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PROFEZIA CHE MALINTERPRETATA PUÒ ESSERE STATA
STORIES

Francesco Nuti visto da Prato



Illustrazione di Niccolò Storai 

Odio gli elogi funebri.

Se una persona è stata in vita una persona valida, dovrebbe essere celebrata il giorno dopo?

Boh, forse sì.

Quello che odio veramente sono i coccodrilli, gli articoli dai giornalisti preparati mesi, a volte anni, prima della morte del personaggio celebre.

Dio che squallore.

Eppure la morte del mio concittadino, l’attore Francesco Nuti, oltre ad avermi scosso, mi ha colpito per la poca celebrazione.

Ho letto praticamente tutto quello che è uscito sulla stampa e sul web e niente mi ha fatto dire: questo era il Nuti!

Inoltre le televisioni, complice un palinsesto estivo (mah) non ha fatto vedere nessuno dei suoi film.

E qui ci starebbe bene una bestemmia.

Comunque, soprassediamo.

Francesco Nuti o meglio Cecco da Narnali, come amava firmarsi, per me non era solo un comico. Era espressione pura dell’identità toscana. Filosofia di strada della nostra felicità, della nostra amarezza e del nostro modo di vivere. Prima con quel magnifico gruppo chiamato Giancattivi (con Athina Cenci e Alessandro Benvenuti) e poi da solo, aveva un modo di raccontare la realtà surreale. “A ovest di Paperino” è una giornata di tre loschi ragazzi con una cattiveria verso i malcapitati incontri, tra cui una Cenci verso i bambini che oggi non sarebbe mai accettata.

A ovest di Paperino

Eppure in tutto quel concentrato di non-sense si parla di disoccupazione e burocrazia, radio libere e droga.

Quando è morto Francesco ho letto che il pubblico l’aveva dimenticato.

Ma quando mai?

Nella nostra città, Prato, ogni anno i cinema organizzano rassegne dei suoi film.

Il fratello Giovanni ha scritto un libro “Francesco Nuti – andata, caduta e ritorno” da cui è stato tratto uno spettacolo teatrale.

Il 18 Luglio al chiostro di San Domenico a Prato un altro spettacolo “Tutta colpa di Cecco” con il disegnatore Niccolò Storai e due musicisti, Stefano Simmaco e Fabio Giuliani, celebreranno l’attore pratese.

Ma più in generale Francesco fa parte del DNA della città.

Madonna che silenzio c’è stasera
Caruso Pascoski

Dammi un bacino“, “chi tace sta zitto” e “la mortadella è comunista” sono molto di più di semplici intercalare.

Sono password segrete di ragionamenti intrinsechi di una logica tutta nostra.

Quasi totalmente incomprensibili a chi ci vede da fuori.

In “Madonna che silenzio c’è stasera“, film girato a Prato, Nuti entra in una fabbrica tessile per cercare una persona e tutti i lavoratori che gli indicano la via hanno qualche dito in meno alla mano.

Un modo per denunciare con ironia gli infortuni sul lavoro tutto nostro, toscano, assurdo altrove.

In un’altra pellicola Francesco ha un fratello sulla sedia a rotelle (interpretato da Alessandro Haber).

Mentre Nuti gli spiega un problema Haber gli dice che quello è un suo problema, e che lui vuole andare in Africa perché ha sentito che il caldo fa bene alle gambe e potrebbe tornare a camminare.

Visto che il fratello non vuole risolvere il SUO problema (le gambe), lui non ascolterà l’altro problema.

La scena è un crescendo di urla, e finisce che Nuti mette a letto il fratello urlando: Cattivo!

E dopo addirittura c’è un duello a ceffoni sulle sedie a rotelle!

Livelli altissimi di humor grottesco, che ricordano i Monthy Python, ma di Narnali.

Recuperate il film, si chiama “Willy Signori e vengo da lontano“.

Mi ringrazierete.

Persino dalla crisi esistenziale di Francesco, noi pratesi abbiamo comprensione maggiore, senza quel bieco vittimismo, rispetto al resto d’Italia. Chi tra di noi non ha passato un periodo di depressione, specialmente dopo un grande successo?

Un periodo di merda, si direbbe in Toscana, dove tutti ti evitano e ti ignorano.

E ti lasciano solo.

A Francesco è capitato dopo il suo più grande successo, il film “Donne con le gonne“.

E Francesco è stato una metafora di tutta la città, che dopo un periodo di splendore nell’industria tessile, ha passato grandi momenti di crisi.

La depressione è sempre un argomento poco trattato dalla nostra società.

Una realtà abituata più spesso a celebrare sui media e oggi con i social, gli splendori della vita, con i momenti instagrammabili, le foto delle ferie e gli aperitivi in grandangolo.

Niente di tutto questo era Francesco Nuti.

Ciao Cecco da Narnali, da Marco da Galceti.