Sicilia non ci fossero stati per anni arabi e normanni.
Infatti la nazione è legata culturalmente e socialmente solo dal candore cutaneo (bianco tendente al ceruleo) e dalla carbonara cucinata esclusivamente con il guanciale.
Ma i giornalisti oltre alle banlieue francesi della capitale, non si sono accorti che il cuoco che ha cucinato la loro carbonara e il cameriere che gliel’ha servita sono probabilmente immigrati di seconda generazione, non bianchi, che parlano con accento trasteverino?
Possibile che queste persone non comprendono che se dai una possibilità di integrazione e la possibilità di lavorare legalmente alle persone che vengono qui, questi dopo si sentono più italiani di loro.
Basterebbe vedere chi si candida a Brescia alle prossime elezioni, due candidati tra le file del centrodestra, per Fratelli d’Italia e Forza Italia.
Allora il problema vero non è l’essere bianco o cattolico, ma come questi immigrati vivono, che possibilità di crescita hanno.
Il problema non è la sostituzione etnica, ma il ghetto dove vivono.
Con la crescita demografica a zero, totalmente dipendente dagli stranieri, dovremmo preoccuparci di mettere in regola e all’opera queste persone, per loro in primis, ma anche per noi stessi, bianchi e cerulei (io neanche tanto), perché stiamo costruendo un’Italia fatta di vecchi e pure brontoloni. Un futuro in cui avremo un disperato bisogno di badanti.
Un futuro con riscaldamento globale e inverno demografico.