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Tratti decisi e forti chiaroscuri | L’intervista a Croma



Croma (nome d’arte di Claudia Romagnoli) è una delle voci più originali e incisive nel panorama artistico contemporaneo.

Originaria di Campobasso, dopo anni passati a Roma per studio e lavoro, è tornata nella sua terra natale, il Molise, dove continua a creare opere che spaziano dalla street art alle illustrazioni, fino ai muri dipinti, sempre con uno sguardo attento alle tematiche sociali e politiche. La sua arte, caratterizzata da tratti decisi e forti chiaroscuri, riflette una passione civile che non rinuncia alla qualità estetica e formale.

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Un aspetto fondamentale del suo percorso è l’influenza che ha avuto la figura di suo padre, Piero Romagnoli, pittore e caricaturista, che è stato un punto di riferimento culturale e artistico per la comunità molisana. La sua dedizione all’insegnamento e la sua attitudine civile hanno lasciato un segno indelebile in Croma, che oggi prosegue il suo lavoro cercando di trasmettere anche alle nuove generazioni la potenza espressiva dell’arte.

Oltre alla sua produzione visiva, Croma ha anche scritto e illustrato un graphic novel dal titolo “Jepi Jora” (Edizioni il Galeone, 2021), che racconta la storia di una quattordicenne albanese, Jora, che arriva in Italia durante lo sbarco della nave Vlora nel 1991.

Il libro, ricco di riflessioni sociali, affronta temi come il razzismo, lo sfruttamento e il patriarcato, attraverso il viaggio fisico e mentale della protagonista, che si snoda tra Bari, Roma, Durazzo e Kukës. Un’avventura che invita a superare i confini, le lingue e le differenze, un viaggio in cui Croma stessa si identifica, creando un legame profondo con la protagonista.

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Tutta l’arte di Croma…

Croma, il tuo lavoro spazia tra la street art, il fumetto e l’illustrazione. Come si intrecciano questi mondi nella tua ricerca artistica? In che modo le diverse forme di espressione influenzano il tuo approccio creativo?

Credo che spesso tendiamo a ingabbiarci, o a farci ingabbiare, a confinarci in spazi stretti e ben definiti, in luoghi catalogati, dai quali difficilmente usciamo, una volta che impariamo a vivere in quella sorta di comfort zone che ci siamo assegnati o che ci hanno assegnato. Ma l’arte è per sua natura sperimentazione e curiosità, e ama cambiare supporto e modalità.

Quando ho ripreso a disegnare l’ho fatto su blocchi e schizzi, andando in giro a ritrarre volti e situazioni, o immagini dei miei viaggi in bicicletta.

Poi mi hanno chiesto di dipingere un muro. Mi sono messa alla prova e mi è piaciuto. Ma più avanti mi hanno chiesto di provare a fare una storia illustrata, e anche lì mi sono sfidata, prendendoci gusto e arrivando a farne altre, fino a un fumetto tutto mio.

Ma io faccio anche illustrazioni, e anche molti ritratti, e tutto mi piace molto.

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Non riesco a stilare classifiche: la forma di espressione artistica nel mio caso viaggia da un modo a un altro, e questo mi fa sentire molto libera e indipendente da schemi precisi.

Come si può immaginare, a seconda del supporto e del contesto, cambia la modalità narrativa e rappresentativa, cambia l’uso dei colori, cambia il bianco e nero, cambia il contesto narrativo. Tutto questo mi permette di spaziare incredibilmente, ma anche di mantenere sempre il mio stile.

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Nel fumetto mi piace perdermi nella bellezza del racconto, nella sospensione, nell’evocazione, e utilizzo sempre un rigoroso bianco e nero.

Con i muri cerco soluzioni impattanti, forti, decise. Voglio che quel muro urli, in qualche modo, e che si faccia vedere, e negli ultimi anni sto spesso aggiungendo colori, anche forti, che non avrei immaginato.

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Nell’illustrazione cerco la pulizia e la chiarezza, voglio che comunichi, che parli, e che lo faccia in modo forte.

La tua graphic novel, “Jepi Jora”, affronta temi complessi come la migrazione, il razzismo e la lotta contro il patriarcato. Cosa ti ha spinto a raccontare questa storia, e quale pensi sia il ruolo dell’arte nell’affrontare temi sociali così rilevanti?

Per me l’arte è, tra le tante cose, osservazione, critica e comunicazione. Non amo tanto l’arte puramente decorativa, per quanto magari bellissima da guardare. Sono sempre interessata al messaggio, allo spunto politico, a un’arte che sappia guardare al di fuori dal sé. Non tendo a realizzare cose autoreferenziali, ma invece sempre attente a ciò che accade fuori da me e intorno a me.

Spesso realizzo anche arte militante, che segua e sostenga una lotta, un conflitto politico, una realtà attiva. Supporto con la mia arte situazioni di critica sociale, provo anche io, col mio, a comunicare e solidarizzare.

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Insomma era inevitabile che il mio JEPI JORA parlasse di migrazioni, di patriarcato, di confini.

Sono temi e argomenti che ogni giorno nutrono la nostra coscienza politica.

Sentivo che era urgente per me far parlare una donna, ma non solo. Una donna migrante. Ma non solo. Una donna, migrante e ciclista. Decidere quindi di seguire attraverso i suoi occhi e le sue pedalate, le situazioni che viveva o ricordava. Pedalare con lei attraverso paesi e lingue differenti, vivere con lei situazioni di marginalità e di esclusione, provare attraverso i suoi percorsi a capire come il patriarcato sia ancora tra noi, vivo e vegeto.

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Avere un padre come artista deve aver dato una visione particolare alla tua infanzia. Quali ricordi conservi più vividi del tuo rapporto con lui, e in che modo la sua passione per l’arte ha influenzato il tuo sviluppo come persona oltre che come artista?

Mio padre, Piero Romagnoli, è stato pittore, caricaturista e vignettista, oltre che insegnante d’arte per molti anni alla scuola media. Ma è stato anche attore in compagnie teatrali, scenografo, riduttore di opere teatrali, musicista amatoriale, grande lettore, amante del giardinaggio e del biliardo.

Quello che più mi ha condizionato credo siano stati proprio la sua curiosità per tante cose, il suo desiderio di approcciare a esperienze diverse senza mai fossilizzarsi, la sua voglia di fare e costruire, il suo sorriso verso la vita e l’immancabile spirito critico. A lui devo tanto, tra cui, cosa tra le più importanti, l’eredità della scioltezza nella mia mano sinistra, che da sempre ama disegnare, dipingere, inchiostrare.

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Alla luce della tua esperienza, cosa pensi sia fondamentale per chi vuole affermarsi in questo mondo, e cosa non si dovrebbe mai perdere di vista ?

Bisognerebbe forse ragionare prima sul concetto stesso di affermazione. Nel senso che a me non interessa particolarmente raggiungere la notorietà, ma sicuramente raggiungere una mia soddisfazione personale, attraverso la realizzazione di muri, disegni e fumetti che rispecchino me stessa e il mio stile. Questa per me è affermazione.

Detto questo direi che la cosa da non perdere mai di vista è la dignità e l’autonomia. Cercare sempre (fin dove possibile, perché poi tocca anche fare i conti con la sopravvivenza economica) di realizzare cose che apprezziamo e che convergono con il nostro pensiero e il nostro sistema di valori e pratiche. Mantenere sempre il proprio stile, cercare di non svendersi, e, ogni tanto, quando necessario, provare il piacevole gusto di dire no.

Sito ufficiale: Croma-art.com

Pagina fb: Croma.Artist

Pagina ig: Croma.Artist