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PROFEZIA CHE MALINTERPRETATA PUÒ ESSERE STATA
Rap

Non Dire 2000! Asher Kuno e Non dire Chaz – Sapori Forti



Og Padu e Freebrizio di On Fleek – The Rap Talk Show ci raccontano le loro impressioni sul disco per Vibra Records “Sapori forti”, di Asher Kuno e del produttore musicale veronese Non Dire Chaz.

Uscito l’1 marzo, l’album è composto da 13 brani ed ha vari ospiti tra cui Dj Zeta, Capstan, Dj Kamo, Zampa, Re-TKO, MDT, Eddy Virus, Jangy Leeon, Dj 2P, Cricca dei Balordi (composta da Rido e Supa), Ibo Montecarlo, Jack the Smoker ed Efeizee.

Asher Kuno e Non Dire Chaz – “Sapori forti” – Album Cover
OG Padu

È inaspettato risentire nel 2024 la voce e le barre di Asher Kuno, all’anagrafe Giovanni Mei, underground star del rap indipendente emerso durante la seconda ascesa dell’hip hop italiano dei primi anni 2000, attirando l’attenzione per classici di strada come “The Fottamaker” ma forse soprattutto per la serie di mixtape “HallWeedWood” in cui ha messo in mostra se stesso ma anche moltissimi nomi della scena rap milanese e veronese. Un sodalizio quello tra la sua Milano e Verona che dura ancora oggi, e ne abbiamo la prova proprio in questo lavoro, “Sapori Forti”, non solo per la presenza fissa del producer Non Dire Chaz o i feat di Zampa e Capstan, ma per un mood generale in cui la città di Romeo e Giulietta viene citata ed evocata spesso e volentieri, come ad esempio nei pezzi “Down in VC” e “Mai Stato Conscious (Coi Veronesi)”.

Come era abbastanza facilmente prevedibile, conoscendo anche la storia di Non Dire Chaz, il suono di questo disco è puro boombap, ma quello moderno, riportato in auge negli ultimi anni a livello internazionale da artisti come Benny The Butcher, 38 Spesh, Boldy James, Ransom, e si può dire che nella maggior parte dei casi i beats funzionano e fanno il loro lavoro, ovvero farti muovere la testa con convinzione. Un suono coerente con la storia di entrambi gli artisti titolari di questo disco, entrambi classe ’83 (da qui il gioco di parole tra “Forti” e “Forty”, chiaro no?) cresciuti e formati a pane e quattro quarti, lontani vuoi per stile, gusto e anche età da produzioni vicine alla trap o alla drill che va per la maggiore tra le generazioni più giovani di fan dell’hip hop.

“Sapori Forti” si apre con la title track, un pezzo di introduzione dal tono cupo e dal flow lento e incalzante che setta il tono per tutto ciò che verrà dopo, un pezzo classico di punchlines che da sempre sono il pezzo forte dell’MC di Peschiera Borromeo, e già da subito incrociamo i primi riferimenti al mondo del calcio che spuntano qua e là all’interno dei testi, calcio che è uno dei motivi fondanti che sta dietro a questo progetto. Kunetti e NonDi condividono infatti la fede sportiva, che pare abbia fatto da scintilla per rimettere in movimento la loro passione per costruire beats e incidere rime, tornata a bruciare proprio sugli spalti di San Siro.

Un pezzo molto più interessante è però “A Testa Alta (My LIfe)”, sia da un punto di vista musicale, con un beat leggermente più morbido e smooth degli altri, sia per il bilancio che Kuno fa della sua vita, di quello che gli è successo negli ultimi anni. Un testo che va sul personale, in cui scopriamo il grave lutto familiare subito, un desiderio di stare vicino al proprio padre forse per recuperare un po’ di tempo perduto, ma anche aspetti gioiosi come la nascita di una figlia e un rapporto di coppia solido e duraturo. Uno sguardo nella vita altrui assolutamente non scontato o banale, sicuramente real e sincero.

“Matchatissimi” e “Zamorano” sono gli episodi dell’album più sfiziosi, sia per gli argomenti trattati, la fissa per l’essere “fresh” la prima, quella per il calcio la seconda, ma anche per i featuring presenti all’interno dei brani. In “Matchatissimi” troviamo un Capstan ispirato e in forma, che si scambia in continuazione il microfono col padrone di casa, e un ritornello campionato da “Don’t Test” dei Club Dogo. In “Zamorano” invece incrociamo Eddy Veerus, vocalist del gruppo dance pop manifesto dei Milanesi imbruttiti  “Il Pagante”, e Jangy Leeon, MC molto attivo nell’underground meneghino. Inutile dire che tutte e tre le voci sul pezzo sventolano la stessa bandiera, quella nerazzurra dell’Inter come suggerisce lo stesso titolo del pezzo. Ovvio qui che i riferimenti al calcio qui si sprechino, ma la cosa interessante è il racconto del rapporto del tifoso con la propria squadra e col calcio in generale in cui ogni supporter calcistico può rivedersi, al di là della squadra che tifate (e al di là del risultato).

