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Speech Debelle: Freedom Therapy



Il mondo sta girando alla grande per Speech Debelle, l’artista di South London con origini giamaicane che dopo aver scalato le classifiche inglesi con “Speech Terapy” (l’album di esordio su Big Dada/Ninja Tune), dopo essere stata acclamata sui palchi di festival come Glastonbury e Bestival e dopo essersi portata a casa il prestigioso Mercury Prize ancora giovanissima (era il 2009) ora sfodera un incredibile secondo album intitolato “Freedom of Speech” (sempre sull’etichetta dei Coldcut). Ascoltandolo si può capire quanto Corynne Elliot abbia imparato dalle collaborazioni con Bonobo, Cooly G, Lapalux e Funkstep: il segreto della perfetta miscela tra le progressioni della bass music, la ruvidezza del grime, l’intimità della forma canzone e l’attitudine militante del rap. La sua “terapia delle parole” prevede autenticità, potenza lirica e disarmante tenerezza in parti uguali. D’altra parte i suoi vicini di casa sono gente come Ms Dynamite, Dizzee Rascal e Wiley e la geolocalizzazione della musica pare avere sempre maggiore importanza, soprattutto in quelle sacche urbane nelle quali le culture ancora si mischiano. Ad ascoltarla nella tranquillità di casa potresti scambiarla per una Tracy Chapman che invece della chitarra si accompagna con l’MPC. Poi la vedi su un palco e capisci che in quei versi intimi e spesso autobiografici cova una rabbia tutta femminile e molto di periferia. Per verificare date un ascolto al duetto con Roots Manuva su “Blaze Up a Fire“, uscita a caldo durante le rivolte londinesi della scorsa estate. Dal vivo si esibisce accompagnata da una nutrita band con clarinetto, sax, contrabasso, chitarra acustica, tastiere e batteria per restituire tutto il calore e l’organica accuratezza dei suoni scolpiti in studio per lei da quel genio di Kwes, una delle menti più fervide emerse dalla scuderia della Warp.

Beh, se volete questo giovedì 1 marzo potrete testare Speech Debelle e la sua band dal vivo all’ExWide di Pisa. Nell’attesa abbiamo avuto piacere di farle qualche domanda, ecco cosa ci ha raccontato..

E’ da poco uscito il tuo secondo album, “Freedom of Speech”, su Ninja Tune, e sta ottenendo un incredibile successo. Cosa ti viene in mente se lo paragoni al tuo fortunato esordio? A che sound pensavi quando l’hai composto?

Credo che sia un’evoluzione dell’album precedente. E’ come se in questi due lavori io abbia provato ad avvicinarmi, quanto più possibile, alla musica che avevo in mente. Sin da quando ho cominciato a pensare a “Freedom of Speech” volevo un suo organico con strumenti veri, sovrapposto a molti livelli di synth di modo da dare molta energia alle tracce.

Hai sentito pressioni particolari su questo disco dopo che col primo avevi vinto un Mercury Prize?

Non sentivo proprio nessuna pressione, in realtà. L’unico metro di giudizio al quale ho badato sono stati i feedback della gente che avevo vicina e l’unica cosa importante, per me, era fare qualcosa che mi divertisse e mi facesse sentire bene. Credo che chi ti ascolta percepisca questo prima di ogni altra cosa.

Se penso alla mappa artistica di South London ora penso a te, Ms Dynamite, Wiley… tutti artisti accomunati dal lavorare su un’idea evolutiva di rap. Senti delle similitudini con questi artisti?

Credo proprio di sì. Mi pare evidente che abbiamo molte cose in comune, altrettante ne condividiamo… soprattutto un certo sguardo sulla città.

Le liriche sono una componente fondamentale nella tua musica. Trovo che nel primo album fossero più introspettive mentre in questo mi paiono allargare il tuo sguardo all’esterno. C’è qualcosa dell’attitudine del rap nel tuo modo di scrivere?

Un certo approccio è simile ma è vero, prima erano più introspettive ora sono più sociali. I miei pensieri del momento diventano sempre le mie canzoni. E’ successo così dopo l’11 settembre. Capita lo stesso ora. Non sono una rapper nel senso tradizionale del termine ma sono una grande fan di artisti come Tupac. Alla fine è normale che io sia influenzata dal loro modo di guardare alla società.

Mi pare di percepire diversi punti in comune tra te e Ghostpoet, un altro artista inglese che ha una sensibilità poetica simile alla tua e che cerca nuove inflessioni al rap suonato live. In comune avete anche un produttore che arriva dalla scuderia Warp, Kwes.

Sì, Kwes ha prodotto tutto il mio nuovo album. L’ho conosciuto perché abbiamo lo stesso avvocato, appassionato della nostra musica, che ci ha messi in contatto. Ghostpoet mi piace molto perché sono una grande fan della sincerità.

Il tour come sta andando? Come ti trovi sul palco con la band?

Benissimo. Credo di avere una grande band con cui dal vivo riesco a interpretare bene i pezzi del disco. Son sempre stata accompagnata da una band e mai da un dj. Quella del palco è un’esperienza spirituale che condividi con quattro o cinque persone e in maniera molto profonda. E’ un po come andare in chiesa.

A parte l’impegno del tour, stai già scrivendo nuovo materiale ?

Sto già lavorando al terzo album. Per ora mettendo insieme pezzi di musica che mi passano in testa e che mi sembrano rappresentare bene quello che vorrei dire col prossimo disco. Penso che “Son Dog” sia il pezzo di questo nuovo disco capace di rappresentare al meglio le atmosfere che vorrei creare nel prossimo.

E in tour cosa state ascoltando con il resto della band?

Le cose che ci piacciono di più ora sono di Bonobo, J Cole, Cinematic Orchestra e Prince.

In chiusura raccontaci come va il rapporto con la tua label, la Big Dada, sussidiaria della Ninja Tune.

Sono stata una fan di Big Dada e Ninja Tune dall’inizio e abbiamo sempre avuto un solido rapporto. Questo ci ha protetti anche quando abbiamo attraversato momenti di tempesta. Ci rispettiamo e ci piacciamo a vicenda.

SPEECH DEBELLE @ Mixology by Andrea_Mi on Mixcloud