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Cinema

Il favoloso mondo rosa e polarizzante di Barbie



In questi caldissimi giorni di fine Luglio, il mondo, ma soprattutto il web, si è colorato prepotentemente di rosa, grazie all’avvento di Barbenheimer, fenomeno memetico globale che ha accompagnato il lancio di due dei film più attesi dell’anno, Barbie e Oppenheimer, appunto.

Va detto che questa campagna pubblicitaria totalmente casuale e apparentemente senza senso ha creato un hype pazzesco per entrambi i prodotti ed è finita per fare benissimo ad entrambi (sicuramente tra i due, a livello commerciale, ne ha guadagnato più il film di Nolan) e questa è sicuramente una bellissima notizia per il Cinema e soprattutto per gli esercenti (entrambi stanno macinando record di incassi a livello globale).

Uno dei tanti meme del Barbenheimer

Purtroppo per noi, in Italia, Oppenheimer uscirà il 23 agosto, quindi, tranne i giornalisti di settore per cui è stata organizzata la doppia proiezione (hanno tutta la mia invidia), non abbiamo avuto l’opportunità di viversi appieno il Barbenheimer, ma ciò non ha impedito al web di esplodere in un fungo atomico rosa in cui si sono creati due schieramenti netti tra chi ha apprezzato il film e chi l’ha odiato e ci tiene tantissimo a farlo sapere a tutti.

Ma cos’è il film di Barbie di Greta Gerwig? Secondo me, prima di dire qualsiasi cosa a riguardo, è bene ricordarsi che è una grandissima operazione commerciale o, per dirla ancora più semplice, una pubblicità. Solo che, al contrario del format promozionale classico, stavolta è codificata come film per un target molto ampio (non è un film per bambine).

Non è certo la prima volta che grandi autori della Settima Arte si prestino al mondo pubblicitario, basti pensare a Michael Gondry con Levi’s o Alejandro Gonzàlez Iñàrritu che realizzò il bellissimo spot “Write the Future” della Nike, senza contare Paolo Sorrentino o Martin Scorsese che hanno lavorato rispettivamente per Bulgari e Dolce & Gabbana.

Lo spot della Nike di Iñàrritu

C’è qualcosa di male a dirigere uno spot? Personalmente penso proprio di no, dato che si tratta di lavoro. E tendenzialmente questa cosa è più che accettata da tutti, anzi, è persino apprezzata.

Però come dicevo, questa volta si tratta di una pubblicità fuori formato, o meglio, sotto formato di film, quindi le reazioni (per me incomprensibilmente) sono totalmente diverse, nonostante non si tratti assolutamente di un’operazione innovativa (basti pensare a The Lego Movie, ma ne parlerò più avanti).

Ma andiamo per gradi. Di cosa parla Barbie? In estrema sintesi, Barbie Stereotipo, la Barbie base per intendersi, intraprende un viaggio di autoscoperta nel mondo reale, confrontandosi con temi come patriarcato, femminismo e autodeterminazione, scoprendo che la vita e le relazioni sono molto più complesse di quanto immaginasse.

Barbie nel mondo reale

Una storiella semplice e tutto sommato molto di più di quanto ci si potrebbe aspettare da una pubblicità di quasi due ore prodotta dalla Mattel su uno dei propri prodotti di punta, ma per qualche strana ragione, una buona parte del pubblico e della critica (prevalentemente maschile, ma non esclusivamente) pretendeva molto di più.

Come ho detto, si tratta prevalentemente di un’operazione di rilancio e fortificazione di un brand, ma anche l’ammissione da parte della Mattel dell’aver perorato per decenni una sorta di mansplaing, “imponendo” una certa visione della donna, un po’ come quelle operazioni di green washing che vanno tanto di moda ultimamente.

C’è qualcosa di male in tutto ciò? Anche stavolta penso di no, proprio perché si tratta di una pubblicità dichiarata da parte di una multinazionale.

Citazione di un certo livello



Ok, ma quindi ha un valore sul piano artistico e cinematografico? Beh, secondo me sì, sempre tenendo chiaro a mente di cosa è. La pubblicità di Iñàrritu che ho citato prima per me ha un enorme valore artistico, pur trattandosi di uno spot. Così come The Lego Movie, che è sicuramente un film emotivamente più riuscito e più profondo in alcuni aspetti, ma è innegabile sostenere che il giocattolo LEGO è concettualmente più interessante del giocattolo Barbie, quindi è normale che si possa scavare di più.

La Barbie, come ci ricorda il film, è uno stereotipo della donna. È assolutamente didascalico e, altro tema che sta infiammando la discussione attorno al film, il suo essere didascalico anche cinematograficamente è concettualmente giusto. Perlomeno per me è stato così.

Altro argomento che sta polarizzando la discussione è il famigerato monologo-spiegone finale da parte del personaggio interpretato da America Ferrera, perché troppo didascalico o già detto o non mi ricordo cosa, ma sinceramente, in un film del genere (non dimentichiamoci che è un film commerciale prodotto da una multinazionale che vende giocattoli), me lo aspetto e quasi mi stupirebbe il non trovarcelo.

Hi Barbie!

Sarà ridondante? Forse. Ma dopo decenni di pipponi sull’essere americani o simili che abbiamo trovato in una grossissima fetta dei prodotti hollywoodiani macisti, penso sia più che perdonabile doversene sorbire uno femminista.

Il gioco che fa il film è quello di ribaltare tutto il punto di vista, ma sostanzialmente racconta la nostra società, immersa fino al midollo nel capitalismo e nel consumismo, e non solo ce lo dice e lo ammette, ma ci dice anche che non sarà assolutamente facile cambiare il modello patriarcale (matriarcale a Barbieland), cosa che da un prodotto del genere non era assolutamente scontato aspettarsi.

Il film a me è piaciuto, anche molto, perché mi ha intrattenuto e fatto ridere come non mi succedeva da tempo, non vedo l’ora di rivederlo e, perlomeno fino all’arrivo di Oppenheimer, è sicuramente uno dei film più interessanti che ho visto quest’anno.

Hi Ken!

Margot Robbie e Ryan Gosling sono superlativi e credo che potrebbero entrambi essere candidati ai prossimi Oscar.

Come ho scritto fino ad ora, non capisco perché si pretenda di più da un film che urla in modo assordante quanto è un prodotto commerciale con finalità commerciali.

E quando una pubblicità funziona, è divertente ed ha anche un messaggio (semplicissimo sì, scontato no) per me l’operazione è da ritenersi più che riuscita.

È un capolavoro? Sicuramente in ambito pubblicitario lo è, se lo paragoniamo ad Arancia Meccanica sicuramente no. Ma perché pretendere tanto da un prodotto del genere? 

Sinceramente non potevo sperare di più.

P.S. Dopo aver parlato con la mia amica Sara, mi sembra doveroso specificare che ho volutamente esasperato il discorso riguardo al tema e le tematiche commerciali, ma dato che inizialmente veniva osteggiato in quanto operazione commerciale, volevo sottolineare che non ci vedevo nulla di male.