Il resto del disco scorre senza particolari sussulti, l’unico pezzo forse skippabile è “Rapparquet”, che è anche il nome dell’attività lavorativa di Asher Kuno, semplicemente perché si rivolge a una nicchia davvero ristretta di pubblico, quella dei parquettisti appassionati di rap che vogliono ascoltare un pezzo sulla posa dei pavimenti in legno. Insomma forse un buon modo per farsi pubblicità ma che non riesce a coinvolgere più di tanto chi non è un artigiano della qualità (ma non quelli dei divani).


Free

Fa un po’ strano recensire il nuovo disco di un artista che è diventato famoso in tutto il mondo per hit come “You make me wanna” o “Yeah!” con Lil Jon, quindi sorprende che Usher quest’anno decida di uscire con un disco in italiano!

Silly jokes a parte, sicuramente tutti si ricordano di Non Dire Chaz, per essere il tizio smilzo in Tutti d’accordo di EGreen (ciao fantini! <3).

A giudicare dalla copertina questo è la digi-evoluzione di Non Dire Chaz in un gymbro. Complimenti per il nuovo look!

Il sound è quello della musica rap italiana anni 00 piemontese-lombarda-veneta, detto come pregio. Dentro il disco ci sono praticamente tutti i giusti rimandi a quel genere di musica, e tutti i protagonisti di sempre.

Fate caso alla ricchezza di punchline e similitudini, ce ne sono tantissime in praticamente ogni barra; una tale densità di punchline è molto rara nel rap attuale, fatta esclusione dei Dogo chiaramente.

Fate caso agli scratch, che fanno suonare tutto il disco old school, spiazzando tutti gli ascoltatori stanchi della musica monotunata del 2024.

Di seguito una breve analisi dei pezzi (quasi la totalità) più salienti del disco.

Si inizia con “Sapori Forty”, una traccia con un sound west coast nel ritornello, un po’ tipo quei beat di Dr. Dre con il sintonizzatore tirato (si chiama sintonizzatore?) per dare la melodia al rapper. Avrei sottolineato ancora di più questa componente sonora.

Sul secondo brano, “Safety Car”,  mi sembra di non essere mai arrivato al drop che aspettavo per tutto il pezzo: perché non hai espanso la punchline che inizia con BAGARRE in BAGASCIA? Sarebbe stato bello, per fortuna che Estroso-Estronzo comunque salva il pezzo.

Il terzo brano, “Testa Alta (My Life)”, è il primo conscious, e mi è piaciuto anche se non sono veronese.

La quarta traccia, “Tornado”, ha un flow simile ad alcuni pezzi di Guè, che suona anche tra i più moderni del disco. Ho una cassetta con su i beat di DJ Zeta.

Il quinto brano, “Down in VC”, è forse quello col beat più americano e più old school. Forse così old school, che è vecchio pure per un VECIO come me. Come quei primissimi demo della scena veronese, col sample americano. Non mi è piaciuto, ma sono io non è lui.

“Matchatissimi”, il pezzo sull’hype e sui vestiti, non poteva mancare: mi ha ricordato i DDP, ve li ricordate? Quelli con cinquanta fighe e king kong. Dove era Capstan 10 anni fa? Avrebbe spaccato.

Quando dice “ai tuoi occhi un marziano” c’è un sample di Rick Ross o è lui che dice “uh”?

Aspettavo con ansia di riascoltare Zampa, e non mi ha deluso. Del resto a tutti piacciono la musica e i casini. Zampa è sempre stato quello, di quella regione di rapper, che tiene più di tutti il tempo, e anche le modalità con cui lo tiene. Meriterebbe molto più successo di quanto ne ha avuto. Soprattutto quando partecipa ai pezzi grezzi.

Nell’ottava traccia, “Scemi contro Scemi”, la licenza poetica su come si pronuncia McFlurry mi è piaciuta, come mi è piaciuto il beat, forse il più apprezzabile di tutto il disco.

Fin dai tempi di Minuto per Minuto degli ATPC, non ho mai saputo apprezzare i pezzi sul calcio come quello presente qui, “Zamorano”, se non per la qualità delle punchile “da tifo”. Ottimo il sample di Bam Bam di Sister Nancy.

Dopo una parentesi per scrivere l’inno del movimento cinque stelle, Supa rimane tutt’ora fortissimo nell’undicesima traccia, “Ghetto Valzer”, sempre fresh e non invecchiato nemmeno di un anno.

Il brano finale, “Vecchio Cane”, ribadisce come il mood sia comunque quello che viene dalla nebbia del nord italia, hard boiled, un po’ malinconico.

Giudizio finale: non sono certo che mi sarei aspettato qualcosa di più “innovativo”. In realtà è solamente perché sono io che ho ancora troppo buona memoria, perché per essere un disco del 2024 è in realtà paradossalmente innovativo, rispetto almeno agli ultimi 10 anni di rap in italia.

Asher Kuno e Non Dire Chaz – “Sapori forti”