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È COME L’OPERA DEL DOMO
STORIES

Il lavoro di Cecilia Sala



Dalla vita in Ucraina sotto l’assedio russo, all’Iran dei giovani che si ribellano all’establishment religioso sciita, alla fuga degli afghani dai talebani, fino alle continue novità dell’Unione Europea: il punto di vista di Cecilia Sala è un racconto ricco di dettagli mai banali.

Ci sono degli inviati all’estero che sono dei veri autori. Ti fanno vivere dei paesi in un determinato periodo storico, come un quadro dipinto con pennellate precise e pieno di piccoli dettagli: Curzio Malaparte o Tiziano Terzani in Cina, Oriana Fallaci, Ilaria Alpi, Vittorio Zucconi, Giovanna Botteri, Mario Platero… sono solo alcuni nomi che mi vengono in mente adesso.

Sono giornalisti che raccontano una nazione, dagli States alla ex Jugoslavia sotto le bombe, o il fermento di città come New York o Parigi. Credo che per essere un buon giornalista si debba avere un punto di vista originale; oggi che con un cellulare possiamo essere virtualmente, praticamente dappertutto, questa cosa è più che mai essenziale.

Il focus delle notizie di Cecilia Sala è sempre preciso, asciutto e molto originale. L’ultima puntata del suo podcast “Stories“, che pubblica giornalmente per Chora Media, è un’intervista a una comica iraniana, che come lei oggi, era stata incarcerata per i suoi personaggi e le sue battute che irridano e irritano il potere religioso sciita.

Cecilia Sala ha raccontato l’Iran come un paese con un’età anagrafica molto bassa e istruita, una popolazione giovane, dove le donne sono stanche dei soprusi, dall’obbligo di portare il velo e non poter ascoltare certa musica occidentale.

La giornalista parla del movimento “Donna, Vita e Libertà” dall’interno del paese, intervistando in prima persona le protagoniste del movimento di protesta, non solo raccontando le manifestazioni e le fughe dalla polizia, ma anche le feste e la musica.

Stories doveva parlare di storie, appunto, dal mondo, come curiosità poco raccontate quali la politica in India, il regime del Myanmar, i signori delle criptovalute. Storie interessanti, ma forse lontane.

Quando è iniziata l’invasione russa, il podcast Stories aveva poco più di un mese, la puntata numero 34 s’intitola “La guerra è iniziata davvero“, perché ricordiamocelo, che nessuno fino a quel maledetto giorno, aveva creduto fino in fondo che Putin muovesse i carrarmati come fossero le armate del Risiko.

E Cecilia Sala cosa fa? Mentre migliaia di ucraini scappano dall’Ucraina, lei tre episodi dopo, parte con un treno notturno, come un salmone contro corrente verso Kiev, scrivendo anche come corrispondente di guerra suĺle pagine del giornale il Foglio. Sul fronte ucraino è stata più volte, ha raccontato la guerra, la resistenza dei soldati, anche qui le feste e i rave (!!!) per finanziare la controffensiva, la vita dei pompieri sotto le bombe russe, poi il quasi golpe di Prigozhin e la sua infame fine. Ecco sul guerriero della Wagner, ricordo che Cecilia Sala aveva raccontato la sua ascesa, in un momento in cui lo “chef di Putin”, non lo considerava nessuno; se volete controllare la puntata di Stories è la numero 7!

Dopo l’attacco di Hamas al Kibbutz del 7 ottobre 2023, Cecilia Sala parte questa volta per Israele passando via terra per la Giordania. In questi giorni ho letto dei commenti sui social, che lei sarebbe filo israeliana e sionista. Credo che basti sentire le puntate sulla politica di Netanyahu per rendersi conto del suo pensiero, o come racconta il conflitto a Gaza.

Potrei continuare raccontando come Cecilia Sala ha descritto i talebani dall’Afghanistan, o le varie elezioni in Europa, ma ho paura di trasformare questo piccolo articolo in una lista della spesa, mentre lei è ingiustamente in carcere in Iran, sicuramente anche per le sue parole.

L’incontro – la cover del libro di Cecilia Sala

Quello che consiglio è di recuperare le puntate di Stories che vi ho linkato, e le altre che più vi interessano, o di leggere il suo libro “L’incendio” dove parla di tre generazioni in subbuglio, quella afghana, quella ucraina e quella iraniana.

Mi sembra un buon modo per tenere alta la fiamma della speranza di una veloce scarcerazione, e dare valore al lavoro della giornalista.